Solitamente siamo portati a pensare che una persona, in particolare qualcuno specializzato in un particolare campo scientifico, se tenta di avventurarsi in una disciplina diversa sia inevitabilmente condannato al fallimento o, nel migliore dei casi ad un risultato mediocre. Fortunatamente ci sono casi come questo che smentiscono facilmente un assioma tanto frettoloso. Parliamo infatti di due romanzi (e non trattati specialistici di medicina) scritti da due medici: Marcello Montanaro, medico specialista in oftalmologia, e Franco Testore, primario di oncologia.
Medicina e letteratura. Due discipline che quantomeno il pensare comune situa agli antipodi, ma il risultato di una così strana accoppiata è tutt’altro che mediocre. Due libri molto diversi, ma in fondo accomunati dal comune intento di illustrare attraverso una storia le mille sfaccettature della vita umana.
La rinuncia1 (questo il titolo del libro di Marcello Montanaro) è una storia d’altri tempi, non solo perché il romanzo è ambientato nel 1847 alla vigilia della prima guerra d’indipendenza Italiana. È in realtà l’intera vicenda ad avere un tono manzoniano, ricco di ideali che forse il mondo di oggi si è un po’ dimenticato o quanto meno ha seppellito sotto la patina “barluccicante” di temi più sensazionali e ad effetto.
Il protagonista della vicenda è Gerolamo Machetti, ufficiale medico dell’esercito piemontese, nel pieno di una giovinezza straripante condivisa con altri tre giovani ufficiali, compagni nella difficile avventura della vita. Gerolamo però nutre anche un grande amore verso Maria Luisa. Un amore che imporrà al nostro protagonista scelte decisive per la propria esistenza, mentre sullo sfondo incombe l’ombra nera della guerra.
In questo romanzo ci sono tutti gli elementi per appassionare il lettore. Una storia di ideali nobili e al contempo umani e concreti, considerazioni esistenziali sulla giovinezza, sulla vecchiaia e sull’amore vero e disinteressato. Vi si trovano anche gli orrori e le violenze delle battaglie e l’impotenza dell’uomo di fronte all’arte mefitica della guerra. Vi è però un tema particolare che colpisce il lettore, quello che richiama il titolo stesso del romanzo: la rinuncia.
Una rinuncia che non è però accettazione passiva di un destino ineluttabile, ma piuttosto l’accettazione attiva di un compito, sì imposto e non scelto, ma ricco di una libertà data dall’affrontare a viso aperto le situazioni più difficili. Un tema forse inattuale, ma che ci ricorda il valore del sacrificio in un mondo contemporaneo che troppo frettolosamente l’ha dimenticato.
Il secondo libro Il Bacialè2, scritto da Franco Testore sotto lo pseudonimo di Fermo Tralevigne, come scrive l’autore nella dedica, è dedicato alle persone qualunque, alle persone “normali”, che vivono una vita fatta di sacrifici e piccole gioie quotidiane.
L’ambientazione sono le Langhe degli anni sessanta del Novecento, luoghi dove il cambiamento e la modernità arrivano lentamente e altrettanto lentamente fanno breccia nelle abitudini degli abitanti del paese (inventato) di Borgoriondo nella “Valnisòla”.
Il protagonista della storia è il maresciallo Scacella, carabiniere calabrese trasferito al Nord, il quale si trova quasi per caso a rivestire un ruolo molto diverso da quello istituzionale: il “bacialè”, ovvero il “combinamatrimoni”. E sono proprio il maresciallo e sua moglie Ottavia con la loro attività parallela a dare il via al giallo che si dipana lungo l’intero arco narrativo e, che attraverso i racconti dei personaggi della vallata, ci regala un affresco di un Piemonte rurale e contadino.
Un libro però che non rimpiange il tempo passato ma regala una “sana nostalgia” per le cose belle ormai irrimediabilmente tramontate e che molti lettori, già un po’ datati, ricorderanno con affetto. Così troviamo le prime avventure verso il mare dei contadini piemontesi, lo stupore degli abitanti per gli animali esotici acquistati dalle famiglie più abbienti e le avventure del parroco “alternativo” alla ricerca di un lavoro per mantenere la parrocchia.
Ma proprio perché questo libro racconta la normalità degli abitanti delle Langhe, non tace sulla durezza della vita contadina e sulla condizione dei più deboli, soprattutto le donne spesso costrette a subire soprusi e angherie, le quali porteranno a tragiche conseguenze. Dunque un libro agrodolce, un po’ Guareschi e un po’ Fenoglio, che racconta la quotidianità della vita, e ci ricorda, attraverso i pensieri del maresciallo Scarcella che ogni giorno nonostante le disavventure e i dolori c’è sempre una ragione per vivere.
Bibliografia
1 MONTANARO M., La rinuncia, Collana «Felesie», Pintore, Torino 2011, pp. 264
2 TRALEVIGNE F., Il bacialè, Fermo Tralevigne, 2011, pp. 249
© Bioetica News Torino, Settembre 2013 - Riproduzione Vietata