Il termine “genere” è usato abitualmente per individuare sia cose, animali e persone che hanno in comune proprietà analoghe (specie, razza e simili), sia per distinguere tra il maschile e il femminile. Negli ultimi tempi però è stato impiegato nella versione inglese “gender” per indicare la percezione che le persone hanno di sé, non in base al dato biologico (come si è per natura), ma in riferimento a componenti psicologiche, sociali e comportamentali. Questo modo di intendere ha le sue remote origini nelle rivendicazioni dei movimenti femministi e omosessuali che hanno lottato nell’era della postmodernità per l’affermazione dei loro diritti vilipesi. Fu però il sessuologo John William Money nel suo libro Man & Woman, Boy & Girl (1972), a ipotizzare che non esistono nel corpo programmazioni predeterminate, ma solo predisposizioni che, grazie agli stimoli esterni (educazione e condizionamenti sociali), permettono l’acquisizione degli specifici ruoli maschile e femminile. Cercò di testare nella pratica la sua teoria. Il 27 aprile 1966 accadde, infatti, che ad un bambino di 8 mesi, durante un maldestro intervento per correggere una fimosi, fu accidentalmente bruciato e staccato il glande. A un anno dall’incidente, il Dr. Money con la sua equipe asportò i testicoli e avviò la femminilizzazione chirurgica e ormonale del soggetto sorretto dalla convinzione che con un’appropriata educazione, il malcapitato potesse percepirsi senza problemi femmina. L’ipotesi del Dr. Money, alla prova dei fatti, naufragò ben presto. Verso gli 8 anni la “bimba”, chiamata Brenda, evidenziò una psicologia maschile (usava mitragliatrici giocattolo, orinava in piedi e aveva altri atteggiamenti decisamente maschili). Attorno ai 16 anni si decise di cambiare percorso ponendo interventi di tipo mascolinizzante. A questo punto fu chiamato David. Divenuto adulto, il 22 settembre 1990 si sposò con Jane Fontaine che aveva già tre figli. Il suo equilibrio psico-fisico, come si può evincere dal libro As Nature Made Him: The Boy Who Was Raised as a Girl (2000), era però ormai devastato e si suicidò all’età di 38 anni. Ciò nonostante, il libro di Money divenne un best seller utilizzato come manuale nelle migliori università e la sua teoria ha continuato a raccogliere proseliti.
Questa concettualizzazione ha rappresentato un’opportunità per il femminismo nella convinzione che respingendo il determinismo biologico, si possa liberare la donna dal ruolo gregario cui è stata sottoposta per troppo tempo. È altrettanto utile per la componente omosessuale perché favorisce la gestione di una sessualità polimorfa non più oppressa dalla convinzione che debba emergere costantemente il sistema sociale binario aperto alla riproduzione. Ben presto questa nuova accezione del termine gender è stata assunta finanche dalla politica risolutamente determinata a riconoscere a livello legislativo la parificazione dei diritti delle donne a quelli degli uomini. Ne sono prova le quattro conferenze mondiali sulle donne promosse dall’O.N.U. tra il 1975 e il 1995 che ebbero il pregio di ribadire la pari dignità dei sessi e di bandirono ogni forma di discriminazione, ma favorirono anche un nuovo generale sentire che portò alla graduale minimizzazione dei termini paternità e maternità preferendo l’indetermina to “genitorialità”, l’equiparazione delle unioni omosessuali ai matrimoni eterosessuali e la possibilità di concedere alle coppie gay l’adozione di bambini.
Mentre la politica compiva questi passi, i teorici della gender theory introdussero la cosiddetta “decostruzione del genere”. Judith Butler, filosofa post-strutturalista statunitense, ebbe un ruolo importante nella promozione di questo ulteriore passaggio. Nella sua ampia produzione letteraria ha sostenuto che il genere sia un fantasioso “artificio fluttuante” che deve contrapporsi alla fissità sessuale per promuovere il vagare nomade tra i diversi generi. È ciò che si propongono di fare le teorie queer, versione estrema della gender theory. Il neologismo queer è ricavato dalla lingua inglese e significa “strano”, “eccentrico”, “insolito”. Un termine pressoché analogo (quer) è presente anche nella lingua tedesca e significa “di traverso”, “diagonalmente”. È detto “termine ombrello” perché si riferisce a diverse teorie che hanno come minimo comune denominatore la normalizzazione di tutto ciò che è considerato fuori dal comune nella sfera della sessualità. Quanti si riferiscono alle teorie queer, infatti, possono essere lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, travestiti, intersessuali, ecc. Hanno in comune l’obiettivo di favorire un clima di tolleranza smantellando ogni differenza e promuovendo l’equivalenza di ogni espressione sessuale e ogni opzione di genere. Hanno anche il desiderio di ridisegnare il corpo. Emblematico è al riguardo il caso di Thomas Neuwirth, cantante austriaco che si è presentato per alcuni anni con il suo vero nome, ma nel 2011 ha deciso di esibirsi nelle vesti di drag queen, termine inglese che indica attori e cantanti transgender che si presentano al pubblico con evidenti connotati maschili (ad esempio la barba), ma indossano abiti femminili. Ha assunto da quel momento lo pseudonimo di Conchita Wurst. Ancor più emblematico è il caso di Vinn Ooh, venuto alla ribalta sui quotidiani italiani nel marzo 2017. È un giovane poco più che ventenne che si è sottoposto ad un centinaio di interventi chirurgici per sembrare sempre più ad un alieno genderless (senza genere).
La scrittrice Marguerite Peeters ha precisato che «un individuo che si dichiara queer ha scelto di vagabondare al di fuori di se stesso; erra continuamente da un genere all’altro, secondo le circostanze, la casualità degli incontri, degli sviluppi sociologici, delle sue aspirazioni». La queer theory si sta facendo strada anche a livello giuridico. In Australia, ad esempio, una legge promulgata nel 2011 è arrivata a proporre ben 23 generi, spesso di difficile qualificazione (maschi e femmine, omosessuali e lesbi che, transessuali, intersex, androgini, agender, crossdresser, ecc.).
Susy Zanardo, docente di Filosofia morale presso l’Università Europea di Roma, ha osservato che il secondo obiettivo che le teorie queer perseguono è quello di superare «le frontiere fra naturale e artificiale, corpo e macchina, verso una soggettività post-umana potenziata – nelle sue coordinate sensoriali e percettive – da protesi tecnologiche». Questa cultura, rifiutando l’idea di identità e promuovendo un vissuto anarchico/antisociale, ben si coniuga con le espressioni più estreme del transumanesimo. È un modo di pensare che stravolge non solo il tradizionale impianto concettuale della morale della vita fisica, ma anche le basi della più recente disciplina bioetica, sorta al tempo della postmodernità e riflettente le nuove problematiche derivate dai conflitti sociali e dal pensiero debole di questa recente fase della cultura umana.
La Congregazione per l’educazione cattolica ha redatto nel 2019 su queste questioni un documento intitolato Maschio e femmina li creò. Il testo si propone di mettersi in ascolto e di ragionare su queste modalità di percezione della realtà sessuale nella convinzione che il dialogo «appare come il percorso più efficace per una trasformazione positiva delle inquietudini e delle incomprensioni in una risorsa per lo sviluppo di un ambiente relazionale più aperto e umano». Al di là di ogni riduzionismo ideologico o relativismo omologante, invita altresì le istituzioni educative «a trasformare positivamente le sfide attuali in opportunità, percorrendo i sentieri dell’ascolto, della ragione e della proposta cristiana, nonché testimoniando con le modalità della propria presenza la coerenza tra le parole e la vita». è un percorso non facile ma necessario. In questo marasma di opinioni nuove e per tanti versi sconvolgenti, animati da un sano rispetto per le opinioni altrui, le diverse componenti della comunità cristiana possono far sentire la loro voce – come asserisce l’Esortazione Apostolica Amoris laetitia – senza rinunciare a «insegnare un percorso sulle diverse espressioni dell’amore, sulla cura reciproca, sulla tenerezza rispettosa, sulla comunicazione ricca di senso». Tutto questo, infatti, prepara ad un dono di sé integro e generoso che si esprimerà, dopo un impegno pubblico, nell’offerta dei corpi».
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