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21 Luglio Agosto 2014
Speciale Vita prenatale: Inizio di un viaggio

IV. Pma e implicanze psico-fisiche. Ricadute bioetiche

VITA PRENATALE: INIZIO DI UN VIAGGIO

Procreazione medicalmente assistita e implicanze psico-fisiche
Ricadute bioetiche

di don Mario Rossino*

 

Le due relazioni che abbiamo ascoltato costituiscono uno sguardo scientificamente fondato e spassionato, perciò onesto, nell’universo della vita prenatale sia sotto il profilo biologico e istologico-organico, sia sotto il profilo psicologico.
Il mio intervento vuole semplicemente essere un’introduzione alla discussione che seguirà, focalizzando, alla luce delle due relazioni, alcune questioni che dal punto di vista bioetico fanno sorgere interrogativi.

 

1. I dati scientifici relativi alla vita prenatale del “concepito” umano

 

1.1. Per quanto riguarda il profilo biologico e istologico-organico, l’esistenza di un meccanismo informativo, che inizia a operare nell’embrione umano subito dopo la formazione dello zigote, è ormai acquisizione consolidata. Questo sistema informativo è rappresentato dal genoma.

La scienza moderna ha però messo a fuoco il concetto di modulazione esterna sui fattori genetici, dimostrando quanto sia grande e varia l’influenza dei fattori esterni ai geni sull’espressività funzionale dei geni stessi, fattori la cui azione è stata definita come “epigenetica”.1

Ma quando inizia l’ambiente ad operare epigeneticamente sulla biologia genomica? Solo a partire dalla nascita, quando l’individuo si inserisce nell’ambiente?
La risposta corretta, l’abbiamo sentito, non può prescindere dal considerare come “elemento ambiente” anche le delicate interazioni che si realizzano nello stretto rapporto materno-fetale (biochimico prima dell’impianto e anche istologico-organico dopo l’impianto). Tali interazioni, come afferma il professor  Giuseppe Noia:

«esprimono la più completa forma di relazionalità che possiamo leggere con metodologie scientificamente corrette nell’ambito della fecondità umana […] L ’essere umano è relazionato sin da subito e, addirittura, una relazione biologica/biochimica/ormonale è alla base della sua entrata nell’esistenza» 2.

 

1.2. Per quanto poi riguarda il profilo psicologico, negli ultimi decenni gli studi scientifici sul feto hanno permesso di verificare che la vita uterina è il momento fondamentale per il costituirsi della personalità, dimostrando come il feto sia un essere che psicologicamente ed emotivamente elabora tutto ciò che percepisce. Durante il periodo intrauterino c’è un’attività neuro-psicologica raffinata ed una continua crescita del cervello, non solo per sviluppo fisiologico, ma anche per le stimolazioni che il feto riceve e che determinano il formarsi della sua esperienza3.

Molteplici studi hanno sottolineato, come il feto sia influenzato dagli stati emotivi materni. I ricercatori stanno da anni studiando e sperimentando l’esistenza di un rapporto simbiotico tra lo stato emotivo materno e quello fetale. Non sono soltanto i geni a trasmettere i tratti ereditari dei genitori, ma anche le ripercussioni delle loro vicende spirituali ed emozionali. Il mondo intrauterino ha il potere di modellare e segnare la vita psicologica ed emotiva del nascituro.

Ciò significa che durante la gestazione il feto è continuamente interessato da flussi esperienziali che vanno a formare e a costituire il suo Io. Ogni momento della vita fetale può essere considerato come un particolare “stato dell’Io”.4

La vita umana non è dunque una tabula rasa che si riempie e si modella solo a cominciare dalla nascita. Questo modellamento avviene fin dalla vita intrauterina. Il piccolo nasce già provvisto di un bagaglio esperienziale.

 

 

2. L’attuale medicina procreatica di fronte ai dati scientifici relativi alla vita prenatale del “concepito” umano

È dunque dimostrata la natura relazionale del bambino prenatale verso l’interno e verso l’esterno, nonché la sua capacità di adattamento creativo all’ambiente. La vita intrauterina è il primo modello di vita relazionale. Anzi, come ha sostenuto il professor Gino Soldera, oggi, alla luce dei dati emersi dalla ricerca, si può affermare che il periodo della gestazione è senza ombra di dubbio il più importante nella vita di una persona. Nel grembo materno, infatti, non solo si forma l’organismo, con il suo temperamento, ma avviene anche la prima opera di prevenzione e di promozione della salute nell’essere umano, tanto che le esperienze vissute dal nascituro in questa fase rimarranno impresse e nascoste nell’inconscio per tutta la vita.

E la dottoressa Clementina Peris, da parte sua, ha affermato che buona parte di un sano invecchiamento comincia nell’utero, tanto che lo stato di una placenta alla nascita è in grado di predire il futuro benessere o meno metabolico e cardiovascolare per tutta la vita.

Cercando ora di avviare un confronto tra l’attuale medicina procreatica e i dati scientifici riguardanti il relazionarsi del concepito umano, vorrei fare alcune osservazioni generali, per poi soffermarmi su alcune pratiche specifiche della medicina procreatica.

2.1. Per quanto riguarda le osservazioni generali, sembrerebbe facile dedurre che, grazie alle conoscenze scientifiche relative alla vita prenatale, il concepito umano vada accolto fin da subito con la disponibilità e il rispetto con cui lo accogliamo neonato nove mesi dopo. Invece, in particolare attraverso la medicina procreatica, l’atteggiamento con il quale ci rapportiamo al bambino prenatale sembra piuttosto sulla linea del dominio, del diritto del più forte nei confronti del più debole.

L’embrione è sempre più un “prodotto”, un “oggetto” utilizzato nell’ambito delle tecnologie riproduttive e della ricerca scientifica. Tutto l’ambito della procreatica si connota come un agire che prevede, come ovvietà, la sovrapproduzione di embrioni per il miglior esito della fecondazione in laboratorio (Bayle 2009; Testart 1992); la loro selezione, il loro utilizzo come mezzo a beneficio di altri esseri umani.

Nascono domande quali:

– Che uso abbiamo finora fatto e facciamo del dato scientifico sulla vita prenatale, che afferma la relazionalità biologica e psichica (fin da subito) del concepito e quindi la non indifferenza in rapporto all’ambiente in cui viene concepito? È un uso, non dico eticamente, ma scientificamente corretto?

– Che significato assumono i nostri atteggiamenti nei confronti del bambino prenatale decisi esclusivamente in base alla possibilità tecnica e legittimità giuridica?

– Come mai, nonostante le affermazioni presenti in abbondanza nella letteratura scientifica sia in ambito di sviluppo biologico sia in ambito di sviluppo psichico, ancora stentiamo a riconoscere nel bambino prenatale un bambino a tutti gli effetti?

2.2. Passando ora dalle osservazioni generali a quelle più circostanziate su alcune pratiche specifiche della medicina procreatica, vorrei soffermarmi sulla fecondazione in vitro e crioconservazione, come pure sulla maternità surrogata.

2.2.i. A proposito di fecondazione in vitro e crioconservazione

a. Per quanto riguarda il profilo biologico-organico

Ogni embrione e feto, osservava la dottoressa Peris, possiede un elevato livello di plasticità epigenetica nella vita intrauterina. Questo processo epigenetico avviene ad alto costo, comunque a un costo più elevato, se la gravidanza insorge in seguito ad applicazione di tecniche di fecondazione artificiale.

Gli esperti ci dicono che alterazioni epigenetiche possono insorgere dalla tecnica in sé della fecondazione in vitro (la coltura in vitro, la sua durata, la composizione dei terreni di coltura).
Altri sostengono che la morbilità perinatale presente in eccesso nei nati da fertilizzazione in vitro è dovuta sia all’ambiente fetale post-impianto che risente dello stress legato al processo di fecondazione in vitro, sia allo sviluppo embrionale in coltura pre-impianto, nella fase in cui cioè i gameti e gli embrioni, sottostando alla riprogrammazione epigenetica, sono più sensibili a una sregolazione dovuta a danni ambientali. La coltura in vitro danneggia l’embrione.

Tenuto conto di tutti questi elementi, possiamo chiederci: che applicazione trova qui il principio di precauzione? E quanto si tiene conto del dato scientifico relativo all’incidenza sul concepito del contesto prenatale?

b. Per quanto riguarda il profilo psicologico

Quanto influenza lo sviluppo mentale del concepito la fecondazione in vitro o la conservazione dell’embrione in stato di congelamento? E quanto è influente il contesto carico di tensioni vissute dai genitori che si sottopongono agli accertamenti per la diagnosi dei problemi di infertilità e a tutte le procedure stressanti che sono necessarie per la fecondazione artificiale (Bayle 2005 trad. it.)5?

Sono noti da tempo i traumi psicologici che possono pesare sul “figlio sostituto” (concepito per prendere il posto di uno appena perso). I dinamismi psicologici del sopravvissuto sembrano interessare molte situazioni di soggetti nati da concepimento in vitro dopo tentativi ripetuti (ogni volta segnati da molti embrioni introdotti nel corpo materno e abortiti); di soggetti a conoscenza dell’esistenza di altri embrioni-fratelli conservati in vitro e che mai nasceranno; di soggetti nati da gravidanze plurigemellari seguite da aborto selettivo. Il motivo per cui il bimbo è concepito risulta quanto mai importante e ben analizzato in questi casi nelle sue conseguenze negative, ma di questo motivo oggi quanto teniamo conto?

 

2.2.ii A proposito di maternità surrogata

Quanto la maternità surrogata influenza lo sviluppo mentale o la strutturazione della personalità? Non c’è solo il problema della rottura del rapporto alla nascita, ma anche quello della relazione durante la gravidanza con una madre “estranea”, a fronte del fatto che nella gravidanza l’immagine del bambino si afferma progressivamente nello psichismo materno e contribuisce a creare uno spazio mentale specifico per il bimbo che nascerà.

Questa evoluzione nella psiche della donna è complessa e passa da un lato attraverso la tensione a comprendere i bisogni del bambino e a rispondere ad essi, dall’altro attraverso l’accettazione del processo ch’essa deve sopportare per l’invasione da parte del piccolo del suo spazio fisico e mentale per la sua crescita nell’organismo materno.

Quanta comprensione per i bisogni del bambino e quanta tensione a rispondervi ci può essere in una gestante che sa che tra lei e il bambino tutto finirà al momento del parto? E quanto ci può essere di accettazione accogliente ad essere invasa fisicamente e mentalmente dal nascituro in crescita?

 

3. A proposito delle raccomandazioni di Vienna sulla vita prenatale (2002)

Le raccomandazioni di Vienna sulla vita prenatale sono 11. Tra i giudici costituzionali, tra il personale medico e paramedico, nei vari centri di fecondazione artificiale, tra la magistratura, tra chi detiene il monopolio culturale sui media, tra gli ecclesiastici (di ogni ordine e grado) quanto circolano e suscitano riflessioni almeno queste 4 delle 11 raccomandazioni:

3. Favorire la consapevolezza che i problemi che prendono forma nel corso del primo sviluppo hanno degli effetti costosi per la società, mentre le misure preventive sono particolarmente economiche.

4. Rendere consapevoli che la vita individuale ha inizio prima della nascita e che le esperienze prenatali influenzano lo sviluppo successivo.

5. Accrescere la consapevolezza che la prevenzione dei traumi precoci è un prerequisito importante per la formazione di una società pacifica.

9. Ri-stabilire il vero valore della gravidanza e della nascita.

 

4. Conclusione

Non so, se della medicina procreatica attualmente in auge possiamo e potremo andare fieri. Pare tutta proiettata a “produrre” concepiti purchessia, piuttosto che a curare l’ambiente ottimale per il loro sviluppo.

E la ragione c’è pure: se non si sorvolasse sulla loro relazionalità, non li si potrebbe trattare come si fa e cioè come oggetti inanimati: “materiale biologico” si dice.


* Prof. don Mario Rossino
Docente emerito di Teologia Morale Speciale presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale
– Sezione di Torino
Presidente del Master Universitario in Bioetica della medesima Facoltà
Direttore del Centro Cattolico di Bioetica dell’Arcidiocesi di Torino

Note bibliografiche

1 Questo termine fu coniato nel 1942 dal biologo Conrad Waddington (1905-1975) che la definì: «la branca della biologia che studia le interazioni causali fra i geni e il loro prodotto e pone in essere il fenotipo»

2 NOIA G., Aspetti fisiologici e patologici delle interazioni madre-feto, su www.noiaprenatalis.it, <http://www.noiaprenatalis.it/scienza-e-bioetica/33-aspetti-fisiologici-e-patologici-delle-interazioni-madre-feto.html> (10.07.2014)

3 Cfr. PIONTELLI A., «Dal punto di vista del feto. Brevi appunti su uno studio osservativo della gravidanza e del periodo post-natale», in AMMANITI M. (a cura di), La gravidanza tra fantasia e realtà, Il Pensiero Scientifico, Roma 1992; RIGHETTI P.L., Elementi di psicologia prenatale, Edizioni Magi, Roma 2003, pp. 29-33

4 Cfr. RIGHETTI P.L., Elementi di psicologia prenatale, p. 63

5 BAYLE B., L’embryon sur le divan. Psychopathologie de la conception humaine, Masson, Paris 2003, trad. it. L’embrione sul lettino. Psicopatologia del concepimento umano, Koinè, Roma 2005, pp. 72-73

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