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95 marzo-aprile 2023
Speciale Pasqua 2023

Una medicina più umana, olistica ai tempi di una scienza medica sempre più tecnologizzata Il rischio di conoscere più la malattia e meno il malato in cura

Introduzione
a cura di Enrico LARGHERO

Per il 2023 il finanziamento per il Servizio Sanitario Nazionale, previsto dalla nuova legge di bilancio, aumenterà di 4 miliardi rispetto al 2022 raggiungendo così i 128 miliardi. A ciò si aggiungono le risorse del PNRR: 191,5 miliardi di euro da investire tra il 2022 e il 2026 dei quali 15,6 sono destinati alla Missione Salute.

Tali dati dimostrano come la salute sia ritenuta un bene primario da garantire a tutti i cittadini, a prescindere dal censo. Parallelamente si palesa quanto gli interessi economici che ruotano intorno a malati e malattie siano così cospicui da indurre a pensare la necessità di rivedere i parametri e la modalità della gestione delle risorse.


Negli scorsi decenni si è vista l’alternanza tra una Sanità incentrata sul territorio contrapposta ad una visione ospedalo-centrica, ad una perenne tensione tra pubblico e privato. Tuttavia, oltre tali strutturazioni organizzative, la svolta deve anche essere probabilmente di tipo culturale. La tecnologia esasperata, la burocratizzazione estrema, la medicina cosiddetta difensiva, allontanano il medico dal paziente e rischiano di creare un clima che alimenta la sfiducia e probabilmente anche i costi.

Occorre ripartire da una Medicina dal volto umano in grado di cogliere le più autentiche istanze dei pazienti, approdando ad una narrazione che possa confluire nella vera ed autentica alleanza terapeutica.


Le società occidentali hanno trasformato, anche in ambito medico, quelli che erano desideri in bisogni e poi in diritti con la conseguenza che le spese per l’assistenza sanitaria raggiungono ormai cifre da capogiro. Le scuole di medicina si basano sulle scienze sviluppando una forte fede nel progresso e sul razionalismo forte delle risposte esatte, mentre per le scienze umane è provata avversione, frustrazione, arbitrarietà, soggettività.

La scienza medica odierna, nonostante i suoi risultati, genera scontento nei medici e nei pazienti

Gli studenti imparano la comunicazione, la professionalità e l’empatia solo come strumenti necessari al lavoro medico. Dove i dati di laboratorio e strumentali sono sufficienti per la diagnosi, il racconto del paziente è eliminato. Solo i risultati oggettivi e l’esperienza tecnica definiscono la qualità. La parte umanistica è presa in considerazione solo se si correla agli esiti. Preminente è la concezione fisica della medicina, limitata al materialismo e cioè alla tesi che ogni cosa è fisica e deriva esclusivamente dalla necessità e non dalla libertà mentre l’egemonia della scienza è inattaccabile.

Il paziente è un corpo fisico-chimico da riparare e l’apoteosi è rappresentata dalla genomica, proteonomica, metabolomica, interattomica. La medicina attuale è riduzionista e utilizza, delle quattro cause aristoteliche (materiale, formale, efficiente e finale) solo quelle materiale ed efficiente. La cura clinica è invece un compito morale, finalistico e normativo; si dovrebbe quindi creare una nuova filosofia della medicina fondata sul presupposto che la cura deve rivolgersi a tutto l’uomo e non solo al suo corpo fisico.

La critica maggiore che i vecchi clinici fanno ai giovani medici è di conoscere molto bene le malattie ma poco i malati e come fare a curarli, spesso non riuscendo più a capire quale sia il loro compito e quali gli obiettivi. È per questo che, spesso, sia i medici sia i pazienti, sono insoddisfatti dell’attuale medicina e sembrano auspicare un ritorno a una medicina più umana. La medicina moderna è sempre più focalizzata sulle cose che vanno male nel nostro corpo o che andranno  male. Invece dobbiamo chiederci quali condizioni richiedono di essere trattate e quali no perché considerate normali.

Gran parte della confusione attuale, riguardante gli obiettivi medici, è perché, in una società pluralistica, abbiamo  paura di essere chiari circa i nostri valori e cerchiamo di limitarci ai fatti che, secondo la visione Humeana, non esprimono valori. In questa epoca, che appartiene ormai alla post modernità, è invece evidente che una medicina basata su fatti, da sola, non può funzionare. La maggior parte delle decisioni mediche coinvolgono valori umani che devono sempre essere tenuti presenti al fine di gestire correttamente i fatti. In un mondo in continuo cambiamento, con scelte sempre più complesse, abbiamo bisogno di rivedere e magari aggiornare i valori in grado di influenzare la pratica medica.

Il rischio di una medicina solo oggettiva

Fino a pochi anni orsono, parlare di filosofia in ambito medico era ritenuto tempo perso e di nessuna utilità. Oggi invece si assiste al ritorno di tale esigenza, dove anche la filosofia deve trovar posto nella medicina e nella cura dell’uomo malato. Le controversie circa valore, conoscenza, evidenza, giudizio, rettitudine, etica e politica, rendono necessaria una nuova riflessione sulla natura della ragione pratica e della scienza. La cosmologia della medicina moderna è caratterizzata dalla progressiva alienazione del paziente nell’esperienza della sua malattia.

Nell’Ottocento la cosmologia medica era al letto del paziente con una visione olistica e focalizzata sul singolo paziente. La diagnosi era estrapolata dal racconto del paziente sulla sua malattia e dall’esperienza del medico nell’interpretare segni e sintomi. Nel XIX secolo una nuova cosmologia ha portato al declino della storia del paziente focalizzandosi sull’anatomia patologica e sulla malattia come lesione d’organo, avviandosi verso una medicina oggettivamente e fisicamente orientata (paziente oggetto di studio all’interno dell’ospedale).

All’applicazione della statistica al caso singolo si aggiunge una medicina in cui il paziente diventa una serie di parametri laboratoristici e strumentali normali o alterati. La conoscenza medica odierna è fisica, riduzionista, statistica, basata sulle prove (EBM), scarsamente orientata alla narrazione del paziente. Noi, sia come medici sia come pazienti, entrambi parte di un mondo che cambia, dobbiamo definire i concetti di salute e di malattia e, come soggetti autonomi, negoziare gli obiettivi e le motivazioni della terapia. Deve rinascere l’interesse verso una filosofia della medicina che sia interdisciplinare e coinvolga nella riflessione: filosofi della scienza, bioeticisti, umanisti, storici, sociologi, biologi, statistici, esperti in neuroscienze e scienze cognitive. In questi incontri si dovrebbe rispondere a vecchi e nuovi interrogativi: chi è l’uomo medico e l’uomo paziente? Cosa intendiamo salute e la malattia? La medicina è una scienza? Che cosa significa “causa” nel processo della conoscenza medica? La visione riduzionista deve associarsi a una visione olistica? Qual’è il rapporto medico paziente? Quali le visioni post moderne della medicina?

Queste riflessioni sono indispensabili se si vuole evitare che la medicina diventi preda della tecnologia, dell’informatica e dell’intelligenza artificiale in cui prevarrà la cura della malattia e non più del malato, dove i medici saranno sostituiti da ingegneri e tecnici della salute e la relazione tra “persone” si ridurrà a un flebile lumicino.


Note
  • Ringraziamo il direttore Alberto Riccadonna per la pubblicazione dell’articolo uscito su La Voce e il Tempo, Le malattie sono molto conosciute ma quanto si conoscono i malati?  di M. Mariatti,  19 marzo 2023, pp. 27

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