Ci troviamo in una nuova fase storica che possiamo denominare iperstoria in quanto il nostro sviluppo, benessere sociale e individuale, dipende dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT). Parrebbe superato persino ogni comprensione delle tecnologie ancora nel senso di “protesi”, sostiene Matteo Bergamaschi, filosofo e dottore di ricerca presso l’Università Cattolica di Milano, nel suo recente libro di riflessione sulle problematiche della rivoluzione digitale in cui siamo immersi, intitolato Infochiesa: le sfide dell’infosfera al pensiero credente (Elledici).
Un libretto, meno di un centinaio di pagine, di facile lettura, per educatori e giovani, dalla cui lettura si trae una panoramica delle questioni etiche e antropologiche legate alla realtà contemporanea digitalizzata da noi abitata. Un testo in cui il prof. Bergamaschi presenta una visione cristiana nella disamina per
partendo «da una ricognizione su un modello aggiornato per comprendere efficacemente i media in cui siamo immersi, per poi soffermarsi sulle implicazioni che il proliferare delle nuove tecnologie genera relativamente alla nostra natura umana» e infine affrontare Ci troviamo in una nuova fase storica che possiamo denominare iperstoria in quanto il nostro sviluppo, benessere sociale e individuale, dipende dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT). Parrebbe superato persino ogni comprensione delle tecnologie ancora nel senso di “protesi”, sostiene Matteo Bergamaschi, filosofo e dottore di ricerca presso l’Università Cattolica di Milano, nel suo recente libro di riflessione sulle problematiche della rivoluzione digitale in cui siamo immersi, intitolato Infochiesa: le sfide dell’infosfera al pensiero credente (Elledici).
Un libretto, meno di un centinaio di pagine, di facile lettura, per educatori e giovani, dalla cui lettura si trae una panoramica delle questioni etiche e antropologiche legate alla realtà contemporanea digitalizzata da noi abitata. Un testo in cui il prof. Bergamaschi presenta una visione cristiana nella disamina delle problematiche dell’infosfera attraversando diversi passaggi da un modello aggiornato per comprendere i media odierni alle loro implicazioni etiche, filosofiche e antropologiche, compreso i condizionamenti sulla libertà umana dovuti all’algoritmo.
Puntualizza che per infosfera si intende non internet o web o cyberspazio, che è solo una parte, bensì “l’intero ambiente informazionale”, lo spazio globale dell’informazione che comprende tutti gli enti informazionali e le rispettive interazioni a cominciare dai media classici. Essendo l’infosfera generata dall’essere umano «allora essa meriterebbe di essere riguadagnata, in una prospettiva credente, come il luogo in cui si manifesta la natura simbolica della nostra specie, come un ambito che partecipa alla vocazione e al compimento della nostra esistenza (come aveva intuito a suo tempo Teilhard de Chardin, con il concetto di noosfera)».
Partendo dalle opzioni di de Certeau di adeguamento alla strategia del sistema informazionale o di introduzione delle tattiche dell’uomo alle logiche dell’infosfera, Bergamaschi ritiene che «lo stile di fondo che la comunità dei credenti è chiamata ad adottare sia inscrivere nel nuovo contesto i propri bisogni e desideri, cioè la propria vocazione e la propria missione, appropriandosi dei suoi strumenti – non per uniformarsi a esso, ma per «metabolizzarlo» in funzione dei propri scopi. Il nostro compito, direbbe de Certeau, è “inventare il quotidiano”, cioè escogitare, dare vita a occasioni di senso appropriandoci in maniera creativa di ciò che ci circonda, a partire dai nostri desideri più profondi».
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