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9 Maggio 2013
Supplemento In tempo di crisi... Sanità tra territorio e ospedali

Come sopravvivere in tempo di crisi… insieme ai nostri pazienti

Dottore  Franco Testore

In un tempo di crisi come quello attuale, in cui si perdono molte certezze, e spesso sembra molto difficile mantenere la consapevolezza del concetto di solidarietà umana, è possibile e doveroso continuare a intendere la professione sanitaria come servizio e tutela del diritto alla salute.

Questa idea si deve tradurre in una pratica clinica quotidiana basata su alcuni principi precisi:

– Non dimenticare mai il contratto di alleanza che stipuliamo con i pazienti
– Considerare che ogni singolo paziente ha il suo problema di salute, e lo vive, inevitabilmente, come unico
– Considerare che i pazienti hanno il diritto acquisito (spesso pre-pagato) e inalienabile di essere  curati adeguatamente
– Considerare e perseguire, nella pratica clinica quotidiana, tutte le innovazioni scientifiche e tecnologiche che possono consentirci di recuperare efficienza organizzativa
– Mantenere una visione umanistica del nostro approccio ai problemi organizzativi della sanità pubblica

Si tratta dunque di una complessa rete di rapporti tra persone umane, in cui le conoscenze scientifiche, in costante evoluzione, devono essere la base per un percorso di salute sempre più ritagliato sulle effettive necessità dei pazienti; le priorità devono essere decise in base alla gravità dei problemi di salute e al loro impatto sul contesto sociale, ma sempre in una visione solidale della sanità, in cui chi cura sia innanzitutto capace di interpretare le aspettative di ciascun paziente, e di tradurle in decisioni coerenti ed equilibrate.

Soprattutto, chi cura deve acquisire e mantenere la capacità di ascoltare le persone, di parlare con loro e di spiegare a ciascuno, in modo comprensibile, quali sono i problemi e quali possono esserne le soluzioni; oppure, se la soluzione (la guarigione dalle malattie) non è realisticamente possibile, accompagnare comunque il paziente nel suo percorso di vita con empatia e dignità.

È possibile evitare di considerare il paziente, fin dall’inizio, come il contenitore di una malattia e come una fonte di spesa sanitaria?

Innanzitutto, dovremmo sempre ricordare, nella nostra quotidianità professionale, un aforisma di un anonimo medico del XVI secolo, che recitava: « […] il ruolo del medico è a volte guarire, spesso dare sollievo, sempre dare conforto […]» , pensiero che sottolinea come dare conforto sia comunque un obiettivo ragionevole, importante, che consente di mantenere la sintonia tra noi e i nostri pazienti, anche quando guarirli non sia possibile, e dare loro sollievo sia difficile.

Negli anni più recenti abbiamo assistito a una notevole accelerazione dei progressi della Ricerca Scientifica oncologica, grazie a una più precisa comprensione dei meccanismi biomolecolari dell’insorgenza e della progressione delle neoplasie; ciò ha consentito di avere a disposizione terapie diverse dalle precedenti, che agiscono sulle cellule neoplastiche con meccanismi d’azione mirati a interferire con processi metabolici o meccanismi proliferativi (targeted therapies) più specifici di quanto potesse fare la chemioterapia.

Si tratta di terapie che non hanno la possibilità reale di eradicare una neoplasia metastatizzata, ma che possono contribuire a cronicizzarla, migliorando in modo significativo l’aspettativa di vita di una parte consistente dei pazienti; oppure, se aggiunte ai trattamenti precauzionali postoperatori già in uso in precedenza, possono aumentare la probabilità di evitare le recidive della neoplasia.

La tabella successiva mostra il miglioramento dell’aspettativa di vita dei pazienti con carcinoma del colon metastatizzato, grazie alla disponibilità di terapie sempre più efficaci nel controllo della proliferazione neoplastica.

 

Riprodotto da “The Wellness Community”,  da «Frankly speaking about  colorectal cancer» ( scaricabile in  ppt da http://medicine.yale.edu/cancer/patient/support/library/90443_Colorectal-Cancer-Wellness-Ta…    fonte http://www.yalecancercenter.org)

Il problema emergente è però costituito dal costo elevato delle terapie a bersaglio molecolare, dovuto principalmente al diritto di brevetto che le Aziende Farmaceutiche fanno valere per ripagarsi dei costi elevati della Ricerca nello sviluppo dei farmaci stessi.

Quando si affronta questo problema, inevitabilmente ci si addentra nella discussione sulla sostenibilità della spesa sanitaria e sociale per le cure, ma credo che non si debba mai dimenticare come il valore della vita umana sia, di principio, non negoziabile; semmai, e doverosamente, dobbiamo costantemente interrogarci sul reale impatto delle nuove terapie sulla salute e sulla qualità di vita dei pazienti, rispetto alle terapie precedenti, rapporto che non è sempre così favorevole da obbligarci a scegliere di principio una nuova terapia; questa è una tentazione in cui una parte dei medici cade spesso, mettendo in atto una propria idea di presunta onnipotenza terapeutica e non confrontandosi in modo ragionevole e concreto con la realtà.

Occorre dunque avere sempre ben presente un problema essenziale: esistono limiti etici nella prescrizione di terapie potenzialmente efficaci?, considerando che la prescrivibilità di una terapia non è sempre sinonimo di appropriatezza nella prescrizione.

Quando siamo di fronte alla necessità di decidere se proporre a un paziente un trattamento per una neoplasia avanzata e non guaribile, dovremmo sempre riuscire a fare correttamente le considerazioni seguenti:

– I trattamenti precedenti hanno causato tossicità severe, e le stesse sono regredite?
– Si tratta di una malattia responsiva o refrattaria ai trattamenti precedenti?
– Si è verificata una progressione della malattia durante la precedente linea di     trattamento o entro tre mesi dalla sua conclusione?
– Si sta verificando un progressivo peggioramento delle condizioni fisiche del paziente?
– La neoplasia è estesamente metastatizzata, dunque difficilmente controllabile?
– È ragionevole oppure eticamente scorretto prevedere una terapia a tempo indeterminato fino all’evidenza di progressione della neoplasia (in altre parole, dobbiamo aiutare il paziente a vivere oppure solamente a sopravvivere)?

Ma non sempre la risposta a questi quesiti è semplice e lineare, soprattutto quando ci troviamo a fronteggiare situazioni cliniche complesse, in pazienti giovani e inevitabilmente legati a una possibile prospettiva di vita.

In altre parole, è ragionevolmente possibile individuare un limite tra l’accanimento terapeutico e la scelta di molte linee di terapia, ciascuna in assoluto poco efficace, ma che nel complesso migliorano la durata e il significato dell’esistenza di una persona? Cosa è possibile e giusto fare quando è il paziente che si accanisce nella lotta per la propria vita?

Occorre sempre considerare che, mentre abbiamo gli strumenti scientifici per misurare la durata e anche la qualità della vita, non possiamo mai generalizzare e confrontare il significato della vita per una persona; sei mesi di sopravvivenza in più, anche in presenza di una malattia sintomatica e debilitante, possono a volte significare che la persona c’è quando nasce un nipote, quando un figlio si sposa, quando una figlia si laurea; insomma, a volte esserci ancora significa, per il paziente, vedere un pezzo del futuro della sua famiglia e dei suoi affetti che si concretizza, e sapere che nella memoria futura dei suoi familiari, lui o lei, in quel momento, c’era ancora, e ne rimarrà il ricordo in una fotografia, in un filmato, o anche solo nella mente dei suoi cari.

 

Possono esistere supporti tecnologici con funzioni «umanistiche»?
L’esperienza dell’informatizzazione nell’Oncologia di Asti

Da circa venti anni, precisamente dal gennaio del 1993, la Struttura di Oncologia dell’Ospedale di Asti si è dotata di una Cartella Clinica completamente informatizzata, in grado di gestire tutte le attività diagnostiche e terapeutiche di Day-hospital e Ambulatorio, condivisa tra medici, infermieri e Segreteria in una rete locale di computer; era allora la prima esperienza in Italia, in ambito oncologico, di paperless clinical record.

Nel dicembre del 1999 è stato attivato un secondo software (OK-D.H.), che da allora consente il collegamento informatizzato con altre strutture dell’ospedale (Anatomia Patologica, Laboratorio, Radiologia, Registro Operatorio…) e con gli Ambulatori periferici.

Nel 2001 è stato attivato il servizio internet di consultazione della cartella oncologica  da parte del medico di famiglia (Webmed®) e, dal 2008, è stata aggiunta la spedizione in intranet ai medici di famiglia di tutte le lettere di dimissione e delle relazioni di visita in ambulatorio.

Quest’ultimo aspetto organizzativo è stato particolarmente valorizzato, in quanto il rapporto tra medici ospedalieri e medici di famiglia, più che una collaborazione, è spesso un confronto tra due mondi separati, tra professionisti che parlano linguaggi diversi, tra i quali il paziente è costretto  a fare da tramite, e a volte riceve messaggi contraddittori; una situazione in cui, troppo spesso, nessuno è disposto a fare il primo passo per accorciare le distanze, e cercare di collaborare meglio.

Nel settembre 2010 abbiamo distribuito un questionario a 100 pazienti in trattamento presso il nostro Day-hospital per verificare la loro percezione dell’utilità di un sistema organizzativo informatizzato; a una domanda specifica, il 57% dei pazienti ci ha risposto che, andando nell’ambulatorio del suo medico di famiglia, ha potuto verificare che il medico aveva effettivamente ricevuto la comunicazione dal nostro reparto tramite il computer; è anche successo più volte che il paziente, tornando al paese di residenza, abbia trovato in Farmacia la ricetta di prescrizione di un farmaco essenziale e non dilazionabile (es. un’Eparina a basso peso molecolare, un oppiaceo per il dolore), che il medico aveva compilato dopo aver ricevuto la relazione di dimissione dal Day-hospital, prima ancora che il paziente ritornasse a casa.

Ma questo sistema di comunicazione, che si sviluppa intorno al paziente può avere anche risvolti economici, nel risparmio di procedure diagnostiche superflue e nella riduzione degli accessi non necessari in Pronto Soccorso.

Nella seconda metà del 2010, con finanziamento del Ministero della Salute, proprio grazie all’esistenza ad Asti di un sistema assistenziale organizzativo informatizzato, abbiamo svolto un’indagine per verificare se la disponibilità, per il medico di famiglia, di una connessione rapida, diretta e completa con la Cartella Clinica Oncologica e con i dati del Laboratorio, della Radiologia e delle varie consulenze specialistiche, potesse avere un impatto, per i pazienti curati attivamente in Day-hospital, su

– Richiesta di esami di laboratorio
– Richiesta di radiografie
– Invio del paziente in Pronto Soccorso

A questo scopo, è stata attivata una connessione diretta tra il Reparto di Oncologia e due Case della Salute dell’ASL di Asti (Canelli e Nizza Monferrato), in cui operano 14 medici di famiglia organizzati in due Gruppi di Cure Primarie (GCP).

Oggetto dell’osservazione è stata una popolazione di 91 pazienti in trattamento chemioterapico nel periodo tra il 20.6.2010 e il 20.12.2010; il Gruppo in Osservazione era costituito da pazienti assistiti dai 14 medici delle Case della Salute   di Nizza Monferrato e Canelli, mentre il Gruppo di Controllo era costituito da pazienti assistiti da altri 14 medici di un diverso GCP, che non disponevano dell’accesso diretto ai dati, ma solo delle altre comunicazioni informatizzate.

Gli esiti dell’osservazione, riportati nella tabella seguente, dimostrano chiaramente, anche se su piccoli numeri assoluti, come le differenze siano significative, in favore di un percorso diagnostico e terapeutico più preciso e coordinato quando le informazioni sul paziente siano condivise, con un evidente outcome nel risparmio di risorse e nel miglioramento della consapevolezza del paziente di essere al centro dell’attenzione di tutti coloro che hanno, per lui, un ruolo assistenziale e terapeutico, superando l’handicap della distanza fisica tra gli operatori.

 

* coefficiente corretto con l’eliminazione degli estremi
© Controllo di Gestione dell’ASL AT

Credo, comunque, che appaia del tutto evidente al lettore come, dopo vent’anni di questa esperienza, l’informatizzazione possa essere considerata non come un puro strumento tecnologico, ma come parte di un approccio umanistico, che consente di recuperare tempo umano da dedicare all’ascolto dei pazienti, a conoscerli meglio, a comprendere le loro necessità, e di attivare una collaborazione migliore, che dia anche maggiore soddisfazione professionale a tutti gli operatori sanitari.

È possibile gestire meglio l’impiego di farmaci a costo molto elevato?
L’esperienza del farmacista di reparto in oncologia

Il progressivo aumento del costo dei farmaci in Oncologia, e non solo, ci pone di fronte quotidianamente ad almeno due obiettivi fondamentali per una gestione ragionevole e appropriata delle risorse:

– concentrare la spesa farmaceutica per governarla meglio
(es.: distribuzione diretta dei farmaci vs piano terapeutico)

–  valutare i costi globali piuttosto che i costi unitari
(es.: se si risparmia sulla prescrizione di un fattore di crescita dei granulociti neutrofili, quanto potrebbe costare un ricovero del paziente per un’infezione severa in corso di febbre neutropenica?)

Per cercare di risolvere questi problemi occorre pensare (e spesso, inventare) soluzioni organizzative che comportino anche una maggiore assunzione di responsabilità da parte di chi gestisce un Reparto di Oncologia, in modo da confrontarsi con le Autorità Regolatorie e con le Amministrazioni Sanitarie, avendo a disposizione modelli organizzativi innovativi, coerenti e responsabili.

Dal mese di ottobre 2010 la Struttura di Oncologia di Asti dispone di una Farmacista di Reparto, retribuita grazie a fondi recuperati dai proventi dei Progetti di Ricerca Clinica attivi presso il Reparto.
Dopo una prima fase organizzativa, che aveva anche lo scopo di verificare il modello organizzativo e la sua efficienza, la presenza della Farmacista è diventata ora stabile, ed è stato verificato come abbia acquisito anche una forte valenza assistenziale, che inizialmente non era stata del tutto messa in conto, ma che è emersa nel tempo come una piacevole realtà, per gli operatori sanitari e per i pazienti.

Le attività quotidiane della Farmacista di Reparto sono molteplici, e ne riporto solo alcune:

Il progressivo aumento del costo dei farmaci in Oncologia, e non solo, ci pone di fronte quotidianamente ad almeno due obiettivi fondamentali per una gestione ragionevole e appropriata delle risorse:

concentrare la spesa farmaceutica per governarla meglio
(es.: distribuzione diretta dei farmaci vs piano terapeutico)
valutare i costi globali piuttosto che i costi unitari
(es.: se si risparmia sulla prescrizione di un fattore di crescita dei granulociti neutrofili, quanto potrebbe costare un ricovero del paziente per un’infezione severa in corso di febbre neutropenica?)

Per cercare di risolvere questi problemi occorre pensare (e spesso, inventare) soluzioni organizzative che comportino anche una maggiore assunzione di responsabilità da parte di chi gestisce un Reparto di Oncologia, in modo da confrontarsi con le Autorità Regolatorie e con le Amministrazioni Sanitarie, avendo a disposizione modelli organizzativi innovativi, coerenti e responsabili.

Dal mese di ottobre 2010 la Struttura di Oncologia di Asti dispone di una Farmacista di Reparto, retribuita grazie a fondi recuperati dai proventi dei Progetti di Ricerca Clinica attivi presso il Reparto.

Dopo una prima fase organizzativa, che aveva anche lo scopo di verificare il modello organizzativo e la sua efficienza, la presenza della Farmacista è diventata ora stabile, ed è stato verificato come abbia acquisito anche una forte valenza assistenziale, che inizialmente non era sta del tutto messa in conto, ma che è emersa nel tempo come una piacevole realtà, per gli operatori sanitari e per i pazienti.

Le attività quotidiane della Farmacista di Reparto sono molteplici, e ne riporto solo alcune:

– Creazione e revisione periodica controllata del Prontuario Farmaceutico di Reparto
– Gestione dell’armadio e del frigorifero dei farmaci e del carico/scarico quotidiano, con riduzione delle scorte al minimo necessario
™ – Dispensazione delle terapie domiciliari ai pazienti
™ – Compilazione del File F per farmaci ad alto costo
™ – Collaborazione alla gestione dei “drug days” (giornate in cui vengono concentrate le terapie infusionali a costo elevato per evitare lo spreco dei residui di dose delle confezioni)
™ – Recupero dei farmaci biologici orali a costo elevato non più utilizzati e loro riconfezionamento come dosi unitarie, da utilizzare per altri pazienti
™ – Gestione dei farmaci “da banco” e complementari per i pazienti in trattamento
™ – Gestione delle preparazioni galeniche (creme e colluttori)
™ – Collaborazione nella compilazione delle schede di segnalazione degli eventi avversi da farmaci

Si tratta dunque di una presenza molto attiva e qualificata, che consente di evitare ai pazienti il disagio di rivolgersi sistematicamente al medico di famiglia per le prescrizioni dei farmaci, con conseguenti code in sala d’attesa e disagio negli spostamenti, che spesso coinvolge pesantemente i familiari, ma consente anche di controllare meglio le informazioni che vengono fornite ai pazienti, evitando equivoci e incomprensioni delle prescrizioni, che sono purtroppo all’ordine del giorno nella nostra realtà quotidiana.

Ci saremmo accontentati largamente di questo impatto organizzativo e assistenziale della presenza della Farmacista nel Reparto di Oncologia, ma nell’anno successivo abbiamo scoperto quale e quanto rilevante sia stato anche l’impatto farmaco economico di questa figura professionale; i dati forniti dal Controllo di Gestione nel 2011 ci hanno infatti mostrato come, grazie alla presenza della Farmacista di Reparto, sia stato ottenuto un notevolissimo risparmio economico, che ha consentito, tra l’altro, di mantenere l’importo della spesa farmaceutica al di sotto del valore della “produzione”, cioè del valore riconosciuto dalla Regione per l’attività assistenziale, nonostante il continuo aumento dell’attività stessa.

 © Controllo di Gestione dell’ASL AT

Grazie a questo lavoro e ai suoi risultati, da due anni il contenimento “a tutti i costi” della spesa farmaceutica non rientra tra gli obiettivi annuali della SOC Oncologia, avendo potuto dimostrare concretamente come sia possibile mettere in atto un modello organizzativo nel quale le terapie non vengono negate o razionate, ma si fa il massimo sforzo possibile per evitare gli sprechi e rendere l’organizzazione dell’assistenza efficiente e, soprattutto, attenta in primo luogo alla centralità del paziente e del suo percorso di vita e di speranza nella salute.

Si possono risparmiare soldi grazie alla collaborazione con il Volontariato?
L’esperienza extra-ordinaria del “Pulmino Amico”

A partire dal gennaio 2001 ad Asti è in corso un’esperienza unica in Italia di organizzazione del trasporto dei pazienti oncologici da casa all’Ospedale con mezzi non sanitari.

Fatta salva la disponibilità di Ambulanze e di mezzi di trasporto assistito, a spese dell’ASL di residenza, per tutti i pazienti non autosufficienti che necessitano di terapie prolungate, esiste una grande parte di pazienti seguiti dal Reparto di Oncologia, spesso anziani con altre patologie.
Pur se autosufficienti nella vita domestica quotidiana sono in gravi difficoltà nell’accesso all’Ospedale perché sono soli o con coniugi anziani, spesso hanno familiari che non possono lasciare il lavoro per accompagnarli in Ospedale quando è necessario, quasi sempre non hanno un proprio mezzo di trasporto, oppure vivono in realtà rurali, servite poco e male dai Servizi di trasporto pubblico (treni e autobus).
Nella provincia di Asti, che conta 120 comuni per la maggior parte molto piccoli, solo un terzo dei comuni dispone di una stazione ferroviaria, e solo due terzi dispongono di servizi di autobus che li collegano al capoluogo, ma quasi tutti non dispongono di servizi pubblici con orari utili per chi debba recarsi in Ospedale negli orari abitualmente utilizzati per le terapie e per gli esami diagnostici.

Per l’insieme dei motivi suddetti, molti pazienti possono essere costretti a rinunciare alle cure, oppure non possono realisticamente gestire da soli l’organizzazione di accertamenti diagnostici periodici, che spesso, dunque, non vengono eseguiti come sarebbe opportuno.

Ma anche l’effettuazione delle terapie, a volte, può essere difficoltosa a causa dei problemi negli spostamenti e nell’assistenza, per cui non è raro che la scelta di una terapia sia non ottimale, ma subordinata alla realistica possibilità del paziente di accedere all’Ospedale nei tempi giusti per il trattamento.

Sembra, a prima vista, una problematica che debba riguardare solo le aree rurali del Centro-Sud d’Italia, in cui le strutture sanitarie e le disponibilità di attrezzature sono notoriamente molto carenti, ma in realtà anche nelle colline del Monferrato e in altre aree simili del Nord Italia i problemi sono gli stessi, se vengono analizzati correttamente e non centrando l’attenzione solo sull’esistenza delle cosiddette “eccellenze sanitarie” negli Ospedali e nelle Strutture Sanitarie private.

Esiste dunque il rischio concreto che, non potendo seguire un programma terapeutico e diagnostico appropriato, una parte dei pazienti rinunci alle terapie o non venga curata come sarebbe opportuno.

Analizzata questa situazione, da un’idea condivisa tra oncologi e volontari si è materializzato, nel gennaio 2001 il Pulmino Amico. Difficile definire brevemente cosa sia effettivamente il Pulmino Amico: è un mezzo che trasporta ammalati, ma non è un’Ambulanza; è un mezzo di trasporto pubblico, ma non è prevista alcuna tariffa per chi lo utilizza; in fondo, però, anche l’amicizia non è facile da definire, ma si capisce benissimo quando c’è e quando non c’è.
Il trasporto amichevole è un modo di essere solidali con le altre persone, di rispondere a una semplice richiesta di aiuto, senza alcuna implicazione sanitaria in ciò che si fa. È come se uno di noi chiedesse al vicino di casa un passaggio in automobile per andare in Ospedale, sapendo che può contare sul suo aiuto amichevole.

Ma chi può avere tempo sufficiente per questo scopo? Principalmente un pensionato; inizialmente, infatti, quasi tutti gli “autisti amici” facevano parte di Associazioni di pensionati (Cassa di Risparmio, FIAT, Ferrovie, Polizia di Stato, ENEL), ma negli anni più recenti sono arrivate molte persone più giovani, tra cui numerose donne. Gli autisti amici si mettono a disposizione gratuitamente per mezza giornata una volta al mese, e non sono militi dell’assistenza.

La realtà del Pulmino Amico nel 2013, è extra-ordinaria: i pulmini sono diventati quattro, e gli autisti sono oggi oltre 160; nel 2012 i quattro automezzi hanno percorso oltre 150 mila Km, riescono ad arrivare in tutti i comuni del territorio astigiano, e hanno trasportato oltre 2 mila volte una persona da casa all’Ospedale e ritorno per chemioterapia, radioterapia, accertamenti diagnostici e visite ambulatoriali.

Per rispondere però al tema generale di questa discussione, cosa e quanto fa risparmiare al Servizio Sanitario Nazionale il Pulmino Amico?

 -Costi sociali del trasporto dei pazienti (per famiglie, comuni e ASL)
– Costi indiretti dovuti alla rinuncia ai trattamenti per motivi logistici
– Costi dovuti ai ricoveri ospedalieri non necessari, indotti dalle difficoltà che i pazienti incontrano per raggiungere il luogo di cura
– Costi dovuti al peggioramento sintomatico di una neoplasia che avrebbe potuto essere controllata meglio, anche se temporaneamente, con cure appropriate
– Costi indotti dalle migrazioni sanitarie per le cure
– Non ultimo, e forse ancora più importante, per i pazienti, il costo morale della sensazione di solitudine e di rassegnazione di fronte alla malattia

Lo slogan che era stato coniato oltre dieci anni fa, appare dunque, oggi, quanto mai appropriato:
“La solidarietà viaggia sul Pulmino Amico”.

Per concludere, discussione ragionata di alcune frasi comuni sulla gestione della salute

1. Non si può dare tutto a tutti
In realtà, nessun paziente chiede tutto al Servizio Sanitario; ognuno chiede solo ciò di cui ha bisogno, ritenendo di averne diritto; ciascuno, piuttosto, va informato correttamente delle proprie necessità e delle possibili soluzioni.

2. Deve essere garantita la libertà di cura
Molto raramente un paziente è in grado di scegliere una cura per la sua malattia; quasi sempre sono i medici che, utilizzando i pazienti, rivendicano la libertà di prescrizione, concetto che sfocia molto spesso in sprechi e illusioni, a scapito di un rapporto corretto e sincero con il paziente; ogni medico ha il dovere di interrogarsi costantemente sull’effettiva utilità di ciò che prescrive, dal semplice esame di Laboratorio alla terapia costosa, all’intervento chirurgico maggiore.

3. Le risorse non sono infinite
Destinare risorse alla salute dei cittadini o utilizzarle per altre spese pubbliche, come l’Esercito, le sovvenzioni alle industrie, le spese dell’apparato dello Stato e delle Istituzioni è una responsabilità politica.
Gestire correttamente le risorse assegnate a chi gestisce localmente la Sanità è una responsabilità amministrativa e professionale di cui ogni operatore e amministratore deve essere consapevole nella sua attività quotidiana; se mai, è molto opportuno che chi fa scelte politiche e legislative ascolti con attenzione il parere di chi deve poi gestire tali scelte nella realtà più vicina ai pazienti.

4. È obbligatorio ridurre i costi della Sanità italiana
È  noto che la spesa pubblica italiana per la salute, in rapporto con il Prodotto interno lordo, è nettamente inferiore a quella di altri paesi europei; ma è anche evidente che parte di questa spesa si perde in sprechi che devono essere corretti.
Solo se gli operatori e gli amministratori sanitari lavorano in modo coerente per rendere gli Ospedali e le ASL più efficienti e razionali, ma anche più centrati sui rapporti umani e più consapevoli del diritto alla salute dei cittadini, si crea il presupposto per poter richiedere ai politici di aumentare la spesa pubblica per la salute.

In conclusione, si può rileggere una frase di Paul Valéry, scritta molti anni fa ma assolutamente moderna e adatta a sintetizzare l’argomento di questa discussione:

Curare è anche una politica
Può essere fatto con un rigore
di cui la dolcezza è il rivestimento essenziale.
Una attenzione squisita alla vita
che si veglia e si sorveglia.
Una precisione costante.
Una sorta di eleganza negli atti,
una potenza e una leggerezza,
una presenza
e una sorta di percezione molto attenta
che osserva i minimi segni.
È  una sorta di opera, di poema (mai scritto)
che la sollecitudine intelligente compone.

(Paul Valery)

© Bioetica News Torino, Maggio 2013 - Riproduzione Vietata