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46 Marzo 2018
Bioetica News Torino Marzo 2018

Editoriale

Gentili lettrici e lettori,

L’aspetto e la funzionalità nuove dell’apparecchio di risonanza magnetoencefalografica MEG, ridotto ad un casco “da bicicletta” indossabile, rispetto all’attuale e innovativo macchinario dal peso di mezza tonnellata circa, stampato in 3D ed equipaggiato di sensori quantistici che ne migliorano la sensibilità di rilevamento dei circuiti cerebrali, anche mentre si fa movimento, realizzato in forma prototipa dal gruppo di ricercatori dell’Università di Nottingham Sir Peter Mansfield Imaging Centre in collaborazione con il Wellcome Trust Centre for Human Neuroimaging UCL («New brain scanner allows patients to move freely for the first time», 21 march 2018, www.nottingham.ac.uk; «Ecco il casco indossabile che fa lo scanner al cervello» di Pace A. wired.it, 26 marzo 2018) rappresentano un nuovo passo nella scienza biotecnologica. Non per il costrutto altamente tecnologico in sé ma per il fine auspicato di poter trattare pazienti che faticano a rimanere fermi come i bambini o gli adulti affetti da disordini neurodegenerativi come il Parkinson, nonché di un possibile studio del funzionamento cerebrale ripreso durante le attività quotidiane o di interazioni sociali naturali nei casi di malattie mentali.

Accrescono celeri gli sviluppi nel campo della medicina con l’ausilio delle nano-bio-info e cogno-tecnologie. Ha portato così una ventata di speranza per molti bambini il recente contributo nella cura delle neoplasie sviluppato con terapia genica, seppure in fase preliminare, dal gruppo di ricercatori del «Bambino Gesù» di Roma guidato dal prof. Franco Locatelli, direttore del Dipartimento di Onco-Ematologia Pediatrica, Terapia Cellulare e Genica. Sperimentato su un bambino affetto da leucemia linfoblastica acuta e refrattario alle terapie convenzionali ha avuto un buon esito l’approccio innovativo di «infusione di linfociti geneticamente modificati per essere reindirizzati con precisione verso il bersaglio tumorale», esempio anche di medicina personalizzata («Terapia genica: cellule “riprogrammate” contro il tumore. Primo paziente trattato al Bambino Gesù», 1 febbraio 2018, www.ospedalebambinogesu.it).
Non solo sempre più raffinate esteticamente appaiono le protesi bioingegneristiche che acquisiscono crescenti abilità motorie migliorando di molto la qualità di vita delle persone, come il caso della signora Almerina Mascarello, la prima italiana, seguita dai professori del Policlinico Agostino Gemelli di Roma, a sperimentare per alcuni mesi, l’impianto di una mano bionica dotata di sensori che le ha permesso al di là del ritorno, dopo molti anni, ai piccoli gesti quotidiani – indossare le scarpe, vestirsi – di percepire gli oggetti che toccava («È made in Italy la prima mano bionica», 4.01.2018 adnkronos.com).

Le nuove tecniche biomediche e di potenziamento umano aprono il cammino a molteplici e infinite prospettive per l’umanità portando con sé non indifferenti dilemmi etici intrinsecamente legati alla dignità umana e al bene comune. Una certa «sfumatura tra la salute e la malattia, la terapia e il potenziamento» non impedisce tuttavia di fare una distinzione come afferma Laura Palazzani docente ordinaria di Filosofia del Diritto nell’Università Lumsa di Roma e rieletta vice presidente del nuovo Comitato nazionale per la Bioetica 2018, in un suo articolo «Potenziamento, arroganza e vulnerabilità della natura umana», in «Studia Bioethica» X/3, 2017,  pp. 30-36): «Deve essere chiarito che la prevenzione (ad es. la vaccinazione) è terapia poiché pur trattandosi di soggetti sani, ha lo scopo di proteggere direttamente la salute pubblica e indirettamente la salute individuale. Al contrario, tutti gli interventi biomedici e tecnologici volti ad aumentare le capacità “oltre” i limiti e le soglie naturali sono extra-terapeutici. Il confine tra di loro è piuttosto vago, soprattutto perché la cultura ha un’influenza sulle percezioni soggettive della salute e della malattia. Essa può essere del tutto evidente in alcuni settori, ma difficile da individuare in altri. Ogni nuova tecnica deve quindi essere analizzata per distinguere tra le applicazioni terapeutiche e il potenziamento delle capacità umane, caso per caso». Così spiega Palazzani che la proporzionalità tra rischi e benefici viene valutata rispetto alla cura della malattia.

L’assenza di una condizione patologica accertata non giustificherebbe ad esempio l’uso di psicofarmaci per migliorare la prestazione intellettiva e i tratti della personalità per un proprio desiderio di voler acquisire sicurezza rispetto a se stessi e agli altri o di avere un maggior rendimento intellettuale sul lavoro o a scuola. Si tratta di un fenomeno “sommerso” ma presente nella società odierna dominata da valori dell’efficienza, che segna tuttavia la fragilità o finitudine umana, dinanzi al quale si possono correre però «rischi e danni potenziali (anche se non empiricamente provati) anche irreversibili (danni neurologici più o meno gravi di  dipendenza)» come afferma la stessa Palazzani in un altro testo di ampia discussione  dedicato a «La mente farmacologicamente potenziata: problemi bioetici e biogiuridici»(Etica & politica», XVI, 2014, 2, pp. 169-181).

Argomento che attrae per il grande fascino che esercita nello studio del comportamento umano il funzionamento del cervello e la capacità e l’apprendimento della mente è il potenziamento cognitivo, oggetto di interesse non solo nel campo delle neuroscienze ma anche in altre discipline come quelle sportive e dell’apprendimento. Come potenziatori cerebrali nelle persone anziane agirebbero la stimolazione Magnetica Transcranica (TMS) e neuromodulazione (Stimolazione a Corrente Diretta tDCS), secondo ricerche recenti, in un percorso di «prevenzione e riabilitazione efficace non solo poiché interviene direttamente sulle strutture cerebrali in parte destinate al declino, ma anche perché agisce come “stimolatore virtuale” su individui che tendono a ridurre le proprie attività cognitive e sociali con l’avanzare delll’età» spiega Michela Balconi docente di Neuropsicologia e Neuroscienze Cognitiva all’Università Cattolica di Milano in un’intervista di A. Lavazza, «Neuroscienze. Il Cervello “potenziato”», Avvenire.it, 7 febbraio 2017). In una ricerca da lei condotta ha potuto constatare che in una popolazione di anziani oltre 65enni fino agli 80 anni l’applicazione del tDCS per 3 mesi circa a cadenza bisettimanale sono migliorate le prestazioni di memoria ed esecutive, nonché la qualità di vita, come la ripresa di percorsi di socializzazione. Tuttavia anche ella precisa che non è ancora noto che tali metodiche siano efficaci e la necessità comunque di una regolamentazione o legislazione che offra linee guida chiare e definite riguardo ai soggetti coinvolti nei trattamenti e le competenze certificate da parte di chi esercita l’intervento.

L’incidente in Usa che ha mietuto una vittima colpita durante il collaudo di un’autovettura ad alta ingegneria robotica e di intelligenza artificiale, dotata di guida automatica evidenzia la questione di una responsabilità civile nel campo della robotica come suppone Guido Scorza, avvocato esperto di diritto delle nuove tecnologie in «Auto a guida autonoma, i problemi etici sollevati dall’incidente di Uber» (di S. Valesini, wired.it, 23.03.2018) ,

Concludiamo con una riflessione che Michael Sleasman espresse al termine di un suo articolo nel 2012 in «Dignitas» (v. 2, Who will be the last Human? Or a we even still Human?) ripubblicato on line su «Bioethics & Human Dignity» (26 febbraio 2018): «Long before physical transformation occurs, we will have become posthuman, and more importantly, we will have embraced the posthuman. As we proceed boldly into the era of medicalization, into the rise of personalized medicine, into human enhancement beyond perfectionism, I wonder: Who will be the last human? Or perhaps more appropriately are we even still human? And will we know when we no longer are?».

Al tema del postumanesimo dedicheremo il prossimo numero di Bioetica News Torino, con i contributi di illustri filosofi e bioeticisti quali Carla Corbella, Luca Lo Sapio e Giovanni Fornero e del professore Giorgio Palestro per gli aspetti medico-scientifici, docente ordinario emerito di Anatomia e Istologia Patologica  dell’Università degli Studi di Torino, che sono intervenuti nella serata di presentazione del volume del professore Giuseppe Zeppegno,  bioeticista e teologo morale, intitolato «Bioetica e Postumano: Percorso storico-prospettico» (edito da IfPress).

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