dal trailer: Black Mirror – White Christmas (Channel 4 tv britannica) su <https://www.youtube.com/watch?v=TDFcTmdQqIcl>
Valerio Sammario, Specchio riflesso. Il Natale secondo Black Mirror. Z-Eyes, cookies, “blocchi”: la serie di Charlie Brooker riparte da White Crhistmas. Paradossi di un’epoca che qui in Italia “osserviamo solo virtualmente?, in www.cinematografo.it, 19 dicembre 2014
Ci occupiamo raramente di televisione. Quando accade, il più delle volte, lo facciamo (anche ciclicamente, soprattutto sulla Rivista del Cinematografo) per tentare di approfondire gli innumerevoli aspetti che riguardano l’ormai sconfinato universo delle serie tv, fenomeno che negli ultimi anni ha cambiato radicalmente le abitudini di fruizione anche nel nostro paese.
Neanche a dirlo, i titoli di maggior successo, le storie più o meno “lunghe” che riescono a radicarsi nell’immaginario collettivo, provengono in larga parte dagli States, anche se, va detto, negli ultimi tempi chi sembra davvero centrare ogni colpo è l’Inghilterra di Utopia (delirante, irresistibile, cancellata per i pochi ascolti, ma se David Fincher è in rampa di lancio per dirigerne la versione USA qualcosa vorrà pur dire…), di Broadchurch (dal 5 gennaio al via l’attesa seconda stagione), di The Missing (terminata da poco la prima stagione, 8 episodi ad altissima tensione, al centro del plot la sparizione di un bimbo durante le vacanze estive in un paesino francese), dell’infinita (speriamo) Downton Abbey (la sera del 25 dicembre si avvicina e, con lei, l’agognato “Christmas Special” della quinta stagione), di numerose e mutevoli miniserie, da What Remains a Inside Men, da From There to Here alla gallese Hinterland.
Il caso forse più eclatante, dal 2011 a oggi, rimane però quello dell’antologica Black Mirror, le cui prime due stagioni (3 episodi ciascuna, ognuno slegato dagli altri e autoconclusivo) sono arrivate anche in Italia nel 2012 e nel 2013 grazie a Sky Cinema.
Quello che fino a quel momento era – almeno da noi – un fenomeno di nicchia, appannaggio di internauti e apostoli del peer to peer, si è trasformato in breve tempo in un altro fenomeno (una nicchia più ampia, diciamo), alimentato in larga misura anche dall’impatto “social“ della visione che, ed è qui il grande punto di forza della creatura di Charlie Brooker, prende proprio spunto dalle “connessioni” attuali per amplificare distopicamente le derive di un mondo in cui i benefici della tecnologia finiscono inevitabilmente per deformare la nostra esistenza, a causa di un utilizzo distorto e sempre più invasivo.
L’ultimo esempio è nel nuovo episodio della terza stagione (ancora da definire i prossimi due capitoli), lo special White Christmas andato in onda su Channel 4 lo scorso 16 dicembre: due sconosciuti (Jon Mad Men Hamm e Rafe Spall) chiusi dentro una piccola baita sperduta con intorno solamente metri di neve che, il giorno di Natale, decidono finalmente di raccontarsi reciprocamente quali fossero le loro vite prima di finire laggiù…
Capolinea di una società che 1) attraverso gli Z-Eyes ha trasformato la vista in un flusso condiviso, che 2) attraverso il “cookie” è in grado di trasferire letteralmente la nostra mente, rinchiudendola in una stringa di codice per poterla replicare all’infinito e trasformarla nel nostro “servitore” più affidabile e che 3) attraverso il “blocco” ci consente di rendere “sagoma indistinta” chiunque desideriamo (un po’ come accade sui vari social, in fondo), magari semplicemente perché non vogliamo più avere nulla a che fare con lui (e renderci la stessa identica cosa ai suoi occhi), la baita diventa microcosmo temporaneo in cui i due uomini tornano ad affidarsi “semplicemente” alla parola. Ammesso che anche quel luogo non sia un terrificante artificio della mente…
Ora, al netto di qualsiasi considerazione di merito (questo capitolo ha delle vette incredibili, ma nel complesso è forse meno scioccante di The National Anthem, il primo della prima stagione, e di White Bear, il secondo della seconda), resta viva l’innegabile virtù di Black Mirror, quella di fornire una sorta di estensione all’oggi proiettandoci in un domani che è già ieri.
Un paradosso estremo, che non teme di confrontarsi con le crescenti inquietudini di natura etica legate alla tecnologia, ma che continua a sollevare dibattiti e curiosità. Un paradosso ancor più grande, poi, se si pensa che stiamo parlando di un prodotto realizzato per un canale della tv di stato, l’equivalente del nostro “servizio pubblico”. Sarebbe possibile solo lontanamente ipotizzare un’operazione simile da parte della Rai?
La domanda, apparentemente retorica, poggia invece su un altro paradosso, stavolta – almeno per chi scrive – abbastanza eclatante: solamente qualche giorno fa è stato reso noto che in Italia “quasi” 22 milioni di persone non hanno mai usato Internet. Alla luce di questo dato la risposta alla domanda di poc’anzi avvalorerebbe senza difficoltà la componente retorica della stessa.
Poi ci facciamo un giro sulla pagina Facebook di Black Mirror e scopriamo che l’Italia è in assoluto il secondo paese per numero di like (4.184), dietro la Spagna e prima di Regno Unito e Stati Uniti. C’è qualcosa che non torna. Un paradosso che, un giorno, chissà, magari ci spiegherà lo stesso Charlie Brooker. Specchio riflesso.
© Bioetica News Torino, Febbraio 2015 - Riproduzione Vietata