Sono sempre di più le serie televisive che compaiono sulle piattaforme di streaming (la cui la visualizzazione di contenuti video avviene direttamente da portali internet), come anche sui canali di trasmissione tradizionali aventi come oggetto il mondo della medicina e della salute in generale: Dottor House, ER – Medici in prima linea, Chicago House, Grey’s Anatomy, Un detective in corsia, The Good Doctor (su questa bella serie ci torneremo presto).
Il seguito di questi prodotti di intrattenimento sta crescendo in maniera esponenziale, cosa che ha portato l’industria di tale settore ad investire sempre più su questa tipologia di format, visto anche il forte successo di pubblico che raccolgono.
Ultimo caso, per settimane tra i più visti in streaming su Netflix, è Painkillers, docuserie in otto episodi, diretta da Peter Berg e Dan Skene e nel cast, tra i tanti, un Matthew Broderick in splendida forma, nei panni del magnate della casa farmaceutica americana Purdue Pharma Richard Sackler.
Il caso statunitense: abusi e decessi causati da un uso inappropriato di un analgesico oppioide nella prescrizione
La trama ruota attorno ad un discusso farmaco a base di ossicodone cloridato, potente analgesico oppiaceo che ha come effetto collaterale quello di creare una forte dipendenza dallo stesso. Quasi citando Epicuro e John Stuart Mill, Shannon Schaeffler, arrivista nella realtà dell’azienda farmaceutica, interpretata da West Duchovny, afferma: «La vita umana oscilla tra piacere e dolore, tra dolore e piacere. Noi dobbiamo solo trovare un modo per metterci in mezzo».
L’introduzione del medicinale nel commercio statunitense, dopo un dubbio iter di approvazione da parte della FDA (Food & Drugs Administration), accompagnata da una campagna di marketing potente, porterà negli anni, secondo le stime riportate nella serie, ad una stima di circa 300.000 morti per abuso di oppioidi, per dipendenza e overdose, in quella che, a posteriori, è stata definita una vera e propria epidemia da oppioidi.
La serie viaggia su quattro direttrici sapientemente intrecciate tra di loro, che tengono lo spettatore incollato allo schermo, anche grazie alla regia squisitamente hollywoodiana molto dinamica:
- la vicenda della famiglia Sackler la quale, alla ricerca forsennata del profitto non antepone nulla, neanche la salute e la sicurezza del paziente (La logica di Sackler, potrebbe essere definita con una semplice metafora: noi vendiamo la corda, non è un problema nostro se la gente la usa per fare e per farsi del male);
- la vicenda di Edi Flowers, ispettrice del dipartimento di giustizia che per prima si è interessata al caso, imbattendosi nel farmaco dell’azienda citata quasi per caso (forte la scena della rapina in farmacia da parte di un tossicodipendente alla ricerca spasmodica del farmaco);
- la storia di Shannon Schaeffer, la giovane rappresentante dell’azienda farmaceutica, dal passato molto modesto, che vede nella possibilità di fare carriera come una forma di riscatto sociale;
- infine quella dei pazienti, i quali per sfuggire al dolore causato anche da serissime patologie, si ritrovano punto a non poter fare a meno del farmaco, costringendosi anche a rivolgersi al mercato illegale (che subito ne fiuta la “potenzialità per i loro affari).
Eric Newman sulla nuova miniserie ha voluto precisare che «Diversamente da altri consumi di droga, nati da produzioni nascoste e contrabbando illegale, quest’epidemia è iniziata con le ricette compilate dai medici, approvate dagli enti regolatori e incentivate da un gigante farmaceutico a conduzione familiare che ha guadagnato miliardi tradendo la fiducia dei pazienti e della gente. Sono grato a Micah, Noah e Alex per avermi proposto questa storia».
Prevenzione, allocazione di risorse, prezzo, fruizione di un farmaco: sono anche questioni bioetiche
Il rapporto tra beneficenza e maleficenza (per esempio l’uso del forte oppiaceo nei malati di cancro terminali); il costo del farmaco e la sua capacità di generare introiti sempre più alti nei vari attori coinvolti nella vendita; il problema di una giusta allocazione delle risorse, mirata e ben gestita e, soprattutto, il dramma personale e anche familiare di coloro che, loro malgrado si trovano ad essere impigliati in una rete più grande di loro, quando il loro intento principale era quello di stare semplicemente un po’ meglio, soffrendo di meno. Sono tanti i temi caldi e interessanti, meritevoli di un ampio dibattito etico che sorgono durante la visione di questa avvincente docuserie.
Sebbene alcuni critici hanno, giustamente paragonato Painkiller all’altra famosa serie Dopesick – Dichiarazione di Dipendenza, serie del 2021, disponibile in Italia su Disney+, che ha raccontato in modo diverso la stessa vicenda, Painkiller rimane un must see, avvincente, bello da guardare e capace di toccare le corde giuste degli spettatori, facendole vibrare e quindi portarli a porsi delle domande.
© Bioetica News Torino, Settembre 2023 - Riproduzione Vietata