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No al linguaggio violento, sì all’educazione, responsabilità e sicurezza sui social: il tour per l’Italia della Polizia di Stato

03 Novembre 2021

Comprendere i diversi comportamenti sui social per saperli utilizzare in modo appropriato e saper riconoscere gli usi impropri: è l’impegno educativo della Polizia Postale e delle Comunicazioni, sempre aggiornato sui fenomeni più recenti di abusi e rischi sulla rete, che anche quest’anno viene portato alla conoscenza in numerose piazze italiane e incontra studenti in un percorso formativo iniziato mercoledì 3 novembre, in un autocarro per la didattica multimediale, che si snoda da Bologna a Roma dove si concluderà il 29 aprile 2022 lungo 73 tappe (le puoi seguire su facebook Una vita da social).

Il percorso itinerante, chiamato Una Vita da social, è alla sua IX edizione e si realizza tramite la collaborazione con il Ministero dell’Istruzione. Si vuol andare incontro quei giovani abilissimi nell’uso dei social ma che necessitano di consigli sui comportamenti di una “buona” navigazione responsabile e con un linguaggio, espressione di civiltà, e su come difendersi, ossia, «fare in modo che il dilagante fenomeno del cyberbullismo e di tutte le varie forme di prevaricazione connesse ad un uso distorto delle tecnologie, non faccia più vittime», afferma la Polizia di Stato.

Una campagna di sensibilizzazione che lo scorso anno ha riscosso successo tra gli oltre 2 milioni di studenti, in 18mila istituti in 350 città.

Troppo spesso parole con un carico di emotività, di violenza, di diffamazione si riversano nella comunicazione sui social che fa star male chi le riceve e chi le usa non è “un tipo forte, dominante” come pensa di apparire ma un individuo con fragilità il cui uso della violenza è solo una maschera dietro cui si nasconde; forse chi attacca gli vorrebbe in qualche modo assomigliare per carattere o semplicità, per cultura o livello di istruzione o per quella capacità di starci nella società con tutte le sue fragilità che sono presenti in ogni individuo.

Si rivolge non solo alle giovanissime generazioni ma anche ad insegnanti, genitori e persone adulte, perché come spiega ancora la Polizia di Stato, «capire i ragazzi oggi non è sempre per gli adulti compito agevole, soprattutto quando si tratta di comprenderne i bisogni, i modelli di riferimento, gli schemi cognitivi inerenti i diversi gruppi di riferimento che compongono il variegato universo giovanile».

La sicurezza on-line consente di poter fruire della rete in modo positivo, che arricchisce le relazioni tra le persone e il sapere. Purtroppo dai dati emersi da Scuola.net dai millennials e dalla Gen Z per la Polizia di Stato la realtà risulta ben diversa da quello che si vorrebbe vivere nella libertà con responsabilità:

  • 1 ragazzo su 3 oltre al proprio profilo social ha un account falso; sono circa il 28%, mentre il 5% utilizza un solo account falso.

Chi ha un’identità anonima è perché vuol conoscere gente nuova senza volersi esporre troppo (26%), oppure per controllare i propri amici senza che loro lo sappiano (21%) o per controllare quelli da cui hanno ricevuto il “blocco” (20%).

C’è anche chi vi ricorre per “spiare” il proprio partner (10%) o chi cerca di sfuggire dal controllo dei propri genitori (4%).

E su quel Mi Piace (i like) 6 su 1 sono legati al riscontro dei loro commenti, il 56% costruiscono condivisioni anche se la persona non ricambia e il 48% non vi ricorrono per ottenere un’approvazione.

redazione Bioetica News Torino
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