«Noi donne ci siamo, per così dire, emancipate, abbiamo conquistato la libertà di scegliere, nel lavoro, nell’amore, nella vita. Ma a che prezzo? Siamo davvero più felici? E soprattutto, rendiamo più felici le persone che ci sono affidate? Non è che per caso femminismo, rivoluzione sessuale e battaglie per la parità hanno finito per lasciarci più sole e tristi?» (Miriano C.,Quando eravamo femmine, 2016).
Di primo acchito non sembrerebbe, con quella voce flautata e sottile e l’aria timida e impacciata, eppure non si può negare, al di là di ogni convinzione etico/morale, che Costanza Miriano1 sappia il fatto suo. Non importa quanti intellettuali anticonformisti o convinte e irascibili femministe le mettano i bastoni tra le ruote; lei continua, imperterrita, a esporre le sue opinioni. Con la goffaggine di una scolaretta forse ma, nella penna, la grinta di una tigre.
Come è difficile la vita di una donna, e la signora Miriano lo sa bene, come si evince chiaramente dai suoi libri (si può dire che non parli d’altro: dopotutto ha anche quattro figli). Anzi, è stupefacente che tra i mille giri in macchina per accompagnare i fanciulli a scuola, la casa perennemente da riordinare (quattro figli e un marito saranno anche la ricetta della felicità, ma solo fino a quando non ti tocca raccattare strascichi di indumenti sparsi in giro e involucri di merendine che neanche Pollicino) e l’ennesima litigata con la ormai famigerata prole per costringerli a finire i compiti, abbia anche trovato il tempo sia di conservare il suo lavoro di giornalista (prima al telegiornale nazionale Tg3 poi a Rai Vaticano) che di aprire un blog a tema sociale nel 2011. Cattolico-sociale, pardon. Un impegno considerevole che negli anni le ha fruttato milioni di lettori e qualche denuncia qui e là, anche fuori dai confini nazionali. Un prezzo accettabile da pagare, dopotutto, per difendere la “Verità” (così la definisce lei) cristiana dai micidiali fendenti di una sempre più secolarizzata e cinica società. Sì perché le “verità”, condivisibili o meno, di Costanza Miriano danno fastidio. Sono la pulce nell’orecchio di ogni rivoluzionario o “falso progressista”. E come potrebbe essere diversamente, se tra le sue provocatissime affermazioni troviamo cose come:
e ancora: «La donna è fatta per fare spazio dentro di sé, nel suo grembo, nell’utero. Lo spazio che abbiamo in pancia fa parte di noi più della stessa testa» (Quando eravamo femmine) .
Persino i titoli dei suoi libri scandalizzano (volutamente), da Obbedire è meglio. Le regole della compagnia dell’agnello a Sposati e sii sottomessa («Sottomissione è solo un altro modo per dire mi fido di te. Non significa rinunciare a dire cose, a esprimere desiderio e bisogno, a correggere quando serve», cit. in Sposati e sii sottomessa, 2011) fino a Sposala e muori per lei, perché anche l’uomo ha i suoi doveri ed è suo compito far sentire una donna amata e “venerata” (buffo come quest’ultimo libro non abbia suscitato alcuno sdegno, diversamente dai due precedenti).
Legittime o anacronistiche, le posizioni della Miriano sono chiare e, in fin dei conti, anche semplici: tornare alle origini, riscoprire la bellezza delle tradizioni, delle differenze che naturalmente e necessariamente intercorrono tra uomo e donna, senza creare ibridazioni a suo parere poco convincenti e assolutamente controproducenti (vedi transgender, gender fluid e altre mirabolanti invenzioni molto di moda). Come ella stessa afferma: «È come, per le maratone, seguire la linea blu tracciata lungo la strada: la più breve, quella giusta. Se ci si allontana, non è certo che si arrivi lo stesso alla meta, ma è sicuro che ci si metterà di più, e si farà più fatica» (Quando eravamo femmine). Affermazione più che logica, come è logico che solo chi sceglie strade non battute può arrivare a scoprire luoghi prima ignoti e forse anche più belli, ma questo è solo un dettaglio. Certo è che se i compiti di una donna si riducono a procreare, accudire marito & co e andare avanti e indietro tra casa e chiesa, non v’è sicuramente bisogno di chissà quale spirito d’avventura. Come disse il compianto Robert Frost, «due strade trovai nel bosco e io scelsi quella meno battuta; ed è per questo che sono diverso». Una diversità che però sembra non interessare alla signora Miriano, che pure è sempre impegnata in battaglie a sostegno delle differenze.
Nonostante questo, tuttavia, da buona giornalista (nonché scrittrice, mamma e, come si definisce lei stessa, “puliscibagni”) la Miriano solleva questioni molto delicate, dall’aborto all’utero in affitto, tuttora oggetto di concitati dibattiti etici in tutto il mondo, e lo fa con straordinaria semplicità e mitezza. E non lo si dice con ironia. Sulla contestata pratica dell’utero in affitto così si esprime:
Affermazione anacronistica, forse, ma è pur vero che occorre fare attenzione a non idealizzare il presente. Non tutti i cambiamenti apportati dal cosiddetto “progresso” sono positivi, ci dice Miriano, così come il pensiero della maggioranza non può imporsi su quello della minoranza (dall’ormai lontano imperativo «non potrai avere rapporti sessuali prima del matrimonio o perderai la tua dignità» a «se sei contro l’aborto e la fecondazione in vitro sei un gretto puritano che non merita ascolto» il passo è drammaticamente breve).
Miriano non risparmia critiche neanche su quella matassa confusa che è il femminismo moderno, scrivendo che
e aggiunge, caustica: «Conosco moltissime donne ingannate dalla vera misoginia, quella del femminismo» (Diario op. cit). Parole dure e, senza dubbio, coraggiose in una realtà sempre più incentrata sulla tutela del benessere femminile, con tutte le esagerazioni che inevitabilmente tale accanimento comporta, spesso a discapito della popolazione maschile che ormai fatica a far sentire la propria voce e che anzi, scrive stizzita Miriano, va femminilizzandosi sempre più.
Al di là di ogni valutazione soggettiva, si può dire senza timor d’errore che viviamo in un’epoca di profondi stravolgimenti sociali e di costume (di tale entità non se ne vedevano dai lontani anni ’60) in cui forti sono i richiami a un progressismo esasperato, spesso privo di consapevolezza e ragion d’essere, un’onda tumultuosa difficile da cavalcare che rischia di sommergerci. Tuttavia è necessario stare attenti a non fare di tutta l’erba un fascio: molte donne, anche madri, trovano nell’attività lavorativa una fonte irrinunciabile di distrazione da una vita altrimenti eccessivamente ripetitiva e priva di stimoli. E, soprattutto, non tutte le donne avvertono il bisogno di diventare madri, eppure non per questo vanno considerate meno donne o meno realizzate nella vita.
Da un punto di vista più ampio, Costanza Miriano cerca (in modo più o meno efficace) di tirare le redini di questo cavallo imbizzarrito che è la realtà odierna, redarguendoci: apriamoci sì al progresso, ma senza perdere noi stessi lungo la strada.
Bibliografia
1 Giornalista professionista e scrittrice, Costanza Miriano è autrice dei seguenti libri:
Sposala e muori per lei, Sonzogno (Ve) 2013, pp. 208
Sposati e sii sottomessa, Sonzogno 2013, pp. 224
Obbedire è meglio. Le regole della compagnia dell’agnello, Sonzogno 2014, pp. 176
Quando eravamo femmine. Lo straordinario potere delle donne, Sonzogno 2016, pp. 176
Si salvi chi vuole. Manuale di imperfezione spirituale, Sonzogno 2017, pp. 160
Diario di un soldato semplice. Il Signore ama vincere con un piccolo esercito, Sonzogno, 2018, pp. 299. In questo numero di «Bioetica News Torino» è uscita la recensione a cura di Ilaria Losapio qui.
© Bioetica News Torino, Febbraio 2019 - Riproduzione Vietata