«L’uomo fragile. La condizione umana tra resistenza e resa» è l’argomento del Convegno che si terrà sabato 26 ottobre, alle ore 9.00, presso il Centro Congressi Santo Volto di Torino.
Con la moderazione di Enrico Larghero (responsabile scientifico del Master universitario in Bioetica di Torino) saranno presenti: Giorgio Palestro (professore di Anatomia Patologica presso la Facoltà di Medicina dell’Università degli Studi di Torino, presidente del Centro Cattolico di Bioetica) che introdurrà il tema del convegno, Vittorino Andreoli (medico psichiatra, saggista e scrittore) con una lectio magistralis, Paolo Scquizzato (docente di Teologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano) con una relazione su «Elogio della fragilità. La prospettiva cristiana» e Pier Luigi Sommariva (scrittore).
Il professore Giorgio Palestro ci introduce in questo grande tema, rispondendo ad alcune domande.
Cosa si intende per fragilità umana e quali sono, secondo lei, le debolezze dell’uomo di oggi?
Nel corso della storia umana il concetto di fragilità ha subito notevoli mutamenti. Per un lungo periodo plurisecolare, l’uomo si era posto al centro della natura, di cui si sentiva possessore e dunque, in certo modo, dispoticamente padrone. Erano quindi le cose del mondo ad essere fragili, in quanto subordinate al volere dell’uomo. Ma lo sviluppo delle conoscenze, trasferite in strumenti d’uso sempre più complessi e sempre più difficili da regolare e controllare e. soprattutto, impossibili da dominare in modo individuale, che ha così caratterizzato “la modernità”, ha ribaltato i rapporti tra le “cose del mondo” e il potere dell’uomo. Si è instaurata così nell’uomo, e in modo sempre più marcato, una sensazione di debolezza, e quindi di fragilità di fronte alla complessità e alla impossibilità di dominio dei fenomeni di cui l’uomo stesso ha creato i presupposti.
Basti pensare allo scatenarsi di fenomeni naturali legati a una meteorologia fortemente condizionata dall’azione dell’uomo; alle tragedie delle centrali nucleari ,per inadempienza del controllo umano e così via.
Il dolore, l’angoscia e la solitudine sono alcune forme di sofferenza che l’uomo impara a conoscere fin da piccolo. Secondo lei, la sofferenza può rendere l’uomo fragile?
Se per lungo tempo l’uomo si è sentito il dominatore delle “cose del mondo”, non va dimenticata un’altra faccia della realtà: il dolore e la sofferenza, per lo più legati alla malattia hanno dominato a lungo la vita dell’uomo. Infatti, la povertà dei rimedi di una medicina rimasta molto povera di rimedi fino ai tempi moderni, ha imposto all’esistenza umana un forte senso di precarietà. Tuttavia, la percezione di fragilità legata a questa condizione, era vissuta in modo fatalistico, era cioè assai diversa rispetto alla condizione di fragilità, che è invece caratteristica del mondo attuale e che rende l’uomo fragile rispetto a un ambiente fortemente influenzato proprio dal potere umano, ma dal quale l’uomo stesso si sente schiacciato dall’impossibilità di dominarne gli effetti. E questa condizione diventa motivo di sofferenza spesso angosciante.
L’uomo fragile vive una povertà, sperimenta una incapacità. Il rischio dell’uomo è di arrendersi a una vita meno umana. Quale posto può assumere allora il valore della Gioia?
Neppure i sempre crescenti progressi delle scienze mediche e delle loro applicazioni, hanno attutito il senso di precarietà dell’esistenza umana. Infatti, se questi hanno consentito la soluzione di molti problemi patologici, favorendo così un progressivo allungamento della vita, molte altre malattie, sono potute emergere, creando una costante e crescente apprensione. Inoltre, come già accennato prima, molti altri motivi hanno contribuito a rendere l’uomo fragile di fronte alle condizioni della propria esistenza. A tutto questo si aggiunge la precarietà indotta dalla realtà di un ambiente sociale e di modelli di vita che hanno favorito condizioni di crescente egocentrismo ed egoismo e hanno indotto ritmi di vita talora parossistici. Questa realtà ha fatto affiorare condizioni di solitudine, isolamento, emarginazione, ha generato, come è di quotidiana constatazione, insoddisfazione, reattività violenta verso ogni situazione che si scosti da una realtà che molti vivono in modo virtuale, e che quindi non si vuole accettare. Crescono così, a scapito della gioia, insofferenza, insoddisfazione, depressione e, purtroppo, anche desiderio di fuggirne.
Il convegno è accreditato Ecm per tutte le professioni sanitarie. La quota di iscrizione è € 10,00 da versare il giorno del Convegno.
Per informazioni e iscrizioni:
Segreteria Organizzativa: dr.ssa Maria Grazia Sinibaldi
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La locandina del convegno
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