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79 Maggio - Giugno 2021
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Riflessione etica sugli embrioni animali-umanizzati


Il 5 aprile 2021 la rivista scientifica «Cell»1 pubblica uno studio condotto in collaborazione Cina-USA sulla realizzazione di embrioni chimera uomo-scimmia1, notizia che richiama il delicato intreccio tra biologia e antropologia.

Il fenomeno dell’ibridazione uomo-animale non è nuovo; i primi esperimenti risalgono agli anni ‘70 del Novecento, ma s’intensificano a partire dal terzo millennio dopo l’annuncio nel 2003 dei primi embrioni ibridi uomo-coniglio realizzati a Shanghai.
L’uomo, per adattarsi all’ambiente che abita, inventa strumenti che gli permettono di modellare la caverna, di coltivare la terra, di addomesticare animali, di lavorare con sempre minor fatica. A volte ci sono state innovazioni che hanno portato cambiamenti così radicali da far parlare di “rivoluzione”, come nel caso della rivoluzione industriale. Oggi l’uomo ha imparato a mescolare i mattoncini della vita – i geni – anche tra specie viventi diverse, vegetali e animali, animali e uomo, iniziando una rivoluzione genetica. Nel 1998, quando la Advanced Cell Technology annunciava di aver creato un ibrido umano-mucca, il Presidente Clinton aveva interpellato la National Bioethics Advisory Commission2, conscio di trovarsi di fronte ad una delicata questione etica e bioetica.

Quali rischi e prospettive?

Per tentare una riflessione su quanto sta avvenendo, dobbiamo interrogarci su rischi e prospettive di questo ambito di ricerche. Un obiettivo è creare cellule tessuti e organi trapiantabili per evitare la somministrazione di farmaci antirigetto in chi ha subito un trapianto. Gli animali transgenici sono utili modelli sperimentali per la ricerca clinica, per creare neuroni umani e quindi studiare le malattie neurodegenerative, per la farmaceutica veterinaria.

Scopi lodevoli, anche se gli effetti restano in parte imprevedibili come succede in qualsiasi ricerca. Ricerca, parola che suggerisce l’entrata in un campo sconosciuto e da quando diventa possibile addentrarsi nella genetica la responsabilità dell’uomo è via via aumentata.

Cambiare il genoma di un vivente significa alterarne l’innata/naturale vita chimica e biologica. Se ne è discusso a vari livelli – di nazioni, centri di ricerca e studio, comitati etici e bioetici – ma resta questione aperta.

Un vantaggio intrascientifico è che con il nuovo ibrido diventa possibile indagare lo sviluppo embrionale al di là del limite del 14° giorno, tempo fissato dalle linee guida in uso in molti Paesi e quindi seguirne lo sviluppo prenatale per un periodo più lungo. Nel citato studio pubblicato su Cell, l’embrione di scimmia, in cui sono state trasferite staminali umane pluripotenti, è stato tenuto in vita per 20 giorni3. La notizia, com’è intuibile, ha sollevato perplessità etiche.

Nel maggio 2021 1a Società Internazionale Ricerca sulle Cellule Stanimali (ISSCR) ha prodotto delle linee guida relative a ricerca di base e applicazione clinica. Tra i principi indicati, oltre a quelli in vigore per qualsiasi altro studio clinico sull’uomo, vi è la necessità di informare il pubblico in modo corretto per mettere il cittadino al corrente di quanto si sta cercando di conoscere e delle modalità seguite, così da intraprendere il cammino dell’ibridazione umano-animale in aperta franchezza e condivisione sociale. Forse per questo, mi sembra trapeli una sincera voglia di chiarezza da parte dei ricercatori e dei comunicatori mediatici. Tradurre il linguaggio scientifico nel linguaggio ordinario, quello di tutti i giorni, non è facile, ma va fatto perché esso è la base per la corretta comprensione di ciò che viene comunicato.

Anche il nome “chimere”, che accompagna spesso la notizia, non sembra scelto a caso, tenuto presente che dare il nome denota il posto che l’uomo assegna alle cose. Nell’antichità la chimera indicava una creatura formata da elementi provenienti da vari animali: capra,  leone, serpente. Per i genetisti di oggi fa riferimento ad organismi animali nei quali sono state trapiantate cellule umane allo stadio embrionale.

Questioni etiche

Il primo interrogativo etico tocca l’essenza dell’uomo: cos’è l’umano? È accettabile produrre pseudo-embrioni umani per esperimenti biologici?

Il secondo, oggi ancora senza risposta, riguarda la natura del nuovo essere: siamo di fronte ad un essere animale o ad un essere umano? O meglio, siamo di fronte ad un essere umano con qualche qualità animale, o ad un essere animale con qualche qualità umana? Questa innovazione genetica è trasmissibile ai discendenti?

E poi, siamo in grado di prevedere con ragionevole lucidità i rischi potenziali di tale ibridazione?

Ma ne incalzano anche altri. La nuova realtà intermedia tra l’umano e l’animale, di cui sappiamo ancora così poco, come sarà trattata? “Subumanità”da sfruttare e dominare? Potenziamento dell’umano?

E se le staminali, sfuggendo al controllo umano, formassero neuroni umani nel cervello dell’animale, potrebbero fornirgli una qualche forma di coscienza? E se si trasformassero in spermatozoi? Queste le principali domande che nel 2019 si pone il direttore del Centro di medicina rigenerativa di Barcellona4.

Conclusioni

Vorrei sottolineare l’attenzione e sensibilità dei ricercatori verso le questioni etiche.

Nel 1973, quando si affacciano le prime possibilità di ingegneria genetica, sono loro che, riuniti ad Asilomar, invocano una moratoria per comprendere meglio la nuova via che stavano aprendo.

Dobbiamo imparare da chi è esperto e competente ad orientarci tra coraggio e prudenza per andare sempre avanti nella ricerca con saggia consapevolezza.


© Bioetica News Torino, Giugno 2021 - Riproduzione Vietata

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