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100 Dicembre 2023
Speciale La famiglia: tra ieri, oggi e domani

Vittorino Andreoli, Insieme si vince

In un contesto sempre più segnato dal pragmatismo e dall’utilitarismo, dove le leggi del mercato si antepongono a qualsiasi tentativo di comprensione dell’umano in quanto tale, dove qualsiasi forma di imperativo categorico kantianamente inteso vertente alla salvaguardia della persona fa fatica ad imporsi… E’ appunto in tale contesto che si inserisce l’ultima fatica di Vittorino Andreoli, ulteriore perla del suo appassionato tentativo paragonabile ad un diadema avente come scopo e obiettivo quello di decifrare quel magnifico mistero che è l’umano. 

Andreoli è un uomo di scienza. Ha passato la sua intera esistenza a studiare quella che gli psicologi comportamentisti hanno definito con la locuzione black box. Gli approcci delle neuroscienze hanno aiutato a comprenderne il funzionamento, operando e adottando le giuste e sacrosante riduzioni e generalizzazioni tipiche del procedimento scientifico. Passi in avanti nella comprensione e nella cura delle disfunzioni cerebrali ne sono stati fatti. Ma rimane sempre qualcosa che eccede, che ricade nell’ineffabile. Il tutto, l’intero è maggiore della somma delle singole parti, affermano gli esponenti della scuola della Gestalt. 

In cosa consisterebbe questa eccedenza? Questo surplus che distinguerebbe gli esseri umani dagli altri esseri viventi?

La risposta, secondo Andreoli, non può che essere scorta nel nostro cervello: la plasticità neuronale, ossia la capacità intrinseca delle nostre cellule cerebrali di modificare sia  strutturalmente sia biologicamente la propria struttura di fronte all’interazione con l’ambiente.

La natura, l’encefalo, che si forma e si plasma attraverso la cultura. Il genotipo che si evolve in fenotipo cavalcando la specificità dell’umano inteso quale organismo relazionale. 

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A dispetto di quanto detto da Charles Darwin che vedeva la mente umana come uno strumento funzionale alla sola sopravvivenza della specie, alla lotta evolutiva e alla selezione naturale, Andreoli propone nella sua analisi un recupero di quella che è la vera predisposizione della natura dell’uomo: il fatto di essere una creatura costitutivamente relazionale. A differenza delle altre specie, le quali sono dotate geneticamente di un corredo genetico che le predispone sin da subito ad una relativa autonomia che le permette di sopravvivere, l’uomo, sin da quando lascia il grembo materno, si immerge nella natura proponendosi come una sorta di grido di aiuto, che vede nella presenza dell’altro e degli altri una condizione necessaria per la propria esistenza. L’altro come oggetto relazionale, posto per un soggetto che ha nell’apertura e nell’accoglimento dell’altro la propria strutturazione sia biologica sia psicologica.

Ai tempi di Darwin, come anche di Freud (altro autore chiamato in causa da Andreoli, e del quale ne è un profondo conoscitore), l’idea di un cervello plastico non era stata contemplata. Bioligismi e determinismo psichico erano due porti sicuri per gli uomini di scienza, alla ricerca di risposte ultime e definitive vertenti ad esplicare il complesso funzionamento umano.

Andreoli, invece, vede in questa meravigliosa caratteristica del nostro encefalo, la plasticità, la tendenza che la natura umana ha di adattarsi non solo come risposta istintiva avente come mero scopo la sopravvivenza e la salvaguardia della trasmissione della specie, ma come una specie di meta biologia e meta psicologia (e direi meta fisiologia) che ha come scopo quello di creare un contesto in cui la relazionalità, la cooperazione volta a soddisfare le caratteristiche del bene comune (della specie umana in quanto tale) sia qualcosa che è inscritto nel DNA di ognuno. Ed essendo qualcosa di geneticamente predestinato, ne conseguirebbe che andare contro questa nostra natura relazionale significherebbe andare contro la nostra stessa natura.

Come non citare i famosi neuroni a specchio, quelli che sono stati definiti da alcuni neuroscienziati come la possibile spiegazione neurofisiologica della compassione?

Cum – patire: provare emozioni assieme. Evolversi assieme. E’ tutto inscritto nella nostra biologia. Seguendo ciò, semplicemente,porta il genere umano a cooperare e ad evolversi al meglio delle sue capacità. Capito questo… Insieme si vince.

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