Una definizione di Volontario è quella che lo identifica come «rappresentante della società che testimonia con la sua azione la solidarietà della comunità verso i suoi membri in condizione di disagio».
A me piace pensare come Volontari quei quattro personaggi che, nel Vangelo di Matteo (2,11-12), portarono un paralitico da Gesù a Cafarnao e «non potendo portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto in cui Egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono il lettuccio su cui giaceva il paralitico». È noto che Gesù, vista la loro fede, rimise i peccati del paralitico! Quindi quei quattro personaggi sono dei “facilitatori” che si sono impegnati, ingegnati e spesi per dare al paralitico la possibilità di Salute/Salvezza.
È stato calcolato che in Italia il cosiddetto Terzo Settore conti 4,8 milioni di Volontari e che il No-profit nel suo insieme rappresenti il 6,4% delle unità economiche attive italiane. L’ ISTAT ha certificato, peraltro, un incremento del 28% degli organismi di volontariato nel decennio 2001-2011. Sono realtà, queste, di variegati interessi e campi di attività, di ispirazione laica o cristiana. L’impegno in questo settore delle realtà ecclesiali è enorme e ci richiama le affermazioni Paoline nella Prima Lettera ai Corinzi: «vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito, vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore, vi sono diverse attività ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti».
Qual è stata e quale continua ad essere la funzione propria del Volontariato nella Società? Esso applica il «principio di vulnerabilità», ossia mostra che chi si trova in particolari situazioni di vita, in certe condizioni, può trasformare quel “vulnus” in abilità. Ciò spiega, ad esempio, il sorgere di organizzazioni che sensibilizzano e aiutano particolari categorie di soggetti malati, disabili, svantaggiati o esclusi dai sussidi istituzionali statali. Così operando il Volontariato sostituisce alla logica del Contrattualismo, propria del rapporto dello Stato col cittadini, e alla logica dello scambio, propria delle organizzazioni economiche, la «reciprocità» che non è un atto naturale come la filantropia o primordiali come lo scambio, appunto, ma è una relazione biunivoca, ossia non soltanto uno che dà e l’altro che riceve, cioè il beneficiario non è un semplice oggetto di benevolenza per chi lo benefica, ma è qualcuno che restituisce a chi lo sta aiutando il significato del suo donare; le relazioni di dono, infatti, creano comunità, legami e relazioni.
Questo «principio di restituzione» si basa, a sua volta, sul «principio di proporzione» e non su quello di «equivalenza», come avviene nello scambio di mercato, perché si offre e si dona in base alla propria condizione o alla propria capacità. Chi dona qualcosa dona principalmente sé stesso; Enzo Bianchi ci ricorda che il dono possiede «efficacia profetica», capace di innescare una dinamica nella quale il donatore può causare nell’altro la capacità di dare a sua volta agli altri.
Volendo tratteggiare le caratteristiche essenziali del Volontario, indipendentemente dal suo ambito di azione, si dice che è una figura non professionale, cioè non svolge un mestiere o una professione, ma deve essere istruito e preparato circa l’ambito di occupazione e il suo preciso ruolo (ed è compito ineludibile delle Organizzazioni e Associazioni assicurare e garantire le competenza ai propri iscritti) proprio perché si colloca nello spazio dell’affettività e dell’amicizia.
Chi si dedica al Volontariato ha forte motivazione etica e spesso ha una visione spirituale dell’esistenza. Come non ricordare, a questo proposito, Teilhard de Chardin quando affermava che «noi non siamo esseri umani che vivono un’esperienza spirituale. Siamo esseri spirituali che vivono un’esperienza umana». Proprio questo essere spiriti che vivono l’esperienza umana ci deve motivare all’impegno sociale e all’intervento ausiliario e compensativo a favore di gruppi sociali e di singoli svantaggiati perché in questo modo si afferma il «primato della Persona».
Dobbiamo altresì tener presente il monito di Benedetto XVI secondo il quale il «principio di sussidiarietà» non può essere disgiunto dal «principio di solidarietà»: «la Sussidiarietà senza la Solidarietà scade nel Particolarismo sociale. La Solidarietà senza la Sussidiarietà scade nell’Assistenzialismo, che umilia il portatore di bisogno».
Con tali presupposti l’ONU, con la Dichiarazione 70/129 del 17-12-2015, ha affermato che «il Volontariato organizzato diventa proposta politica e modello sociale in grado di esprimere visioni di società e di relazioni alternative e diverse». Gli stati sono chiamati, dunque, a sostenere e promuovere il Volontariato e le sue forme organizzate in modo che si possa tendere alla «Welfare Society» in cui l’intera «società» (enti pubblici, business comunity e società civile organizzata) deve prendersi cura dei sofferenti.
Il fine del Volontariato, come afferma Stefano Zamagni, non è più solo «per fare del bene» ma cambiare la società e il mondo in cui viviamo. Indubbiamente è una sfida complessa e impegnativa anche oggi. Già Paolo VI, 50 anni or sono, affermava che «viviamo tempi tremendi e magnifici», complicati dal «politeismo dei valori», individuato da Max Weber nel predominio quasi esclusivo dell’interpretazione, nel primato del soggettivo sull’oggettivo e nell’imperio del relativo sull’assoluto, in una società diventata multiculturale che porta con sé il «politeismo religioso» e il «pluralismo etico». A questi fenomeni si aggiunge il «polisemismo» per il quale si attribuisce alle parole, e quindi ai concetti, significati diversi se non divergenti.
Rimane tuttavia chiaro, per noi cristiani impegnati nel volontariato sociale, l’insegnamento di Benedetto XVI nella Spe Salvi: «la misura dell’Umanità si determina essenzialmente sul rapporto con la sofferenza e il sofferente, ciò vale per il singolo e per la società ⌈…⌉» e nella Deus caritas est «l’Amore-Caritas sarà sempre necessario, anche nella società più giusta. Non c’è ordinamento statale giusto che possa rendere superfluo il servizio dell’Amore⌈…⌉ci sarà sempre sofferenza che necessita di consolazione e aiuto».
Consapevoli di ciò i Volontari diventano portatori e promotori di etica e prassi capaci di umanizzare la politica e la società in modo che tutto sia al servizio di tutto l’uomo e di tutti gli uomini, infatti Papa Francesco nella Laudato sì ricorda che «diventa attuale la necessità impellente dell’Umanesimo, che fa appello ai diversi saperi ⌈…⌉ per una visione più integrale e integrante».
Grande impegno e preciso compito del cristiano nel suo impegno sociale perché come affermava mons. Tonino Bello «la Fede ci fa credenti, la Speranza ci fa credibili, la Carità ci fa creduti» e proprio per aiutarci a essere creduti concludo con la Preghiera del Volontario Vincenziano, che, secondo me, è preghiera adatta per tutti i volontari e non solo:
Signore, fammi buon amico di tutti.
Fa’ che la mia persona ispiri fiducia:
a chi soffre e si lamenta,
a chi cerca luce lontano da Te,
a chi vorrebbe cominciare e non sa come,
a chi vorrebbe confidarsi e non se ne sente capace.
Signore aiutami,
perché non passi accanto a nessuno
con il volto indifferente,
con il cuore chiuso,
con il passo affrettato.
Signore, aiutami ad accorgermi subito:
di quelli che mi stanno accanto,
di quelli che sono preoccupati e disorientati,
di quelli che soffrono senza mostrarlo,
di quelli che si sentono isolati senza volerlo.
Signore, dammi una sensibilità
che sappia andare incontro ai cuori.
Signore, liberami dall’egoismo,
perché li possa servire,
perché Ti possa amare,
perché Ti possa ascoltare
in ogni fratello
che mi fai incontrare.
© Bioetica News Torino, Marzo 2019 - Riproduzione Vietata