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Fraternità universale, chiave per le sfide della tecnologia e scienza. La PAV presenta la “Lettera” di Papa Francesco per il XXV° anniversario dell’Accademia

18 Gennaio 2019

Due concetti chiave, fraternità e solidarietà,  risuonano quali  richiami per abitare la «casa comune» − come  in Laudato sii Papa Francesco ha definito la nostra Terra − perché  avanzi l’ottica di un “progresso” sociale e umano condiviso capace di avere davvero a cuore la vita umana, senza prevaricazioni affaristiche secondo la logica di un mercato senza scrupoli e manipolatorio. Esprimono l’essenza dei valori, assieme a quello della giustizia, che contribuiscono a comporre l’identità dell’essere umano, a cui va il rispetto dei diritti e la responsabilità dei doveri, nella ricchezza di un mondo  pluriculturale. Due termini che sono premessa per cogliere il senso autentico della vita su cui costruire insieme una società futura a servizio dell’uomo e della donna, proteggendo la salute e l’ambiente da trasmettere alle generazioni successive, cercando e coltivando, nell’apprezzare,  «la ricchezza e la bellezza dei semi di vita comune». Da qui  bisogna partire,  ci insegna Papa Francesco. Infatti è «la comunanza nell’unico genero umano ⌈che⌉ impone un approccio globale e chiede a noi tutti di affrontare le domande che si pongono nel dialogo tra le diverse culture e società che, nel mondo di oggi sono sempre più a stretto contatto», spiega il Pontefice  nella Lettera «Humana Communitas» del 6 gennaio trasmessa al Presidente della Pontificia Accademia per la Vita monsignor Vincenzo Paglia per il XXV anniversario di fondazione di tale istituzione della Santa Sede. Avvenimento che cade il prossimo 11 febbraio e sarà celebrato nell’occasione dell’Assemblea generale annuale della Pav  che si svolgerà dal 25 al 27 febbraio in Vaticano nell’Aula Nuova del Sinodo, sul tema Roboetica.  Il suo auspicio per  la Pontificia Accademia è che, nel rinnovare il suo impegno, sia  «luogo coraggioso di questo confronto e dialogo a servizio del bene di tutti», esortando i membri a non avere  «paura di elaborare argomentazioni e linguaggi che siano spendibili in un dialogo interculturale e interreligioso, oltre che interdisciplinare ⌈e partecipare⌉ alla riflessione sui diritti umani che costituiscono uno snodo centrale nella ricerca dei criteri universalmente condivisibili». Menziona quelli fondamentali richiamati  all’attenzione dal papa Benedetto XVI in Caritas in veritate,  come la mancanza di cibo, acqua potabile, istruzione di base e cure sanitarie elementari. E nel percorrere la missione dell’Accademia, istituita da San Giovanni Paolo II su proposta del Servo di Dio e scienziato genetista  Jerôme Lejune,  invita a proseguire il cammino di «promozione e tutela della vita umana in tutto l’arco del suo svolgersi, la denuncia dell’aborto e della soppressione del malato come mali gravissimi che contraddicono lo Spirito della vita e ci fanno sprofondare nell’anti-cultura della morte» e ad essere oculati verso i nuovi  scenari che  le  frontiere tecnologiche,  emergenti e convergenti dalle biotecnologie alle nanotecnologie alla robotica possono creare,  individuando come orientare i cambiamenti «al servizio della persona umana, rispettando e promuovendo la sua intrinseca dignità».

Lungi dal contribuire con risposte già “confezionate”, «dedotte da una teoria astratta precostituita»,  la via da seguire, come suggerisce il Pontefice, spiega monsignor Paglia, nell’incontro della conferenza stampa,  è quella data dalle fasi ascolto- interpretazione- elaborazione dei criteri di valutazione,  nel rispetto della «dignità di ogni persona e di tutte le popolazioni che abitano il pianeta». Un lavoro − aggiunge −  che mette in gioco la coscienza morale, intesa non tanto come una funzione applicativa delle norme, ma come cuore della persona globalmente intesa, in cui non va separata la dimensione etica da quella spirituale».  Monsignor Paglia tiene a sottolineare  anche come l’invito del Papa sia di tenere uno sguardo attento, dinanzi ad un accelerato sviluppo tecnico – a ragione –  a chi abita quella “casa”, «la  famiglia umana nella sua interezza», allargando l’orizzonte semantico, anche  per l’Accademia,  attribuendo alla «vita non ⌈⌉  un concetto universale astratto: è l’uomo nella sua storia, è l’intera famiglia umana nella trama dei suoi legami».

La Pontificia Accademia è oggi composta da 151 membri di cui 45 ordinari, 88 corrispondenti, 14 della categoria Giovani Accademici e 4 onorari, che a diverso titolo, medici, scienziati fra cui un premio Nobel per la medicina a Yamanaka Shinya, teologi, docenti e ricercatori rappresentano i cinque continenti.  Il cancelliere monsignor Renzo Pegoraro ne descrive il percorso storico  elencando in breve  le  molteplici attività di studio e di ricerca che sotto le sollecitazioni degli eventi si sono ampliate nel corso degli anni, con un approccio sempre più interdisciplinare e interreligioso e multiculturale a partire dopo il rinnovato e aggiornato Statuto del 2016.

In che modo si possa sviluppare la collaborazione e coesistenza fra le persone e le macchine dall’Intelligenza artificiale tenendo conto dell’«effetto potenzialmente dirompente di queste tecnologie legato al loro potenziale di innovazione tecnologica» è la questione emergente che mette in evidenza il professore padre Paolo Benanti, docente di Teologia morale ed etica delle tecnologie alla Pontificia Università Gregoriana ed accademico della Pav. Non è la competizione fra essere vivente e macchina che bisogna temere, in quanto le IA sono prodotte più per creare una «nuova simbiosi tra l’uomo e i suoi artefatti: (homo+machina) sapiens, ma «dal non conoscere queste tecnologie e dal lasciare decidere sul loro impiego a una classe dirigente assolutamente non preparata a gestire il tema». La variabile più importante nelle sfide contemporanee  non è l’intelligenza ma −  come avverte  Benanti  − è il poco tempo a disposizione per decidere e le macchine cognitive trovano qui grande interesse applicativo. Perciò è importante un discernimento etico su tale fronte.

Nell’attesa  di una necessaria e auspicata regolamentazione e governance delle nuove tecnologie   sono stati formulati pareri e stilati documenti a livello internazionale, spiega la prof.ssa Laura Palazzani, docente di Biogiuridica e Filosofia del Diritto alla Lumsa ed Accademico della Pav.  Come quelli sulle questioni della Roboetica    espressi ad esempio nel 2017 dal Comitato nazionale per la Bioetica e  dalla Commissione Comest dell’Unesco.
Tra i numerosi punti di discussione su cui si verte l’esigenza di una regolamentazione, riguardo proprio alla robotica e alla I.A., citati dalla prof.ssa  Palazzani,  sono la tutela dell’integrità fisica e dignità dell’uomo con l’applicazione del principio di beneficenza, non maleficenza, proporzionalità – con bilanciamento rischi- benefici, minimizzazione dei danni per l’uomo nella progettazione, sperimentazione e uso dei robots;  evitamento della dipendenza tecnologica e psicologica delle macchine; ripensamento della responsabilità, introducendo la nozione di responsabilità condivisa tra costruttore, progettista, disegnatore, venditore e utente; evitare il robot divide nel rifiuto della tecnologia. Le questioni etiche che la robotica implica verranno discusse nel convegno internazionale “Roboetica:  persone, macchine e salute” della Pav che si svolgerà dal 25 al 26 febbraio, dove si propone, come annuncia Palazzani, di individuare nella prospettiva cattolica il concetto di persona “elettronica” e  stabilire il valore e i limiti dell’autonomia e della responsabilità dell’uomo nell’era robotica.

Redazione Bioetica News Torino