Attraverso un processo di immedesimazione nell’arte la poeta Margherita Guidacci e il pittore Francesco Tabusso ci introducono alla Crocifissione di Grünewald, nel rinascimento tedesco. Guidacci sosta a contemplare l’opera, come i monaci ed i malati nel Cinquecento di Isenheim. A contatto con l’arte, di fronte al polittico, è presa da una vertigine che muta in versi, sconvolta dalla bellezza di quel “crocevia di tenebre”. Anche il pittore Tabusso guarda al polittico, instaura e mette in scena la relazione particolarissima, da pittore a pittore, con l’artista, Mathis, come confidenzialmente lo chiama e che percepisce contemporaneo. Osserva, ripensa e dipinge Grünewald che dipinge con la tavolozza dei colori. Immagina i modelli pronti a comporre la scena, come attori pronti ad entrare in azione, focalizza alcuni dettagli e li estrapola in primi piani. Trasforma il dramma nella contemporaneità fiabesca e nell’eco della devozione popolare con interpretazione di sereno distacco.
L’arte osserva l’arte e ripensa tutto il dolore del mondo dipinto da Grünewald, ritratto nella ripugnanza del male e salvato nella luce della Resurrezione.
«A questo crocevia di tenebre
Davanti a noi sorgi tremendo,
albero secco, stadera
che reggi il gran corpo inerte.»
(MARGHERITA GUIDACCI, Crocifissione in L’altare di Isenheim 1 )
Immedesimarsi con poesia
Il crocevia di tenebre è la notte nera pensata in versi dalla poeta Margherita Guidacci immaginando la Crocifissione del polittico di Grünewald 2. E’ la percezione che penetra chi sosta a contemplare l’opera del rinascimento tedesco realizzata per i monaci antoniani ed i malati nell’altare maggiore della cappella ospedaliera di Isenheim. Il crocevia di tenebre della scena, su cui la croce si staglia, è spezzato dall’urlo “perché?” che squarcia il bilico tra speranza e fede. Perché il male, il pianto innocente, la sofferenza? Nel corpo piagato di Cristo si riflettono i corpi malati dell’ospedale del monastero a Isenheim e scaturisce una meditazione. Margherita Guidacci, di fronte al polittico, scorge attorno all’incrocio dei legni della croce, oltre lo spazio ed il tempo, le “assi cartesiane della vita e della morte” 3.
Dallo sfondo nero affiora il corpo di Cristo, segnato da lividi, tagli, grumi di sangue e verdognolo. La perfezione artistica si innesta nella perfezione reale del dolore espressa nell’iconografia di Cristo in croce. Grünewald esaspera la visione del dolore nella raffigurazione spietata della crocifissione. Qui Cristo esposto è reso uomo torturato nel corpo, presentato nella carne già in stato di decomposizione, non condivide la bellezza delle forme classicheggianti delle pale d’altare del primo decennio del Cinquecento e di artisti come Raffaello e Michelangelo. Devozione, fede, potenza terapeutica e taumaturgica si incontrano nel contatto con una bellezza cruenta e capace di generare immedesimazione. Nel corpo straziato c’è l’eloquenza del dolore, calata in un’atmosfera cupa e inquieta, e al tempo stesso nel percorso del calvario appare il presagio verso la salvezza. Si congiungono la realtà cruda del patimento e quella profetica, di cui è memento la mano del Battista, predittiva della redenzione annunciata verso l’avvento della Resurrezione 4.
Le figure di Grünewald appaiono sulla scena con dimensioni diverse, quasi regolate dalla loro importanza, come nel principio dell’arte antica e medioevale. Giovanni con la veste vermiglia regge Maria. Il rosso del manto dell’apostolo contrasta il bianco del volto e della figura della Madonna. La Madre ha forme candide e fragili e le mani rigide pietrificate dal dolore dell’animo che raggela il corpo. Davanti a Maria una figura piccola inginocchiata, la Maddalena, ha le mani giunte e sollevate verso la croce, ed è immagine di supplica e forma del dolore umano.
Dalle mani di Cristo rivolte al cielo, trafitte dal chiodo e dipinte nella rigidità della morte, si apre il grido straziato. Il grido, che fissa la scena e risuona nel paesaggio scuro, impietrisce la Madre, Giovanni e la Maddalena e delimita in basso nei loro gesti tutto il dolore umano. E’ il grido che si fa parola e poesia:
In basso, fatto roccia in tre figure,
tutto il dolore umano 5.
Nella notte disperata del verso di Margherita Guidacci, nel crocevia di tenebre che contiene tutta la sofferenza del mondo, nel buio assoluto attorno alla croce già si radica il senso della vittoria sulla morte e il preludio della luce della Resurrezione. Dal lato opposto della croce Grünewald dipinge l’agnello mistico nel suo candore ed il Battista annunciatore di vita e salvezza.
Rapita dalla visione del polittico, Guidacci trova nella scrittura il modo per rielaborare e restituire l’intensa esperienza emotiva avuta di fronte all’opera di Grünewald 6. Effettua una riconsacrazione della vita attraverso la meditazione sulla morte e lo fa guardando all’intreccio di realismo e spiritualismo.

L’incontro d’arte con Mathis ai piedi della croce
Come Margherita Guidacci, così il pittore Francesco Tabusso incontra Grünewald 7. La dimensione fiabesca e naturale della pittura di Tabusso si confronta con quella antitetica e tragica dell’artista di Isenheim. In un processo di trasferimento all’interno della scena, Tabusso nell’incontro a Colmar, rapito dal paesaggio, dalla natura, si pensa osservatore dell’azione pittorica di Grünewald. Lo scruta per le strade, nell’atto di dipingere, di osservare i modelli e di comporre la scene. Lo rappresenta ai piedi di quella croce in un’azione di immedesimazione che lo coinvolge internamente. E’ un dialogo quello che intesse Tabusso con l’artista del rinascimento tedesco, Mathis, come confidenzialmente lo chiama. La relazione si sviluppa attraverso il processo di osservazione e immedesimazione dentro l’opera.
La Crocifissione da Grünewald appartiene al ciclo pittorico composto da circa 40 opere, realizzato tra l’estate del 1973 e l’inizio del 1976 e indicato “Omaggio al maestro Mathis” 8. Presentato in mostra a Colmar, a Milano e a Torino tra il 1976 e il 1977. Dirà Tabusso, specificando il processo di ideazione dell’Omaggio, “ho cominciato col fare una prima Crocifissione ma mi è sembrato che costituisse una copia, non dico fedele, ma comunque troppo aderente, al grande quadro” 9. Da queste riflessioni e ripensamenti, l’artista ha così mutato la prospettiva di relazione con l’arte cinquecentesca di Isenheim, ambientando l’omaggio “non tanto nelle immagini stesse di Grünewald, quanto nelle espressioni della sua vita ed attraverso i suoi quadri” 10.
Le opere di Tabusso rappresentano l’incontro, non scontato e imprevedibile, tra la dimensione drammatica e tragica di Grünewald e la serena e fiabesca natura compositiva di Tabusso. I dipinti sono lontani dall’essere copie del polittico, o suoi dettagli, perché Tabusso non vuole imitare o presentare un ripensamento accademico di un modello. Si pone come testimone, anch’egli presente sul luogo, intento a guardare Mathis mentre lavora.

Dal dramma alla fiaba di un testimone contemporaneo
Realizza un uomo con la barba e lo inserisce come ritratto del maestro di Colmar, colto mentre è in azione, provando ad immaginare i momenti in cui l’artista ritraeva i personaggi. Tabusso procede nell’azione di immedesimazione osservando il maestro, mettendo in scena Mathis mentre cammina per le vie di Colmar, si relaziona coi modelli-personaggi e crea l’opera. Tabusso entra nel contesto e nel clima, vi partecipa e in questa azione di penetrazione, come all’interno di un’azione teatrale, estrapola particolari e dettagli. Richiama l’artista, i personaggi e i dettagli delle scene nella contemporaneità, in un incontro “tra contemporanei”, dà vita ad una corrispondenza tra pittore e pittore.
“Ho collocato paesaggi reali tra colline e montagne di mia invenzione; poi ho dipinto i personaggi che frequentano il mio studio, come se si trovassero nello studio di Grünewald; ho colto gli stimoli e ho interpretato gli insegnamenti ed i messaggi poetici ed artistici del capolavoro di Isenheim, decantando ed armonizzando un insieme di sensazioni talvolta complesse per giungere, infine, alla pienezza dell’Omaggio al Maestro Mathis” 11.
L’incontro con Mathis è scoperta e genera l’omaggio, il ripensamento delle scene e dei particolari determinando un racconto in pittura, di ambienti e dettagli, di impronta fiabesca e di scoperta dei sensi, di echi di devozione popolare. “Alcune volte è Grünewald stesso che posa davanti al cavalletto di Tabusso, come per una foto ricordo, insieme con la modella della sua Santa Elisabetta o della vergine della sua Annunciazione” osserverà Luigi Carluccio, storico e critico d’arte, nel presentare l’esposizione di Tabusso a Colmar 12.
Con animo fanciullo osserva Grünewald, guarda ed entra nell’atelier dell’artista, in modo mai superficiale, lo pensa e si immagina tra pennelli, le tele e tra i modelli. Documenta le fasi del lavoro pensandosi in modo fantastico in quel tempo e spazio e richiamandolo all’oggi. Ne ricompone un reportage di ciò che vede: dipinge Mathis, focalizza in primi piani alcuni dettagli del polittico, come la purezza dell’ampolla della Natività, il corvo che porta il pane nelle Tentazioni di Sant’Antonio. Omaggio e devozione sono resi nella propria personale interpretazione, lasciando la tragicità e il dolore al maestro. Tabusso evoca l’emozione percepita, con serenità distaccata, entrando nella scena della Crocifissione, aggirandosi ai piedi della croce nel buio angoscioso della notte e della morte, ripensando ai soggetti, alle pose, ai vestiti, agli oggetti come al vaso degli unguenti posto vicino alla Maddalena e al corpo piagato di Cristo. Osserva e guarda il volto della pallidissima Madre e del figlio di Dio, come su un palcoscenico, tra gli attori di una sacra rappresentazione, poi se ne fa interprete restringendo il campo a quello che avviene ai piedi della croce tra le piaghe del corpo ed il mancamento che cattura i presenti. Tabusso sembra pensare, profondamente mediato dalla sua particolarissima dimensione incantata, a tutto quel dolore inserendo un diaframma quasi pacificato nella visione della scena. Il cruento è mitigato quasi sublimato nella messa in scena.
Per entrare maggiormente nell’arte e nella poetica di Francesco Tabusso parliamo con Paola Tabusso, nipote dell’artista e responsabile dell’Archivio Tabusso.
INTERVISTA A PAOLA TABUSSO
D. Tabusso ci riconsegna la sua partecipazione all’atto pittorico di Grünewald con uno stile lieve e fantastico. Il dramma umano e il sacrificio sulla croce possono essere visti anche con l’animo fanciullo e non perdere di intensità?
R. L’immediatezza della pittura di Tabusso non deve confondere lo spettatore: la sua interpretazione del tema della Crocifissione è frutto di un appassionato studio e analisi del capolavoro del Maestro tedesco. Tabusso ci restituisce nelle sue opere quella drammaticità visionaria con cui Grünewald ha affrontato temi di carattere religioso. “Come la Divina Commedia”, gli disse un giorno Felice Casorati, “che era letta dal popolano e dal filosofo e ognuno dei due poteva trarre dalle stesse parole un diverso piacere e un diverso insegnamento: così deve essere la vera pittura. Semplice e complicata insieme”.
D. In paesaggi fiabeschi, mescolando dettagli e oggetti profani Tabusso affronta nei suoi soggetti il tema del sacro. La spiritualità, il senso della vita e del sacro come abitano l’arte di Tabusso?
R. Tutta la pittura di Tabusso è attraversata da una certa idea di sacro: innanzitutto il sacro che abita il susseguirsi delle stagioni, la vita contadina, ma anche la ferocia di cui a volte è capace la natura. Nel corso della sua carriera Tabusso ha manifestato una particolare affinità ai temi agiografici: su tutti ricordo lo straordinario ciclo pittorico Il Cantico delle Creature per la Chiesa di San Francesco al Fopponino a Milano (realizzata negli stessi anni del ciclo Omaggio a Grünewald); e ancora nella prima metà degli anni Novanta, Tabusso si è cimentato in diverse opere di carattere religioso: oltre ai piloni votivi dislocati lungo antiche vie di transito e pellegrinaggio in Val di Susa, ha affrescato il presbiterio del santuario della Madonna della Bassa a Rubiana, testimonianza del suo appassionato interesse per le immagini di devozione popolare, da cui ha sempre tratto lezioni di freschezza e semplicità espressiva.
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Cristo nel polittico di Isenheim ha i segni delle torture ed il corpo piagato. La violenza è consegnata in tutta la sua crudezza e repellenza, ma Grünewald non vuole allontanare, cerca di consolare, di avvicinare a tutto quel dolore del mondo. Guarda ai monaci e ai malati dell’ospedale monastico di Colmar, accoglie il malato piagato, dando forma alla sofferenza del figlio di Dio e svelandone il senso nella Resurrezione. Mette in atto nella pittura un realismo, che va oltre la realtà, capace di muovere un senso di devozione e pietà negli osservatori, di scorgere il senso di quel male.
Tabusso osserva, ripensa e dipinge Grunewald che dipinge con la tavolozza dei colori. Lo immagina arrivare a Isenheim, immagina i modelli pronti a comporre la scena, come attori pronti ad entrare in azione, richiama in primo piano i dettagli. Un’azione di riappropriazione del rinascimento artistico di Mathis, mediata dalla messa in scena del dolore del mondo, sempre e immutato. Non copia Grünewald, non attua la finzione, si riflette nel sentire. Altra mano e altro linguaggio sono qui presenti, c’è il sogno, la fiaba, una poesia lieve e serena che stempera il buio e l’intensità dell’immedesimarsi, del contemplare, del vedere negli occhi di chi vedeva e dipingeva.
La poeta Margherita Guidacci e il pittore Francesco Tabusso sono attorno alla croce. L’arte osserva l’arte e ripensa tutto il dolore del mondo, ritratto nella ripugnanza del male e salvato nella luce della Resurrezione da Grünewald.
«I quadri devono essere miracolosi […]
Il quadro deve essere […] per chiunque altro
ne farà esperienza più tardi, una rivelazione,
una risoluzione inattesa e inaudita
di un bisogno eternamente familiare». Mark Rothko 13
1 I versi sono tratti dal poemetto L’altare di Isenheim, di Margherita Guidacci (1921-1992), pubblicato nel 1980 ed. Rusconi dopo un soggiorno a Colmar. L’incontro con il polittico di Grünewald determinò nell’autrice una forte impressione e immedesimazione generata dall’esperienza emotiva.
2 Polittico di Isenheim, 1512-1516, olio e tempera su tavola, dipinto del pittore tedesco Mathis Neithardt Gothart detto Matthias Grünewald proveniente dal Monastero di Sant’Antonio di Isenheim, ora conservato nel Musée Unterlinden di Colmar, Francia. Insieme all’artista Nicolaus di Haguenau, a cui è attribuita la parte scolpita, Grünewald realizzò l’opera che decorò l’altare maggiore della cappella dell’ospedale del monastero fino alla Rivoluzione francese. I monaci si prendevano cura dei malati piagati dall’ergotismo, fuoco di Sant’Antonio. Il polittico è costituito da doppi sportelli mobili a battenti con entrambi i lati dipinti. Nel pannello centrale del lato esterno è raffigurata una Crocifissione con i Santi Sebastiano e Antonio ai lati, e una Deposizione nella predella. Nella facciata interna si trova la Natività al centro e ai lati l’Annunciazione e la Resurrezione. Due sportelli più esterni mostrano i Santi eremiti: Antonio e Paolo da un lato e le Tentazioni di Sant’Antonio dall’altro. https://webmuseo.com/ws/musee-unterlinden/app/collection/expo/34?lang=en
3 M. Guidacci, L’altare di Isenheim, Rusconi 1980 cit
4 Giovanni Battista con l’indice della mano fa cenno alla Crocifissione e alla scritta “Illum oportet crescere me autem minui” “è opportuno che Egli cresca e che io diminuisca” (Gv 3,30)
5 M. Guidacci, L’altare di Isenheim cit
6 Ne darà testimonianza la psichiatra e psicoanalista Graziella Magherini nel libro La Sindrome di Stendhal. Del malessere provato da Guidacci alla vista dell’altare di Isenheim riferisce indicando la “sindrome di Stendhal”, disturbo individuato e analizzato da Magherini nel 1977 e generato dal contatto estetico con l’opera d’arte. G. Magherini, La sindrome di Stendhal, Milano 2003, pp. 9-11.
7 Il pittore Francesco Tabusso (1930-2012) fu allievo di Felice Casorati. L’esperienza artistica del pittore è documentata nella collezione della Pinacoteca comunale “Francesco Tabusso” a Rubiana TO, inaugurata nel 2016, composta da un centinaio di opere di artisti contemporanei piemontesi attivi dal secondo dopoguerra ad oggi. https://www.archiviotabusso.it/ https://www.pinacotecatabusso.it/
8 Grazie all’Archivio Francesco Tabusso è stata possibile la consultazione di articoli e documenti sull’artista e sull’Omaggio a Grünewald ai fini della redazione di questo articolo. L’Archivio Francesco Tabusso è un’associazione culturale senza scopo di lucro, costituita per iniziativa della famiglia dell’artista nel 2013, conserva il fondo documentario e la biblioteca che attestano l’attività del pittore.
F. Tabusso, Omaggio a maestro Mathis, mostra presentata tra il 1976 e il 1977 a Milano, Torino e ancora prima a Colmar, la città che custodisce l’altare di Isenheim.
Francesco Tabusso « Hommage à Grünewald », Colmar, Salle du Koïfhus, 20-28 marzo 1976 Catalogo, testo di F. De Poli.
F. Tabusso, Omaggio a maestro Mathis, Milano, Galleria Gian Ferrari, 12 ottobre – 10 novembre 1976 Catalogo, testo di F. De Poli e rassegna stampa Colmar 1976.
F. Tabusso. Omaggio a Grünewald e opere recenti, Torino, Galleria d’Arte La Bussola, dal 22 marzo1977. Catalogo, testo di G. L. Luzzatto
Veronica Cavallaro, Nell’atelier di Tabusso: tra culto delle scienze naturali e un appassionato dialogo con i grandi maestri, tratto dal Catalogo ragionato dei dipinti di Tabusso
9 Sergio Grandini, A colloquio con Francesco Tabusso, in Arte, marzo 1977, p. 45, da Archivio Tabusso
10 Sergio Grandini cit., p. 45
11 Sergio Grandini cit., pp. 45-46
12 Luigi Carluccio, Dipingere un pittore, in Gazzetta del popolo, 25 marzo 1976
13 Mark Rothko, Scritti sull’arte 1934-1969, Donzelli 2007. Il volume raccoglie gli scritti di Mark Rothko, artista insigne del XX secolo, e testimonia l’itinerario artistico dal debutto nel 1934 alla morte. Contiene lettere agli amici pittori, memorie di viaggio, riflessioni sull’arte, sul mondo dei mercanti e dei critici d’arte. Emergono così desideri, idee che connotano la personalità artistica di Rothko nella pittura del Novecento. E’ l’autore della cappella Rothko di Houston, in Texas, una cappella aconfessionale decorata con i suoi dipinti che invitano alla contemplazione e alla meditazione.
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