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63 Novembre 2019
Mini Dossier. Fine vita: tra eutanasia e cure palliative

Il Libro «Potere computazionale. L’impatto delle ICT su diritto, società, sapere» di Durante M. »

L’interesse verso l’intelligenza artificiale e lo sviluppo di nuove tecnologie è cresciuto in modo esponenziale, soprattutto negli ultimi dieci anni. Pare quasi che non esista tema più attuale e urgente. La produzione letteraria in tal senso è estremamente vasta, così come numerosi sono i convegni e le conferenze organizzati intorno a questo argomento.

Tuttavia, è necessario sottolineare che l’idea di intelligenza artificiale sta modificandosi ed evolvendosi in modo decisivo. Come afferma Massimo Durante nel libro Potere Computazionale. L’impatto delle ICT su diritto, società, sapere, edito da Meltemi, si sta assistendo a un «progressivo spostamento dall’idea d’intelligenza artificiale a quella di Artificial Agency. […] Difatti, non si tratta più di concepire l’intelligenza artificiale a partire dall’inveterato riferimento alla capacità di riprodurre o emulare il funzionamento della mente umana quanto piuttosto a partire dalla capacità di agire in base a una certa rappresentazione della realtà, vale a dire alla capacità di processare la quantità e la tipologia di dati di cui si serve tale rappresentazione».

Il potere computazionale espresso dall’uomo, per mezzo del quale egli decide e agisce nel mondo, si sta dunque sostanzialmente separando da quello espresso dalle macchine, alle quali viene assegnato il gravoso compito di rendere più agibile all’essere umano una realtà sempre più meccanicizzata e, in definitiva, sempre meno umana. L’uomo si è visto dunque defraudato della sua centralità nel mondo, non possiede più il pieno controllo della realtà. Scrive Durante: «la rivoluzione, basata sul potere computazionale, è soprattutto una rivoluzione del quotidiano: tanto più profonda, inosservata e diffusa quanto più investe la trama delle nostre abitudini e pratiche consuete, cioè, le nostre forme di vita. Come tutte le grandi rivoluzioni, si sedimenta nella vita di ogni giorno ed è soprattutto a questo livello che i suoi effetti meritano di essere studiati e valutati».

Si tratta senza dubbio di una questione delicata, dal momento che non ci limitiamo a delegare alle macchine decisioni e compiti pratici ma anche epistemici: algoritmi informatici selezionano per noi notizie riguardo al mondo che ci circonda, orientano le nostre scelte di consumo, delineano la nostra personalità, propongono soluzioni intelligenti a vari problemi, modificano la nostra stessa memoria e percezione della realtà. La tecnologia plasma e ridisegna l’ambiente in cui viviamo.

Appare, dunque, chiara la difficoltà del governare tali forme di intelligenza artificiale. Colui che più sa, detiene il potere. Questo è il fondamento della modernità. «Il potere computazionale è la nuova forma del potere», asserisce Durante, «non sono i dati il nuovo petrolio ma il potere computazionale. Questa forma del potere non soppianta quelle precedenti (come il potere economico, politico o informazionale), ma conferisce loro nuovi strumenti e modalità di espressione». Tale rivoluzione – che Luciano Floridi, citato dall’autore, chiama “Quarta rivoluzione” – potrebbe favorire il miglioramento diffuso delle condizioni di vita oppure, al contrario, portare a un «rafforzamento delle condizioni di partenza (per cui il ricco diventa più ricco e il povero più povero), con un esito sostanzialmente antidemocratico o quantomeno controverso e problematico».

Con il passare degli anni, afferma Durante, il legame tra l’intelligenza umana e quella artificiale sarà sempre più flebile. Le macchine svolgeranno sempre meno la funzione di aiuto all’uomo nella decodifica della realtà, e avranno il potere di agire direttamente su di essa, di modificarla. Ecco, dunque, che l’intelligenza artificiale diventa una forma dell’agire. Scrive l’autore: «l’azione sta persino al di sopra della forza e si sostituisce al pensiero e alla parola, che sono sinonimi dell’intelligenza umana».

Altra importante questione presentata da Durante è il deficit nella capacità di attenzione prodotto dalla società della (sovra)informazione alimentata dalla rete Internet. «Nell’attuale società dell’informazione, in cui la comunicazione è diventata ubiquitaria e la condivisione di informazioni incessante, la risorsa più preziosa è diventata l’attenzione. Tanto più preziosa quanto più rara. Ciò che infatti si lamenta è che la velocità e la frammentazione della comunicazione in rete impediscano o diminuiscano la capacità di attenzione e concentrazione delle persone». Il cyberspazio avrebbe contribuito, quindi, non a renderci più stupidi ma più superficiali. È dunque necessaria un’alfabetizzazione digitale che ci permetta di essere più consapevoli delle potenzialità e dei pericoli della rete, preservando le nostre capacità critiche e analitiche. È doveroso, a questo punto, citare il capitolo «Verità e Fake News», in cui l’autore rivaluta inaspettatamente il valore di quelle “notizie false” oggi al centro di numerosi dibattiti non solo televisivi. «Nell’analisi del problema delle fake news si è posta grande enfasi, comprensibilmente, sul tema dell’attendibilità», scrive Durante, «ma trascurando in tutto o in parte quello della rilevanza delle notizie. Ciò ha creato un’ingiustificata delimitazione del problema, alla quale occorre porre rimedio». Paradossalmente, afferma l’autore, la capacità informativa di un enunciato falso può essere superiore a quella di un enunciato vero. La spiegazione di tale assunto sta tutta nella differenza tra verità e distanza dal vero: «Mentre la verità esprime una certa corrispondenza» afferma l’autore, «tra il contenuto di un’informazione e uno stato del mondo, la distanza dal vero misura piuttosto la capacità di un enunciato di approssimarci a uno stato del mondo, vale a dire alla conoscenza di una situazione che è stata assunta come target, come obiettivo rilevante, della comunicazione di cui si è parte». Talvolta può accadere, dunque, che una notizia vera sia più lontana dalla realtà rispetto a una falsa.

Il bombardamento di notizie e la conseguente sovrainformazione rientrano, chiaramente, tra i maggiori pericoli della società odierna; ma occorre ricordare, tra una battaglia di pensiero e l’altra, − e qui risiede il problema più grande e più vero − che l’uso consapevole e ragionato degli strumenti informatici non porta sempre con sé risultati positivi, mentre il loro cattivo utilizzo comporta inevitabilmente risultati negativi.


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DURANTE M.

Potere computazionale

L’impatto delle ICT su Diritto, Società, Sapere

Collana «Filosofia delle Scienze e dintorni»
Meltemi, Sesto San Giovanni (Mi) 2019, pp. 398
€ 18,00

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