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54 Gennaio Febbraio 2019
Speciale Aborto e legge 194: Una riflessione dopo 40 anni

Chi applica la prima parte della legge 194 (tutela della maternità)?

Prof. Valter Boero, Presidente regionale  Movimento per la Vita - Piemonte, al Convegno Aborto e Legge 194: una riflessione dopo 40 anni, Facoltà Teologica Torino, 24 novembre 2018 © G. Boero
Prof. Valter Boero, Presidente  Movimento per la Vita di Torino e Centro di Aiuto alla Vita  Promozione Vita  presso Ospedale Mauriziano di Torino, al Convegno Aborto e Legge 194: una riflessione dopo 40 anni, Facoltà Teologica Torino, 24 novembre 2018 ©V. Boero

Dopo 40 anni dalla sua promulgazione è importante riflettere sulla legge 194/78 per capire se lo scopo della legge è stato raggiunto. Peraltro la stessa legge (art. 16) prescrive al Ministro della Sanità (ora Ministro della Salute) una relazione annuale che può essere utile per avere un quadro d’insieme.

 

Immagine  della locandina del Convegno Aborto e Legge 194: una riflessione dopo 40 anni
Immagine della locandina del Convegno Aborto e Legge 194  tenutosi in  Facoltà Teologica di Torino il 24 novembre  2018

Vorrei soffermarmi però sull’immagine della nostra locandina: giustamente indica il vero contenuto della legge 194/78, e cioè la legge sull’aborto. Vi sono strumenti che rimandano ai medici e ai giudici.

Ma il titolo della legge invece esordisce con l’espressione «Tutela sociale della maternità…» e anche i primi articoli sono di tutela della maternità per i cui veri soggetti della legge 194/78 sarebbero la mamma e il suo figlio. Che il Legislatore abbia sbagliato il titolo? La tecnica giuridica prescriverebbe aderenza tra contenuto e titolo… Certamente l’immagine qui sotto potrebbe essere più aderente al titolo e alla prima parte della legge.

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Vale la pena esaminare il testo per valutare quanto la maternità sia rilevante nel testo di legge andando a vedere la frequenza di alcune parole chiave.

Boero_ tutela della maternità_Tabella 1. Tutela maternità

È abbastanza curioso che una legge voluta, a sentire i promotori più schietti (i Radicali), per introdurre la libertà di abortire in Italia eviti di usare il termine «aborto».  Il termine viene usato solo una volta come le parole «Associazioni di volontariato» che sono richiamate quando si voglia offrire alternative all’aborto.

Anche la parola madre, che è il soggetto più rilevante nella maternità, compare una sola volta. Il termine figlio che forse con la madre ha attinenza non è mai menzionato, eppure è il soggetto a cui si toglie la vita con la pratica dell’aborto!
Questo contraddice gravemente quanto stabilito nell’art. 1 della legge: «Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio».

Eppure in qualsiasi Università del pianeta dopo la fusione dei due gameti si ha un nuovo soggetto che si chiama figlio (di due genitori maschio e femmina). Ciò vale in campo vegetale (nella riproduzione sessuale), in campo animale e umano.

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Al convegno: avv. Giuseppe ANZANI magistrato, prof. Valter BOERO e dr.ssa Costanza MIRIANO giornalista Rai Vaticano ©G.M.BOERO

Ancora più evidente il contrasto con le promesse di “tutela della maternità” è il risultato netto dell’applicazione della legge. Sulla base delle dichiarazioni degli ospedali il Ministero ha certificato oltre 6 milioni di aborti «volontari» dal 1978 al 2017.
In questi tempi di crisi economica in cui la “coperta è corta” vale la pena fare una moltiplicazione. Se venissero applicati i costi dell’intervento chirurgico dichiarati dall’ospedale S. Anna di Torino (settembre 2018) con un costo medio di 1100 euro, il totale della spesa pubblica investita in questa attività ammonterebbe ad oltre 6 miliardi di euro. Non sono considerati i costi di complicazioni e il costo sociale (relazioni umane, assenze dal lavoro, calo di produttività) ben documentato scientificamente, ma volutamente ignorato. Attualmente sono incentivati gli aborti chimici con RU486 il cui costo è di circa 430 euro.
Questi dati chiaramente confliggono con quanto enunciato al terzo comma dell’art.1: «Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite» e sono particolarmente imbarazzanti per i decisori politici di un Paese precipitato in gelido inverno demografico. Nel solo Piemonte da oltre un decennio il bilancio demografico annuo è di  55.000 morti  versus  30.000 nascite.

Riguardo la vera tutela della maternità, la realtà fattuale, come si comprende dai nudi dati forniti dal Ministero e dall’Istat, è quella molto diversa dagli enunciati dei primi articoli della legge. I Consultori che di norma dovrebbero intervenire a tutela della maternità (cfr art. 2), generalmente non offrono alternative alla donna che si rivolge per un aborto. Lo testimoniano le numerose donne che transitate nel Consultorio giungono nei Centri di aiuto alla vita del volontariato.
Nei Consultori c’è ascolto della difficoltà della donna e può esserci la buona volontà di alcune persone che invitano a riconsiderare la decisione, ma ed è diffusa e consolidata la mentalità che all’aborto si possa accedere liberamente nei primi 3 mesi. Il pensiero comune è che «all’inizio non c’è niente». Chi dicesse il contrario può essere indicato come terrorista e poco rispettoso della libertà della donna.

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Avv. Carlo MERANI e prof. Enrico LARGHERO, medico – teologo, Centro Cattolico di Bioetica.  Facoltà Teologica Torino, 24 novembre 2018 ©G.M.BOERO

Di fatto le uniche strutture organizzate per l’aiuto alla maternità fragile è quella dei Centri di aiuto alla vita (CAV), associazioni aggregate in una unica associazione denominata Movimento per la Vita Italiano. A novembre 2018 in Italia sono 342 i CAV operativi, animati dai  volontari − di solito mamme −  che condividono l’esperienza della maternità con chi è all’inizio ed è tentata di farsi sopraffare dalle difficoltà. Mediamente operano da più di 30 anni.
L’accompagnamento che è offerto è di ordine psicologico perché è qui il problema principale. C’è un problema di accoglienza, di ascolto. Le donne sono minacciate dal partner, dal datore di lavoro, dai genitori che indicano l’aborto come la via più semplice per risolvere il problema. In realtà non sanno di spingere la donna nel baratro e di togliere la vita a un figlio.
L’esperienza dei CAV dice che se si aiuta la donna ad accogliere il figlio vi è una rivoluzione favorevole a mamma, figlio e poi a seguire il papà e i familiari. Il figlio che sembra un problema diventa l’inizio di un nuovo e più vigoroso percorso.

Aula Magna, Facoltà Teologica di Torino. Convegno Aborto e Legge 194: una riflessione dopo 40 anni , 24 novembre 2018 ©GM.BOERO

Concretamente tutti i CAV sono collegati da un numero verde (800 813 000 ) a cui si possono rivolgere le donne in difficoltà 24h/24 ove volontari preparati dirottano al Centro più adatto alla circostanza. I CAV hanno anche la disponibilità di risorse finanziarie che derivano da donazioni private (es. Giornata per la vita indetta dalla Chiesa cattolica). Il contributo di Enti pubblici è raro e non è significativo.
I CAV hanno la disponibilità del Progetto Gemma (adozione di mamma e bambino a distanza, 160 euro/mese per 18 mesi) erogato dalla Fondazione Vita Nova (www.fondazionevitanova.it; organismo del Movimento per la Vita Italiano), alle mamme in grave difficoltà economica. Alle mamme viene quindi offerto anche un aiuto materiale se necessario. Quanto viene distribuito è sempre accompagnato dall’impegno dei volontari che sospingono gradualmente la mamma assistita verso l’autonomia.
Per svolgere questo servizio i volontari sono formati e aggiornati con corsi specifici in modo da poter offrire alle mamme i seguenti servizi:

CORSI SULLA FISIOLOGIA SESSUALE FEMMINILE E MASCHILE
SERVIZIO BABY-SITTER PER FREQUENTARE CORSI DI FORMAZIONE
CORSI PER OPERATORI SOCIO-SANITARI
CORSI PER LA PULIZIA DELLA CASA
CORSI DI TAGLIO E CUCITO
CONSULENZA LEGALE GRATUITA
CONSULENZA MEDICA GRATUITA
CONSULENZA PSICOLOGICA PER IL POST-ABORTO
SCUOLA DI MATERNITÀ (aperto a tutte le mamme)

A conclusione di queste osservazioni che hanno tentato di rispondere alla domanda posta nel titolo di questa relazione, vale la pena andare alla fine del testo di legge pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. Lì si legge: «È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare» . Firmato Leone, Andreotti, Anselmi…

La conclusione è facile da trarre proprio sulla base dei dati ministeriali: non è stata rispettata la parte più importante della legge, quella del titolo, la «tutela sociale della maternità». Questa conclusione trascina però inevitabilmente almeno due altre domande: ci troviamo di fronte a un grave reato di omissione? A chi spetta il controllo dell’osservanza della legge?

© Bioetica News Torino, Febbraio 2019 - Riproduzione Vietata