Il possibile dominio tecno-scientifico sulla vita e l’ibridazione tra naturale e artificiale: questioni moralmente rilevanti partendo da una riflessione del volume del prof. Giuseppe Zeppegno.
“Bioetica e Postumanesimo”1
Gli albori del Terzo Millennio proiettano l’umanità in uno scenario nuovo, contraddistinto nell’era della globalizzazione, da una società multietnica, multiculturale e plurivaloriale. La prospettiva antropocentrica e totalizzante del dominio tecno-scientifico sulla vita e sulla materia sembra permettere la realizzazione del sogno prometeico dell’uomo, quale arbitro assoluto ed incondizionato del suo destino. Da ciò una prospettiva ulteriore ed autorefenziale di un mondo sotto l’assoluto controllo umano. Le leggi della natura non dipendono più da un ordine cosmico, da un progetto superiore, trascendente: il bios viene plasmato dalla ragione ad uso e consumo dell’essere umano.
Tuttavia il XX secolo, definito per la densità dei suoi avvenimenti come il “secolo breve”, ha squarciato il velo, ha aperto una crepa nel muro apparentemente solido del sapere scientifico, figlio dell’Illuminismo. L’utopia dogmatica di una scienza senza vincoli morali, che deve rendere conto unicamente a se stessa ed in cui tutto ciò che è tecnicamente possibile può essere attuato, è entrata profondamente in crisi. L’era atomica ha infatti posto l’umanità di fronte a problematiche nuove. Il concetto di potersi trovare nelle condizioni potenziali di distruggere la vita sulla Terra è nuovo, sovverte il rapporto con la natura, rendendo l’uomo padrone incondizionato del cosmo, pur con nuove responsabilità.
In tale contesto si è sviluppato una nuova corrente di pensiero. È il cosiddetto post-umanesimo, un movimento nato nel mondo anglosassone e che lentamente è giunto sino a noi. Viene vagheggiato un mondo libero da condizionamenti e dal giogo della finitudine, una società globale senza più malattie, con un orologio biologico nel quale la morte è spostata molto avanti nel tempo.
Stiamo assistendo ad una vera e propria rivoluzione, ad un ribaltamento della relazione che abbiamo come umanità nei confronti della vita e della morte, del rapporto tra corpo e persona, nonché della sessualità. Il Postumanesimo – afferma Giuseppe ZEPPEGNO, docente alla Facoltà Teologica di Torino nella sua ultima pubblicazione: Bioetica e Postumano. Percorso storico prospettico – costituisce il secondo stadio della postmodernità.
Con esso – prosegue l’Autore − è emersa la queer theory che promuove il dissolvimento dell’identità del soggetto ed esalta l’indeterminato e il costantemente mutevole. Tali convincimenti ben si coniugano con le estreme teorie quali il transumanesimo che sono mosse dall’idea di sconvolgere le frontiere fra naturale e artificiale per promuovere una soggettività potenziata se non del tutto trasformata.
All’interno di tali coordinate vengono ridefinite le stesse nozioni di salute e malattia e osservando piuttosto le modalità storiche attraverso le quali il concetto di “natura” è stato culturalmente costruito sulla base di assunti ideologici considerati ovvi e non criticabili.
Potenziamento dell’intelligenza e immortalità, libera determinazione di sé, sono le principali mete da raggiungere. I più recenti sviluppi della genetica, della nanotecnologia, della robotica, della neurofarmacologia, della bionica e delle scienze informatiche consentirebbero di creare un homo novus in grado di raggiungere perfezione, resistenza e stabilità psicofisica, esercitando nel contempo un controllo totale sull’evoluzione. Alle questioni complesse e moralmente rilevanti sollevate dal Postumanesimo, la bioetica può portare un suo contributo significativo.
Da tempo – afferma Zeppegno − ho indirizzato la mia ricerca allo studio di questo complesso fenomeno che pone una nuova visione del mondo e dell’uomo e invita la bioetica a ripensare il suo modo di argomentare. Non si caratterizza più per il riferimento a prospettive religiose o laiche, ma contrappone quelli che sono definiti “bioliberali” e “bioconservatori”. Tra i primi annovero gli esponenti della queer theory e i transumanisti. I secondi, che sarebbe meglio definire “biorealisti”, rivendicano l’esigenza di non banalizzare la natura per sopravvalutare la cultura perché quest’ultima non può esprimersi compiutamente se non mantiene un profondo legame con le disposizioni insite nell’uomo.
In ultima analisi l’obiettivo ultimo della bioetica, quando non è in grado di fornire risposte esaustive ai singoli problemi, è almeno quello di costituire una “cattedra del dialogo”, una piattaforma che mettendo a confronto la scienza, l’etica e la fede contribuisce in modo organico e critico a creare uno strumento funzionale e interdisciplinare per la ricerca della verità. Le contrapposizioni ideologiche e talvolta strumentali all’interno della disciplina bioetica, come quelle storiche tra una visione laica e cattolica della disciplina, non aiutano a risolvere le problematiche sottese.
Un aiuto in tal senso può essere dato dalla posizione assunta dal Santo Padre. L’attuale magistero di Papa Francesco, più disposto a considerare le soggettive situazioni che le persone vivono, senza peraltro dimenticare i presupposti dottrinali del Cattolicesimo − fa notare Zeppegno − sembra aver favorito un assottigliamento dello steccato tra i due paradigmi.
La bioetica deve rispondere principalmente a questi requisiti per svolgere un ruolo insostituibile di coscienza critica che richiami la società moderna alle sue responsabilità, ponendosi al servizio di un’umanità proiettata verso il futuro che vede nel postumanesimo una sfida per il genere umano, un rito di passaggio che molti interpretano come un’accelerazione inevitabile nell’evoluzione darwiniana della specie umana.
È impensabile ed anacronistico cercare di arrestare il corso della storia e degli eventi. Il progresso è come un treno in corsa che non si ferma di fronte a nulla, svincolato da regole morali e religiose, autoreferenziale, portatore di valori non negoziabili che hanno portato nella cultura dominante a ritenere che la scienza sia la depositaria della verità. In tale contesto un contributo significativo potrà essere portato dalla Bioetica, disciplina nata dall’esigenza di coniugare il bios con i valori, la scienza con le istanze indissolubilmente legate all’essere umano.
È utile pertanto favorire un processo di sensibilizzazione sociale trasversalmente condiviso e un progetto educativo che aiuti a comprendere che la libertà non è un arbitrario anarchismo senza regole. Si impone – conclude Zeppegno − contribuire con tutti gli opportuni mezzi possibili a migliorare le condizioni di vita, combattere ogni forma di emarginazione, promuovere una autentica cultura del genere contrastando lo scarso rispetto nei confronti delle donne e favorendo l’integrazione sociale delle diversità.
La questione è aperta. Le sfide non si possono ignorare, vanno però raccolte e vagliate alla luce del discernimento ben consapevoli che qualsiasi cambiamento non può e non deve frammentare la persona, ma ricondurre all’unità corpo, mente e anima. Rinnegando la legge naturale e rifondando la società sul diritto positivo, supportato dalle tecnoscienze e sulla spinta di una cultura liberale e sul principio di autodeterminazione si sollevano inevitabilmente questioni delicate ed insidiose, di non univoca interpretazione.
Bioetica e Postumano, testo agile e di piacevole lettura, ma al contempo documentato ed argomentativo, contribuisce a far luce su tali tematiche di frontiera, conservando un taglio obiettivo e dialogico in grado di fornire al lettore strumenti utili per approfondire la materia. Infatti, compito della bioetica, forse partendo dall’ineludibile contesto odierno e dal dato reale, è formare le coscienze, recuperare una prospettiva di senso in grado di guidare con sapienza la locomotiva del progresso, modulandone però la velocità e la direzione. Allontanare l’uomo dall’uomo, ridefinire sessualità e corporeità, vagheggiare l’immortalità terrena non contribuisce a creare un mondo migliore ed un’umanità più felice.
Note
1 Il testo, a firma di Enrico Larghero, è pubblicato sul settimanale diocesano di Torino «La Voce e il Tempo» in data 19 novembre 2017 (pp. 14-15), intitolato: Bioetica, coscienza critica dell’uomo futuro. Il possibile dominio tecno-scientifico sulla vita e l’ibridazione tra naturale e artificiale: questioni moralmente rilevanti affrontate da Enrico Larghero partendo da un libro di don Giuseppe Zeppegno
© Bioetica News Torino, Novembre 2017 - Riproduzione Vietata