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Austria, i vescovi sul ddl suicidio assistito

12 Novembre 2021

Nella plenaria dei vescovi austriaci tenutasi in Vienna l’11 novembre, si è discusso, tra i diversi temi in agenda, il disegno di legge Death Disposal Act concernente il suicidio assistito. Alla vigilia del termine ultimo per la revisione del testo legislativo, i vescovi austriaci rilasciano una dichiarazione esprimendo la loro preoccupazione per la deriva culturale che la sua legalizzazione comporterà in futuro.

Per l’arcivescovo Franz Lackner, presidente della Conferenza episcopale, da un lato c’è il rischio che menomazioni, deficienze, esperienze di malattia possano venire sentite come un fallimento e dunque non tollerabili, e dall’altro c’è il rischio di un rovesciamento connotativo linguistico del “morire in dignità” che acquisirebbe il senso di un darsi la morte, di porre fine alla propria vita anziché quello di un accompagnamento a morire, del prendersi cura anche quando non non è più possibile guarire.

Nel disegno di legge vi sono “difetti inaccettabili”, tutto si ridurrà a un semplice “bollo di acquisto in farmacia” con il farmaco letale, spiega la Dichiarazione. Il primo è l’omissione del tempo di riflessione obbligatorio di 12 settimane previsto in precedenza per le persone che chiedono il suicidio assistito. Un secondo l’impunità dell’assistenza psicologica al suicidio aprendo così la porta a tutti i tentativi di fare pressione su persone particolarmente vulnerabili e non preveda neanche una valutazione da parte di un psichiatra o di uno psicologo.

L’arcivescovo di Vienna, cardinale Schönborn nella sua rubrica settimanale di Heute, riportata in Katapress.at, ha affermato come in poco tempo il caso eccezionale sia diventato una normalità socialmente accettata e ha posto alcuni interrogativi: Chi può davvero giudicare il desiderio di morire da parte di una persona? Possono medici, notai, avvocati dei pazienti prendere decisioni sulla vita o sulla morte? I medici possono essere obbligati a porre fine alla vita di una persona?

Tutto è iniziato con la sentenza della Corte Costituzionale dell’11 dicembre 2020, intervenuta dopo una serie di denunce, con cui si è dato via al suicidio assistito, in materia sanitaria, intervenendo sulla incostituzionalità del reato di aiuto al suicidio perché viola il diritto all’autodeterminazione vietando però «ogni tipo di assistenza in tutte le circostanze» . Entrerà in vigore dal 1 gennaio 2022. È stato abrogato il secondo comma 78 del codice penale austriaco: «Chiunque induce un altro ad uccidersi, o lo aiuta a farlo, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni», ritenuto come “assistenza al suicidio” mentre lascia la punibilità penale dell’induzione al suicidio. Quest’ultimo recita: «Chiunque uccide un altro su sua grave e urgente richiesta è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni».

Ai legislatori sarebbe aspettato di prevenirne ogni tipo di abuso. La Corte ha mantenuto in vigore la restante parte sul reato penale, compreso la disposizione che stabilisce la stessa punizione per “chiunque uccida un’altra persona su sua richiesta seria ed enfatica”, che lascia ampia interpretazione.

Alcuni aspetti nel disegno di legge sono invece ben auspicati dai vescovi come il divieto pubblicitario e speculativo della pratica e la necessità di far conoscere alla persona che intende morire le cure palliative alternative al suicidio, la cui presenza deve essere più diffusa nel Paese. Tuttavia i vescovi ribadiscono la loro posizione per la indisponibilità quale valore della vita umana.

Cosa dice la Chiesa cattolica sul fine vita?

Sulla questione dell’accanimento terapeutico il Magistero della Chiesa si è espresso ultimamente con la lettera Samaritanus Bonus della Congregazione per la Dottrina della fede riferendo che

Tutelare la dignità del morire significa escludere sia l’anticipazione della morte sia il dilazionarla con il cosiddetto “accanimento terapeutico”. La medicina odierna dispone, infatti, di mezzi in grado di ritardare artificialmente la morte, senza che il paziente riceva in taluni casi un reale beneficio. Nell’imminenza di una morte inevitabile, dunque, è lecito in scienza e coscienza prendere la decisione di rinunciare a trattamenti che procurerebbero soltanto un prolungamento precario e penoso della vita, senza tuttavia interrompere le cure normali dovute all’ammalato in simili casi.

E in tema di strumenti vitali la Chiesa afferma nella stessa Lettera:

Ciò significa che non è lecito sospendere le cure efficaci per sostenere le funzioni fisiologiche essenziali, finché l’organismo è in grado di beneficiarne (supporti all’idratazione, alla nutrizione, alla termoregolazione; ed altresì aiuti adeguati e proporzionati alla respirazione, e altri ancora, nella misura in cui siano richiesti per supportare l’omeostasi corporea e ridurre la sofferenza d’organo e sistemica).

La sospensione di ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione dei trattamenti non deve essere desistenza terapeutica. Tale precisazione si rende oggi indispensabile alla luce dei numerosi casi giudiziari che negli ultimi anni hanno condotto alla desistenza curativa – e alla morte anticipata – di pazienti in condizioni critiche, ma non terminali, a cui si è deciso di sospendere le cure di sostegno vitale, non avendo ormai essi prospettive di miglioramento della qualità della vita…

La proporzionalità, infatti, si riferisce alla totalità del bene del malato
Nel caso specifico dell’accanimento terapeutico, va ribadito che la rinuncia a mezzi straordinari e/o sproporzionati «non equivale al suicidio o all’eutanasia; esprime piuttosto l’accettazione della condizione umana di fronte alla morte»[56] o la scelta ponderata di evitare la messa in opera di un dispositivo medico sproporzionato ai risultati che si potrebbero sperare. La rinuncia a tali trattamenti, che procurerebbero soltanto un prolungamento precario e penoso della vita, può anche voler dire il rispetto della volontà del morente, espressa nelle cosiddette dichiarazioni anticipate di trattamento, escludendo però ogni atto di natura eutanasica o suicidaria.

redazione Bioetica News Torino
Sugli stessi temi: Cure palliative, Eutanasia, Fragilità