La straordinaria evoluzione tecnologica, culturale e sociale degli ultimi decenni, oltre agli innegabili vantaggi, genera anche nuove preoccupazioni e paure per la salute degli uomini e per il futuro dell’umanità. E questo, soprattutto in considerazione al progressivo degrado morale della nostra società, a cui assistiamo passivamente, senza preoccuparci delle nuove ed inquietanti tendenze della cultura dominante. Tendenze che vorrebbero orientare l’azione politica e, di conseguenza, i comportamenti, gli stili di vita dei singoli, così come le prospettive sociali delle future generazioni, ad una cultura dello scarto.
Oltretutto questa cultura dominante stravolge i tradizionali valori della nostra civiltà: la vita, la famiglia, la solidarietà umana, l’amore per il prossimo e addirittura anche la fede. E questo per imporre i nuovi miti della società moderna, una società sempre più protesa al mito della libertà assoluta. Una libertà che non dovrebbe più avere alcun limite. In questo contesto, parlare di prevenzione e di promozione della salute potrebbe sembrare quasi una sfida paradossale, anche perché, attualmente, di fronte alla malattia, al dolore, alla sofferenza e persino di fronte alla morte, l’opinione pubblica sembra essersi ormai assopita in un’indifferenza disumana.
Ma se consideriamo, con attenzione le conseguenze, talora anche mortali, delle nuove tendenze e comportamenti a rischio, soprattutto nei giovani, possiamo anche ben comprendere la necessità di promuovere nuovi stili di vita ed un’adeguata prevenzione, e questo nell’ottica di guardare al bene e al futuro della persona, più che alla concessione di una libertà illimitata e fine solo a se stessa.
Anche perché prevenire non significa proibire o aderire ai divieti, piuttosto optare per abitudini e scelte comportamentali che ci fanno sentire bene mentalmente e fisicamente. E infatti la prevenzione non solo ci protegge da molte malattie e da morti evitabili, ma migliora anche la qualità generale della nostra vita.
Con l’espressione “cura della salute” s’intende tutto ciò che attiene alla prevenzione, alla diagnosi, alla terapia, alla riabilitazione e all’etica professionale, per un migliore equilibrio e benessere fisico, psichico, sociale e spirituale della persona1. Per cui le raccomandazioni, che vengono regolarmente proposte dai medici all’individuo (e alla società) per la prevenzione delle malattie e la promozione della salute, si devono ispirare sempre al bene ontologico della persona ed ai valori etici che hanno consentito la convivenza sociale ed il progresso della nostra civiltà.
Ecco perché, nella mia riflessione, vorrei soffermarmi soprattutto sul ruolo del medico accanto al proprio paziente (in questo caso un adolescente), o meglio ancora accanto ad una famiglia. Sì, una famiglia sempre più fragile, vessata, oppressa e quindi bisognosa di aiuto; un aiuto fondamentale, che solo il medico può dare per realizzare quell’ideale mosaico educativo, indispensabile per dei giovani che si apprestano ad affrontare una delle fasi più problematiche e delicate della vita: il passaggio dall’età infantile all’età adulta.
Anche perché uno dei doveri fondamentali del medico è proprio quello di collaborare all’attuazione di idonee politiche educative di prevenzione e di contrasto alle disuguaglianze alla salute, come anche di promuovere l’adozione di stili di vita salubri, informando i pazienti sui principali fattori di rischio.
E il medico, sulla base delle conoscenze disponibili, si deve sempre adoperare per garantire un’adeguata informazione, riguardo all’esposizione (e vulnerabilità) ai fattori di rischio ambientale, per favorire un utilizzo appropriato delle risorse naturali, per un ecosistema equilibrato e vivibile anche dalle future generazioni2.
Ed ecco quali possono essere i maggiori rischi potenziali per gli adolescenti:
– Fumo di sigaretta, droga e alcol
– Internet e giochi d’azzardo
– Malattie trasmesse per via sessuale
– Violenza, bullismo, comportamenti antisociali e forme di isolamento in un mondo virtuale
– Disturbi dell’alimentazione e sedentarietà
– Traumi da incidenti stradali (con le ben note stragi del sabato sera!)
Fumo
La prima scelta deve essere di non fumare: non iniziare a fumare, e se si fuma smettere subito, a qualsiasi età. La sigaretta è un killer insidioso ma, oltre ad essere letale, nel medio e lungo termine, essendo il più potente agente cancerogeno conosciuto, crea anche disturbi immediati: tosse, disturbi respiratori, minore prestanza fisica, danni alla pelle e alla dentatura, e così via. Possiamo anche affermare che il fumo è una droga potentissima e purtroppo, a differenza delle altre, viene socialmente accettata.
Ed anzi in Italia è legittimata dallo Stato, che guadagna in accise su ogni pacchetto, pur nella consapevolezza di nuocere gravemente ai cittadini, fino al punto di mettere in pericolo la loro vita. Fortunatamente, indipendentemente da questa assurda posizione pubblica, sembra che, a livello individuale, il senso di responsabilità degli Italiani verso se stessi stia, pur lentamente, emergendo e ci sono sempre più persone che smettono di fumare: più uomini che donne, in realtà.
Tuttavia siamo ancora lontani dall’obiettivo dell’OMS, di un mondo dove meno del 5% della popolazione faccia uso del tabacco. È un obiettivo raggiungibile entro il 2040, secondo un gruppo di ricercatori internazionali sui temi di salute pubblica3. I fumatori nel mondo sono circa 650 milioni.
Secondo l’OMS, il fumo è «la prima causa al mondo di morte evitabile». Ogni anno uccide oltre 5 milioni di persone in tutto il mondo per cancro, malattie cardiovascolari e respiratorie. E quindi tutti noi dobbiamo impegnarci per allontanare questa minaccia da noi e dai nostri figli, che sono le più facili prede della persuasione occulta, che fa ancora apparire la sigaretta come un segno di libertà ed indipendenza.
In Italia, ad aver sperimentato l’uso di tabacco è il 58% degli studenti, nel 1995 la stessa percentuale si attestava intorno al 64% (vedi tabella N. 14 ). Spesso si fuma solo per fragilità e per sentirsi parte di un gruppo, e si diventa poi dipendenti, anzi schiavi, di un vizio che ci fa e ci farà solo del male.
L’abuso di droga e alcol
Innanzitutto è bene premettere che riguardo alle droghe ci sono alcuni paradigmi che devono essere sfatati, come ad esempio il paradigma dose/effetto. Ad ogni dose corrisponde sempre un suo effetto? Assolutamente no! Non sempre infatti le droghe permettono che la dose sia scelta. Molto più spesso viene imposta o dal corpo per tolleranza o dallo stesso individuo per assuefazione!
Oltretutto è stata dimostrata anche una stretta correlazione dose\tempo\target e del razionale di reversibilità del danno per cui: più giovane è l’età di assunzione, più frequente la somministrazione di sostanza, più è protratta nel tempo (più di otto mesi di fila per le droghe leggere) e, di conseguenza, più è irreversibile il danno cerebrale! Ed è stato anche dimostrato un elevato aumento del rischio di infarto, mentre altri effetti nocivi sono: depressione, ansia, irritabilità, perdita di peso, riduzione delle difese immunitarie etc.
Spesso si parla di una morte invisibile; e sono infatti molteplici gli effetti a lungo termine con situazioni di difficoltà da correlare all’assunzione di droghe in età adolescenziale, ed alcuni studi recenti dimostrano che le droghe creano:
– 19% isolamento e pensiero suicida
– 35% anoressia mentale
– 24% depressione
Tutto inizia con il fumo di una sigaretta e poi c’è sempre chi dice: «Ma dai! Una canna ogni tanto ti rilassa! Che ti fa? Peggio chi fuma, o chi beve?»
In base ai dati più recenti sappiamo che il 98% degli eroinomani ha cominciato con gli spinelli (e prima ancora con il fumo di sigaretta); ed inoltre chi inizia tra i 14 e i 15 anni, corre un rischio maggiore di arrivare durante il periodo adolescenziale alle droghe pesanti. In base agli ultimi report5 del progetto Espad e pubblicati nel 2017 (vedi anche la tabella 1), l’uso di droghe illecite rimane stabile, ma ancora a livelli molto elevati.
In media, il 18% degli studenti ha riferito di aver utilizzato una sostanza illecita almeno una volta nella vita, ma le percentuali variano notevolmente tra i paesi partecipanti all’indagine (dal 6% al 37%).
La sostanza illecita più diffusa in assoluto è la cannabis, con il 16% degli studenti che riferisce di averla utilizzata almeno una volta nella vita e il 7% negli ultimi 30 giorni. Tra il 1995 e il 2016, le tendenze sul consumo di cannabis hanno indicato un aumento generale sia per la sperimentazione della sostanza (dall’11% al 16%) sia per l’uso corrente (dal 4% al 7%).
Tre studenti su 10 (30%) considerano la cannabis facilmente disponibile, laddove la disponibilità percepita di altre droghe illecite è relativamente bassa: ecstasy (12%), cocaina (11%), amfetamine (9%), metamfetamine (7%) e crack (8%).
Anche in Italia, la sostanza illecita più diffusa è la cannabis, con una percentuale ben più alta rispetto al resto d’Europa (27% contro il 16%), ed in netto aumento rispetto al 2011 (21%). A tale proposito, l’Italia detiene anche un tristissimo primato: è al primo posto su 38 paesi per il policonsumo di droghe ed al terzo posto come frequenza di assunzione (più di 20 volte al mese); mentre al Sud è più significativo l’aumento di utilizzo, rispetto al Nord.
Per la droga risulta vincente la prevenzione. Ma, purtroppo, solo un tossicodipendente su sei (circa 4,5 milioni a livello mondiale), riceve i trattamenti riabilitativi ad un costo globale annuale di 35 miliardi di dollari. In media, 7.000 euro per ciascuna persona in cura. Basterebbe investire di più nella prevenzione, per ridurre di dieci volte questo pesante conto socio-sanitario, di cui peraltro beneficiano solo il 15% dei tossicodipendenti. Ed inoltre recenti studi dimostrano che gli studenti che fumano marijuana ottengono voti inferiori ed hanno minori probabilità di diplomarsi rispetto ai loro compagni non-fumatori. Mentre i lavoratori che fumano marijuana hanno più spesso problemi sul lavoro rispetto ai loro colleghi. Le ricerche dimostrano chiaramente che l’uso di marijuana ha la capacità di creare problemi nella vita quotidiana o peggiorare l’esistenza di una persona.
In un articolo del «Journal of Psychiatric Research» (dicembre 2013) si dimostrava che l’uso di cannabis interferisce con l’autocoscienza, la memoria e crea stati di ansia anche a distanza dall’assunzione. Ecco perché in alcuni Stati USA si stanno prendendo alcune misure, mirate ad arginare il dilagare del consumo, da attribuirsi soprattutto alla legalizzazione in alcuni stati ed aree. Nonostante tutto questo, paradossalmente, in alcuni stati, come il Colorado, sono stati addirittura introdotti dei distributori automatici di spinelli.
È stato poi di recente dimostrato che esagerare con alcol e marijuana in adolescenza riduce le probabilità di sposarsi, di ottenere un diploma universitario, un lavoro sicuro e una buona condizione economica da adulti. E non si tratta delle parole di minaccia di genitori esasperati da figli adolescenti sorpresi tra canne e bicchieri di super alcolici, ma dei risultati di uno studio presentato al Meeting annuale dell’American Public Health Association, ad Atlanta.
Anche perché il riscontro di stupefacenti\alcool è correlato a gravi traumi e violenze come:
– 71% incidenti stradali letali
– 22% traumatizzati gravi
– 21% omicidio plurimo
– 29% violenze carnali
– 39% suicidio
– 42% aggressione\insulto
– 19% furto non organizzato
Internet e gioco d’azzardo: le nuove minacce per i giovani
Essendo internet ormai parte integrante della vita quotidiana degli adolescenti, si è reso necessario indagare sul suo utilizzo con un focus sulle varie attività svolte online: dall’uso dei social media al surfing, dallo streaming al gaming, dal gioco d’azzardo all’acquisto/vendita di prodotti. In media, gli studenti europei sono connessi quasi 6 giorni su 7 a settimana.
Anche in Italia, gli studenti si connettono in media circa 6 giorni su 7, e l’attività prevalente (4 o più giorni alla settimana) è l’utilizzo dei social media con l’80% degli studenti, seguito dal gaming (22%), mentre il 3% riferisce di aver giocato frequentemente d’azzardo, valori in media con quelli rilevati a livello europeo.
È bastato un servizio della trasmissione «Le Iene» a scatenare un putiferio e un allarmismo spaventoso in merito al Blue Whale Game o Gioco della Balena Blu, anche se di questo horror-game molti ragazzi ne erano già a conoscenza e si scambiavano materiale ed informazioni all’interno di tanti gruppi chiusi legati allo scambio e condivisione di materiale horror e di spazi virtuali frequentati da persone che hanno frequenti pensieri suicidari. Non sono, come si pensa, gruppi che istigano al suicidio, sono gruppi di condivisione, un po’ come quelli dell’autolesionismo. Si chiamano gruppi della morte e spesso si trovano nel dark web.
Ma, a prescindere dal Blue Whale Game, quello che è importante sottolineare, è che nel web ci sono innumerevoli giochi pericolosi, gruppi chiusi, al cui interno è possibile trovare persone che si divertono a manipolare le menti dei più giovani, a prenderne in un certo senso possesso e a cavalcare l’onda delle loro fragilità. Purtroppo questi spazi sono reali, come il fatto che lasciano dei segni indelebili non solo sul corpo dei giovani, ma soprattutto nella loro psiche. Possiamo quindi affermare che la dipendenza da Internet o Net Addiction, nonostante ancora non sia classificata come un disturbo comportamentale a sé stante all’interno del DSM 5 (APA, 2013), a differenza del Gioco d’Azzardo, mostra, tuttavia, sintomi ben definiti, e questo sia da un punto di vista fenomenologico, ovvero come veri e propri sintomi psicopatologici che dovrebbero essere attentamente osservati e valutati da esperti.
In Italia, il primo ad interessarsi dell’Internet Addiction Disorder è stato il prof. Tonino Cantelmi (nel 2000). Cantelmi è stato anche il creatore, insieme a Del Miglio e Gamba, del Test U.A.D.I (Uso, Abuso e Dipendenza da Internet), composto da 80 items, suddivisi in cinque fattori: impatto; sperimentazione; evasione, dissociazione e dipendenza6.
Traumi incidenti stradali e le stragi del sabato sera
Alla base delle cosiddette “Stragi del Sabato Sera”, che mietono numerose giovani vittime, c’è una nuova pseudo-cultura, che ha generato nei giovani i nuovi miti e valori dell’eccesso. E anche se, in base ai dati degli ultimi anni sembrerebbe che gli incidenti stradali e la relativa mortalità siano in sensibile diminuzione in Italia, dall’inizio dell’anno 2017 al 10 dicembre dello stesso anno, la Polizia Stradale e l’Arma dei Carabinieri hanno rilevato un incremento del fenomeno: 2.785 incidenti (55 in più rispetto al 2016), che hanno causato 105 vittime (3 in più dell’anno 2016). I conducenti controllati con etilometri e precursori sono stati 234.198 (+0,7%), il 5,12% dei quali (pari a 11.981, di cui 10.327 uomini e 1.654 donne) è risultato positivo al test di verifica del tasso alcolemico (nel 2016). Dati che indicano una pericolosa tendenza sul tema della sicurezza stradale.
E si deve anche prendere atto che la distrazione alla guida con i telefonini è ormai una grave minaccia per la pubblica incolumità sulle strade italiane, e l’Istat comunica che nel primo semestre 2017 si conferma una riduzione degli incidenti stradali rilevati e del numero di feriti, ma si deve comunque anche rilevare l’aumento delle vittime, che tornano a crescere: il numero dei decessi mette i brividi, sono ben 1623 le vite spezzate, quando l’obiettivo imposto dall’Unione Europea indicava un numero nettamente inferiore, 1219.
Per cui si dovrebbe prendere in seria considerazione quanto è emerso in una recente intervista del presidente ASAPS (pubblicata su «Resto del Carlino» e «La Nazione» 20 febbraio 2018) e in cui si illustra la proposta della Polizia Stradale di sequestrare i cellulari per accertamenti in caso di incidenti stradali. Un’iniziativa assolutamente condivisibile, anche se presenta alcuni evidenti limiti di applicazione (ASAPS)7.
Malattie e trasmissione sessuale
Le malattie sessualmente trasmesse rappresentano una vera e propria un’emergenza sulla quale c’è poca informazione e scarsa consapevolezza, soprattutto tra gli adolescenti. Secondo l’OMS sono 340 milioni i nuovi casi nel mondo e, di questi, almeno 111 milioni interessano giovani. Si stima, infatti, che ogni anno un adolescente su 20 contragga una malattia sessualmente trasmessa e che l’età di insorgenza tenda ad abbassarsi. I giovani adolescenti risultano essere i meno consapevoli: oltre la metà delle nuove infezioni di HIV interessano giovani nel gruppo di età 15-24 anni e generalmente le ragazze risultano più vulnerabili dei maschi.
L’età media in cui le ragazze scoprono il sesso si è notevolmente abbassata (7% già tra i 13-14 anni) ma non si riscontra ancora un’adeguata consapevolezza che, anche attraverso ad un singolo rapporto, si può contrarre una malattia trasmessa sessualmente. Ovviamente la probabilità di incontrare persone infette sarà tanto maggiore quanto più elevato è il numero dei partner. Risultano, pertanto, a maggior rischio quei soggetti che hanno rapporti con partner diversi, soprattutto se occasionali. L’Italia è, comunque, uno dei paesi al mondo con il minor numero di madri adolescenti: 7 ogni mille ragazze tra i 15 e i 19 anni; mentre in Germania e Francia sono 10 per mille e, negli Stati Uniti addirittura 39.
In base a questi dati si ritiene quindi doveroso fare anche qualche considerazione sul fenomeno «Baby Squillo». Si dirà che, in fondo, le bad girls sono sempre esistite. Questo è vero, ma almeno non rappresentavano un modello sociale accettabile! Nel 1978 la tredicenne Brooke Shields divenne famosa grazie ad un film decisamente morboso: Pretty Baby! Sullo schermo impersonava infatti una prostituta bambina, ma nella vita privata la sua condotta era irreprensibile.
Mentre in Taxi Driver (1976) Robert De Niro interpretava invece un depravato consumatore di pornografia, pronto però a trasformarsi in un giustiziere, per salvare una giovanissima Jodie Foster, che nel film era una quattordicenne molto fiera del potere che derivava dal suo status di prostituta. Provate a rivedere alcune scene del film e confrontatele con i verbali delle baby squillo di oggi, poi cercate la differenza. L’unica differenza non sta nelle parole delle ragazze, ma nel silenzio che oggi le circonda.
Alimentazione
Circa 10.000 anni fa, nacque l’agricoltura, che iniziò a regolamentare l’alimentazione dell’uomo producendo cibo in quantità superiore a quella della natura. Da allora la scienza della produzione alimentare e dell’alimentazione ha continuato a progredire, fino ai giorni nostri, con l’utilizzo della genetica. Alla produzione vegetale si è affiancato poi l’allevamento di animali destinati al consumo, e l ’enorme offerta di cibo disponibile – in una sola parte del mondo in realtà, che corrisponde grosso modo all’Occidente – ha da pochi decenni creato i problemi di sovralimentazione, o di tipi di dieta nocivi.
Dunque, la prima raccomandazione da seguire per una buona alimentazione è mangiare poco. Per evitare le malattie tumorali, in particolare, il perché è molto semplice: più si mangia e più ci si ammala di cancro perché il cibo è veicolo degli agenti cancerogeni presenti nell’ambiente.
Inoltre in generale la diminuzione delle calorie che assumiamo giornalmente ha un effetto positivo sulla longevità.
L’altra raccomandazione è di una dieta ricca di vegetali, perché abbiano scoperto che proprio i vegetali contengono antiossidanti e altre sostanze (come ad esempio i flavonoidi o gli antociani) che ci proteggono dall’invecchiamento cellulare e da molte forme di tumore. D’altro canto è appurato che la carne è molto ricca di acidi grassi saturi che sono molto dannosi per il nostro organismo in generale, oltre a causare il cancro dell’intestino. Anzi trovo che le piante, i semi e i frutti offrano una gamma straordinaria di sapori, di gusti, di profumi e anche di colori, che rendono i nostri pasti piacevoli e conviviali.
Mentre la terza regola alimentare è evitare l’alcol, che non significa rinunciare ad un bicchiere di vino a pasto, ma dire no agli eccessi e ai superalcolici in generale.
Dobbiamo poi fare un discorso a sé riguardo ad alcuni disordini alimentari, di cui anoressia e bulimia nervosa sono le manifestazioni più note e frequenti. E soprattutto, negli ultimi decenni sono diventati una vera e propria emergenza di salute mentale, in modo particolare per gli effetti devastanti che hanno sulla salute e sulla vita di adolescenti e giovani adulti. Negli Stati Uniti, le associazioni mediche che si occupano di disordini alimentari non esitano a definirli una vera e propria epidemia che attraversa tutti gli strati sociali e le diverse etnie, ma anche in Italia i casi stanno aumentando in modo preoccupante. Per cui, se non trattati in tempi e con metodi adeguati, i disordini alimentari possono diventare una condizione permanente e nei casi più gravi portare alla morte, che solitamente avviene per suicidio o per arresto cardiaco.
Per promuovere la salute ed educare i giovani alla prevenzione
Una buona prevenzione si basa soprattutto sulla promozione di comportamenti favorenti il mantenimento di buone condizioni di salute, cercando di ridurre l’incidenza di possibili fattori di rischio per alcune specifiche condizioni patologiche e, soprattutto, attraverso all’attività fisica e corrette abitudini alimentari. Per cui si dovranno approfondire gli aspetti metodologici degli interventi educativi, da attuare secondo le prove di efficacia dell’intervento stesso.
La promozione dei comportamenti favorenti la salute dell’adolescente sarà determinata attraverso l’elaborazione di progetti specifici che dovranno essere indirizzati operativamente in tre direzioni:
– attraverso ad una pianificazione di progetti mirati ad una corretta educazione sanitaria;
– attraverso ad incontri predefiniti di medici con gruppi di genitori, su tematiche specifiche;
– attraverso incontri di medici con insegnanti ed istruttori sportivi, nelle varie scuole, palestre, circoli sportivi, associazioni etc.
Famiglia
Parlando di famiglia e guardando alle varie forme di fragilità delle nostre famiglie ci poniamo alcuni ineludibili interrogativi: Quale famiglia? Il problema di separazioni, convivenze, famiglie gay, gender, famiglie allargate etc. E ancora: la famiglia può delegare tutta l’educazione alla scuola, alla tv o a internet?
La famiglia dovrebbe avere maggior capacità di ascolto e di comprensione dei problemi dei giovani? E magari anche una maggiore capacità di comunicazione?
La famiglia riguardo all’educazione sanitaria dell’adolescente non può essere seconda a nessuno. Ma da parte della famiglia ci dovrebbe essere, una maggior capacità di intercettazione, elaborazione e, perché no, di risoluzione riguardo ai problemi degli adolescenti, così come anche di costruire ponti di collaborazione con la scuola, la società, le istituzioni ed il medico.
Spesso, per superficialità o peggio ancora per indifferenza, si tende ad immaginare che un ragazzo o una ragazza siano sempre sani (dal punto di vista fisico, e da quello psicologico) e che quindi non abbiano problemi. Ma proprio l’ascolto genera il dialogo ed il dialogo consente una maggior conoscenza e stima reciproca. Purtroppo non sempre i genitori sono preparati e sensibili alle esigenze e problematiche educative, non sempre sono capaci di dialogare con i figli, di mettersi in discussione e quando non hanno più argomenti alzano la voce e li minacciano: ti ho detto di fare così e mi devi ubbidire!
Scuola
I giovani passano gran parte del loro tempo a scuola. Una scuola che non sempre cammina al passo dei tempi; ci sono ancora insegnanti che adottano metodi antiquati ed inadeguati, come 50 anni fa, (vedi film su Alberto Manzi). Di certo non mancano insegnanti e dirigenti meravigliosi, capaci di comprendere ed aiutare i giovani a superare le varie difficoltà della vita, oltre a quelle della scuola e soprattutto capaci, nella loro missione educativa, di svolgere anche un’azione suppletiva di alcune ineludibili latitanze della famiglia. Tuttavia, non possiamo viceversa negare dei problemi, anche grossi, a causa di alcuni insegnanti, assolutamente incapaci di un approccio e di un’educazione corretta.
Non si può pensare ad una scuola moderna con insegnanti che si limitano a calcolare, con freddezza, la correttezza di un’equazione o di una formula chimica, senza valutare minimamente l’effettivo impegno, lo sforzo di miglioramento ed apprendimento dei giovani, ma soprattutto senza tenere nella minima considerazione i problemi ed il disagio adolescenziale; problemi che così si amplificano, ripercuotendosi poi sui ragazzi, determinando magari anche danni irreparabili.
Ci può poi essere un vero e proprio mobbing scolastico. Un mobbing esercitato da uno o più docenti nei confronti di un alunno, in cui si genera poi una grave sfiducia nelle proprie possibilità di riuscita e nelle proprie capacità; determinando delle cicatrici indelebili che lo segneranno per sempre. Ma assistiamo anche, viceversa, ad atteggiamenti violenti di studenti, o gruppi di studenti, nei confronti di insegnanti o dei propri compagni di scuola, che si possono inquadrare alcune forme di bullismo. Per cui non basta adeguare le strutture con nuove e modernissime tecnologie; a mio parere, sarebbe molto più importante adeguare la mentalità, i metodi di insegnamento e di approccio psico-pedagogico, per saper cogliere i primi segni di disagio e/o magari anche di malattia. E questo perché la scuola, proprio, per la sua stessa vocazione, dovrebbe rivestire un ruolo fondamentale non solo nella informazione/formazione, ma anche nell’educazione sanitaria, psicologica e morale dei giovani, e soprattutto nella preparazione alla vita!
E purtroppo l’Italia va molto male, per quanto riguarda l’abbandono scolastico, la cui riduzione rappresenta uno degli obiettivi Europa 2020, ed è infatti al quarto posto nella U.E, in quanto, in base agli ultimi dati ISTAT, risulta essere oltre al 17%; e quindi siamo lontanissimi non solo dal 7,1% della Finlandia, ma soprattutto dal 3,9% della Slovenia, dal 5,4 della Repubblica Ceca, dal 5,6% della Polonia, per cui ci dovremmo domandare il perché! Si dirà che, data la situazione economica, i giovani non si sentono spinti a studiare per diplomarsi, e tanto meno per laurearsi. Tuttavia questi dati sono molti preoccupanti e ci devono far riflettere, e questo perché ci allontaniamo sempre di più da un importante standard di civiltà, ma anche dagli obiettivi Europei.
Nella scuola, in molti casi, c’è molta educazione civica e politica, mentre viene spesso trascurata l’educazione sanitaria: per una corretta prevenzione ad alcune importanti patologie, per un’adeguata preparazione su alcune problematiche della bioetica ed in ambito sociale.
Sarà quindi indispensabile indirizzare i giovani al volontariato. Sarebbe forse utile invitare nelle scuole medici, psicologi ed operatori sanitari e/o del volontariato per alcune conferenze, testimonianze e/o minicorsi. In alcune scuole sono stati realizzati interessanti progetti multidisciplinari; si tratta di iniziative limitate ad alcune realtà locali e che andrebbero quindi maggiormente incoraggiate e diffuse.
Chiesa
Si sta adeguando, forse più di tanti altri, a raggiungere i giovani con una comunicazione adatta, moderna e ben recepita dagli stessi. E la Chiesa Italiana ha voluto focalizzare il suo impegno pastorale nel decennio 2010-2020 sul tema dell’educazione con un documento specifico dal titolo Educare alla vita buona del Vangelo; e poi basti pensare all’attenzione di Papa Francesco per i giovani, ai tanti documenti della Chiesa, alle Giornate mondiali della Gioventù e all’intensa attività della Pastorale giovanile nelle varie diocesi. Ma pensiamo anche al Sinodo sui Giovani, indetto da Papa Francesco e che si terrà nell’ottobre di quest’anno.
Altri segnali positivi derivano poi da quella viva e interessante fioritura di associazioni, gruppi e cooperative cattoliche che si dedicano al servizio educativo e al volontariato socio-assistenziale. Forse queste associazioni dovrebbero essere maggiormente sostenute e potenziate, così come gli oratori.
Sport
Gli adolescenti italiani sono sempre meno sportivi. A 18 anni meno di 1 su 3 pratica un’attività sportiva o fisica, e i tassi di sedentarietà sono da record. È colpa (anche) delle nuove tecnologie; questo è l’allarme dei pediatri della Società Italiana di Pediatria (Sip), che temono dei seri rischi per la salute di un’intera generazione.
Il problema è il cosiddetto “drop out” (abbandono precoce) che comincia già a 11 anni. A 15 anni meno di un ragazzo su 2 pratica attività sportiva continuativa, a 18 la pratica poco più di uno su 3. E i tassi di sedentarietà nel nostro Paese sono tripli rispetto a quelli delle altre nazioni europee. Questi dati sono emersi da alcune ricerche dell’Istat e da altri recenti studi della stessa Sip. E a preoccupare i pediatri non è solo l’abbandono della pratica sportiva in età adolescenziale, ma anche l’elevato numero di sedentari assoluti, di coloro cioè che non praticano né sport (in maniera continuativo o saltuaria che sia) né alcuna attività fisica. Il fenomeno riguarda soprattutto le ragazze, in una percentuale che va dal 24% (tra i 15 e 17 anni) al 30% (tra i 18 e i 19 anni).
Ma così non va, perché una regolare attività fisica e motoria in età evolutiva, insieme alle corrette abitudini alimentari, sono uno strumento decisivo di prevenzione della salute per le future generazioni. Per cui genitori e scuola devono fare di tutto per favorire ed incentivare la pratica sportiva. Talora non solo non viene favorita la pratica sportiva, ma viene addirittura ostacolata. E questo rappresenta un grave errore, un vero e proprio fallimento educativo!
Ed ecco che sarà indispensabile un maggior coordinamento e dialogo tra famiglia, scuola ed i dirigenti e allenatori sportivi. Anche perché la figura dell’allenatore, in modo particolare, è una figura imprescindibile, per la valorizzazione educativa dello sport. Oltretutto lo sport consente un’importante e, per certi versi, insostituibile funzione educativa e sociale, e di prevenzione sanitaria. Nello sport, come anche nella vita ci possono essere il confronto e la competizione, pur sempre nel rispetto delle regole. Ma bisogna saper dire, con fermezza, di no ad alcune esasperazioni per arrivare primi a tutti i costi; per cui risulta indispensabile una maggior attenzione a doping e medicina sportiva!
Lo sport risulta importante anche perché ha un notevole potenziale educativo: rappresenta in modo simbolico la vita stessa, che è impegno, sacrificio, lotta, sofferenza, ma anche gioia, speranza, soddisfazione e felicità. La pratica sportiva educa a superare se stessi, a concentrare l’azione in direzione di un obiettivo da raggiungere, abitua al rispetto delle regole, educa alla responsabilità, motiva a resistere allo sforzo e ad affrontare le difficoltà. Anche perché lo sport può far emergere risorse impensate, non solo di tipo atletico, ma di personalità e di carattere. Ed inoltre ha anche l’importante funzione di aiutare ad avere fiducia in se stessi e a sostenere l’autostima.
In base a queste considerazioni si può facilmente quindi facilmente comprendere perché tutte le scuole e college degli USA, contrariamente a quanto avviene in Italia, favoriscono ed incoraggiano l’attività fisica e sportiva, sostenendo ed aiutando concretamente tutti coloro che la praticano.
Mass Media
Viviamo in una società mediatica, in cui i mezzi di informazione diffondono, sempre più, dei messaggi subliminali, in cui si tende a manipolare ed alterare la realtà, soprattutto rispetto ai veri valori della vita come anche su alcune problematiche della bioetica, esercitando, talora, un vero e proprio indottrinamento su dei falsi miti.
Ed anche da parte dei mass media, l’educazione sanitaria, viene trascurata; spesso relegata in contesti poco accessibili al grande pubblico e soprattutto dai giovani.
Medici
Come accennavo prima, noi medici abbiamo una grande responsabilità per l’educazione e la prevenzione nei giovani, e dovremo forse fare anche un po’ di autocritica, perché il medico si limita, talora, ad un’essenziale prestazione professionale, trascurando di cogliere i disagi e problemi interiori, che i giovani si tengono troppo spesso per sé e che, viceversa, potrebbero essere confidati al medico, se solo, parte sua, ci fosse una maggior capacità di ascolto.
Per cui non possiamo limitarci a prescrivere pillole, terapie o informazioni scientifiche, con freddezza o magari con terminologie tecniche e poco recepite dai giovani. Il medico deve saper ascoltare, ma anche farsi ascoltare, attraverso ad una comunicazione ed un linguaggio accessibile, e quindi capace di attrarre l’attenzione e l’interesse dei giovani.
Da una recente intervista condotta su 70.000 adolescenti negli Stati Uniti emerge la seguente opinione prevalente:
– che i medici non sono considerati aperti alle richieste degli adolescenti;
– che i medici non si interessano abbastanza delle opinioni degli adolescenti;
– che i medici non danno sufficienti informazioni sullo stile di vita.
Lavoro
Il lavoro rappresenta, a mio parere, un problema abbastanza marginale oggigiorno, in quanto ci sono sempre meno giovani che lavorano. Dovrebbe essere, comunque, assicurato un adeguato servizio di Medicina del Lavoro ed, inoltre, sarebbe necessaria una maggiore attenzione per i problemi di mobbing nei confronti dei giovani lavoratori; e qui vale un po’ quello che si è già detto per la scuola.
Conclusioni
Non sono opportuni, a mio modo di vedere, i vari discorsi ai giovani con i soliti divieti «Non si deve!» o «È proibito», piuttosto «Attenti ragazzi, ne va della vostra vita»; bisogna responsabilizzarli! Per cui sarà indispensabile stare vicino ai nostri giovani, comprendere, condividere e farci carico dei loro problemi.
Sarà anche necessario predisporre dei progetti educativi mirati, così come anche pensare ad un’adeguata e capillare campagna di informazione su tutte le possibili e devastanti conseguenze, che si determinano a seguito dei vari eccessi sessuali e degli abusi di alcool e di droghe, anche perché anche le cosiddette “leggere” possono essere molto pericolose. Sì perché, come abbiamo visto, a volte, sono sufficienti anche solo poche dosi o pasticche per determinare, nell’individuo, danni e patologie irreparabili.
Il medico può fare molto per la prevenzione! Ma questo solo se agisce in accordo e sinergia con la famiglia, gli insegnanti scolastici, gli allenatori e dirigenti sportivi, le varie istituzioni etc.
E questo proprio al fine di creare un vero e proprio mosaico educativo, che risulta quanto mai essenziale per l’educazione dei giovani, in quanto l’approccio deve essere multidisciplinare e comprendere gli aspetti medico-scientifici, psico-patologici, culturali e sociali.
Ed è questo un compito (ed una responsabilità) da cui nessuno di noi si può assolutamente sottrarre!
Note
1 Nuova Carta degli Operatori Sanitari, Libreria Editrice Vaticana 2016
2 Codice di Deontologia Medica del 18 maggio 2014, Titolo 2. «Doveri e competenze del medico», art.5: «Promozione della salute, ambiente e salute globale»
3 R. BEAGLEHOLE and R. BONITA, Eliminating the scourge of tobacco for a fairer and healthier world: New Zealand leads the way, «The Lancet», v. 2, No. 1, e12–e13, January 2017
4 Progetto Espad (European School Survey Project on Alcohol and other Drugs) 2016, ultimo report pubblicato
5 Dati pubblicati nell’ultimo rapporto del progetto Espad 2016 e pubblicato nel 2017 (European School Survey Project on Alcohol and other Drugs), che ha coinvolto 35 Paesi europei
6 T. CANTELMI, C. DEL MIGLIO, M. TALLI, A. D’ANDREA, La mente in Internet. Psicopatologie delle condotte on-line, Piccin, 2000
7 L’ASAPS (Associazione Sostenitori ed Amici della Polizia Stradale) ed il suo sito https://www.asaps.it/ sulla sicurezza stradale.
© Bioetica News Torino, Giugno 2018 - Riproduzione Vietata