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31 Gennaio Febbraio Marzo 2016
Numero + Dossier Corso Specialistico in Bioetica Avanzata

L’Arte e le Opere di Misericordia al Santo Volto di Torino. Seconda sessione Affidarsi a Gesù Misericordioso. Convegno diocesano GMM

«L’architrave che sorregge la Chiesa è la Misericordia e la sua credibilità passa attraverso la strada dell’Amore che è misericordioso e compassionevole. La Misericordia viene a salvarci oggi anche da una condizione di debolezza in cui viviamo e ci dona la forza di guardare il mondo odierno con ottimismo, entusiasmo e una rinnovata azione pastorale» è l’immagine con cui la moderatrice dottoressa Maria Grazia Sinibaldi, medico nonché docente e direttivo del Master universitario in Bioetica della sezione di Torino della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, apre la seconda sessione del convegno.

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D.ssa Maria Grazia Sinibaldi, medico, docente e direttivo Master universitario in Bioetica Facoltà Teologica © P. Garelli

La tavola rotonda – spiega  Sinibaldi – verte sulle opere della misericordia, corporale e spirituale, che sono azioni caritatevoli di vicinanza e prossimità alle persone, attraverso le quali gli operatori di pastorale sanitaria diventano anche operatori di misericordia. Richiama il volume – intervista di Andrea Tornielli Il nome di Dio è Misericordia, edito da Piemme, con cui Papa Francesco fa riscoprire le opere della misericordia e l’apostolato “dell’orecchio” della Parola. Il volume sarà, tra l’altro, presentato martedì 12 aprile al Centro Congressi Santo Volto, dal giornalista vaticanista Andrea Tornielli e con monsignor Cesare Nosiglia.

Tre illustri relatori hanno trattato i temi delle opere di misericordia calati in diverse dimensioni secondo la loro personale esperienza. Mentre Luciano Manicardi, biblista e monaco della Comunità monastica di Bose ha parlato di Visitare i malati, con il medico psichiatra e suora cottolenghina Maria Cristina Giovannone si è entrati nel mondo del Consolare gli afflitti, e infine il parroco don Carlo Franco della Cattedrale San Giovanni Battista di Torino ha dato la sua testimonianza su Seppellire i morti.

Visitare i malati

Tanto nella Bolla di Indizione quanto nel Messaggio per la Quaresima 2016 «Misericordia io voglio, non sacrifici (Mt 9,13)» il Santo Padre fa riscoprire la tradizione delle opere di Misericordia corporali e spirituali affinché la Misericordia, che è la volontà di Dio per l’uomo, per l’intera umanità, ciò che rende una Chiesa profetica, diventi anche azione quotidiana. Tra questi azioni vi è il visitare i malati.

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Luciano Manicardi, biblista, monaco della Comunità di Bose © Piero Garelli

Per comprendere il significato di tale opera corporale Manicardi spiega che, come per le altre opere di Misericordia, l’agire del cristiano deve avere prima come punto di riferimento e fonte perenne la Scrittura e in particolare i Vangeli e poi, nello specifico visitare gli infermi, occorre mettere a nudo alcuni errori nel farsi prossimo con chi soffre o è malato. Ad esempio il  presentarsi nelle vesti del “salvatore” e assumere poi il ruolo di persecutore, che a sua volta può far scatenare l’ira della vittima che si trasforma a sua volta in persecutrice, come in Giobbe.  Si può infatti diventare  facilmente “nemici del malato”, come il Salmo 41 riferisce di coloro che andando a visitare i malati, gli stanno vicino ma scatenano una reazione di scontentezza: «Chi viene a visitarmi dice il falso, il suo cuore accumula malizia e uscito fuori sparla». In realtà tale opera misericordiosa richiede un lavoro interiore su di sé da parte di chi sta accanto al malato, cercando di comprendere quel che l’altro sente, sta vivendo in quel particolare momento di debolezza. Il dialogo avviene tra una persona sana e l’altra malata, sofferente. Convertire dunque il proprio “potere” di forza sull’altro per porsi al livello di colui che è nella debolezza, nella sua impotenza che è sacramento del Cristo che ci ricorda la nostra possibilità di convertirci, per entrare in uno spazio di condivisione: è quanto mostra sia la Scrittura che l’esperienza. Infatti, sempre lo stesso Salmo (41. 2) recita: «Beato l’uomo che ha cura del debole, nel giorno della sventura il Signore lo libera» e prosegue (4):«il Signore lo sosterrà sul letto del dolore; gli darai sollievo nella sua malattia», quest’ultimo potrebbe essere inteso “gli rifai il letto in cui languisce”, presentando l’immagine di un Dio infermiere  che si prende cura di colui che è nella sofferenza.

Perché e come stargli accanto? Sono questi gli interrogativi di chi lo assiste o lo accompagna che dobbiamo porci e ai quali ci invita il biblista Manicardi. La risposta è in colui che è «Misericordia incarnata, come la chiama Papa Francesco,  Gesù di Nazareth, che ci presenta una prassi di incontro con le persone malate, ferite nel corpo, nella mente, nella psiche, che è un insegnamento perenne per noi e da cui emerge un tratto distintivo, la capacità di ascoltare, non giudicare e mostrargli una prossimità, sottraendolo dalla situazione di essere abbandonato, solo».

 

Centro Congressi Santo Volto, 6 febbraio 2016 © Garelli

Consolare gli afflitti

Dalla testimonianza del medico psichiatra Maria Cristina Giovannone, suora cottolenghina, dalle sue tante domande che cominciò a porsi sin dai tempi della sua specializzazione, una sfida che l’appassiona perché Gesù sta dalla parte degli afflitti, dei più poveri, dei più deboli. Cosa posso fare per le persone più fragili, bisognose di aiuto e di consolazione per  non cadere nell’angoscia più profonda, spesso allontanate o abbandonate dalla società, dalle famiglie, dalla nostre  comunità, ma anche da noi stessi perché non compresi, difficili, portatori di una personalità complessa, a volte scomodi, a tratti fastidiosi e ambivalenti, irrequieti, aggressivi. Come potrò essere d’aiuto ai miei confratelli sfiduciati, scoraggiati, tristi, lacerati dalla sofferenza e solitudine? E per i giovani con gravi disturbi di personalità o affetti da disturbi di comportamento alimentare come l’anoressia nervosa?

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Sr Maria Cristina Giovannone, medico psichiatra, suora del Cottolengo, Centro Congressi Santo Volto, 6 febbraio 2016 © foto di Piero Garelli

La risposta sta nel «prendere per mano i miei fratelli o sorelle ammalati come Gesù mi ha preso per mano. Avvicinati a loro con cura, umiltà e rispetto e là dove gli interventi saranno più dolorosi e prolungati, saranno portati come sulle spalle, toccando in profondità le loro ferite, ascoltandoli con umanità e compassione, solidarietà, senza pregiudizio e presunzione e dedicando loro il tuo tempo».

È un programma di vita faticoso ma anche ricco di doni perché la Divina Provvidenza la guida ogni giorno. Per lei, dunque, essere medico psichiatra, consacrata cottolenghina significa ascoltare, consolare, curare, in alcuni casi guarire ma soprattutto con-soffrire, riconoscere e restituire la dignità perduta nel corso della vita di quel paziente, religioso, fratello, giovane e anziano, stargli accanto per essere sorella portatrice di pace, speranza, umanità,  condivisione, come presenza silenziosa nella preghiera al Padre Misericordioso».

Seppellire i morti

Don Carlo Franco, parroco della Cattedrale San Giovanni Battista, parla del seppellire i morti, tema interessante per i risvolti avuti dal punto di vista antropologico e sociale. Nella Bibbia si afferma – spiega don Franco  – l’attenzione per il corpo defunto, per  il legame con il corpo glorioso nella risurrezione. La fede nella risurrezione comincia già dall’Antico Testamento, verità fondamentale della nostra fede che ci spinge ad avere cura del corpo, seppure attraversato dalla caducità.

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Don Carlo Franco, parroco della Cattedrale San Giovanni Battista di Torino, Centro Congressi Santo Volto di Torin, 6 febbraio 2016 © Piero Garelli

Fanno parte della nostra tradizione  il rispetto e l’amore verso chi ci ha lasciato, espressi anche dai gesti che la Chiesa ci ricorda e ci consegna nella tradizione cristiana come il vegliare del defunto o il gesto di coprire il volto prima della chiusura della bara, come il nuovo rito delle esequie ha riscoperto, come segno di attenzione a quel volto che non vedremo più e si apre alla visione del volto luminoso di Dio. Così poi prosegue il discorso sul corteo, la cura della tomba che sono espressioni di misericordia verso il defunto. Ma la pratica del seppellire è anche un’opera di misericordia verso le persone che soffrono per i loro cari. Tra i gesti, don Franco richiama la ritualità del colloquio dei familiari con il parroco dopo l’immediato decesso, che talvolta è assente, e la benedizione della salma come vicinanza umana alla famiglia. Anche la celebrazione liturgica offre ricchi spunti di vicinanza, di affidamento al Gesù misericordioso che conforta.

Non è facile neppure stare accanto a chi è nel lutto per non finire di dire parole banali. Tocca, nel concludere la relazione, brevi riferimenti su alcune questioni, quali la privatizzazione del defunto in casa o l’utilizzo delle ceneri.

 

Monsignor Marco Brunetti conclude il convegno lasciando ai numerosi convenuti ringraziamenti e i saluti di congedo da direttore della Pastorale della Salute diocesana per la sua nomina a Vescovo di Alba.  Nella sua lettera, letta con commozione,  esprime parole di profonda riconoscenza a coloro che gli hanno dato fiducia in tutti questi anni, 20 anni di Pastorale, dal cardinale Saldarini quando aveva 33 anni al cardinale Poletto che gli conferì l’incarico per tutto la durata dell’episcopato sotto il quale si riformò la formazione dei ministri straordinari della Comunione e le cappellanie ospedaliere e infine con l’attuale arcivescovo monsignor Cesare Nosiglia con cui sin da subito ci fu sintonia e collaborazione permettendogli libertà di esprimersi. Lo ringrazia per la fiducia accordatagli in questi anni, in particolar modo nel progetto dell’Agorà del sociale e per l’ostensione sindonica del 2015 nell’accoglienza dei disabili e malati accanto ai giovani.

 

Affidarsi a Gesù Misericordioso, Convegno XXIV GMM, Centro Congressi Santo Volto © P. Garelli

Ringrazia poi nel campo della formazione la collaborazione con il settore della bioetica in particolar modo il professore Giorgio Palestro, Enrico Larghero e sua moglie Maria Grazia Sinibaldi e quanti lavorano in tale campo. E infine le tante realtà associative cattoliche del mondo della salute, le istituzioni, la Consulta diocesana della Pastorale e il Tavolo della Pastorale mentale e della disabilità, a tutti coloro che lavorano e collaborano per la diocesi e i suoi stretti collaboratori Ivan e Barbara e i volontari assidui dell’Ufficio Mariella, Antonietta e Mariapia.

 

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