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112 Maggio 2025
Bioetica News Torino Maggio 2025

Verso una “Nuova Medicina” Tra scienza, teologia, Bioetica e Diritto

In breve

L'articolo analizza l'affermarsi di una "nuova medicina", sviluppata lungo due percorsi distinti ma destinati a intersecarsi. Da un lato si trova la medicina personalizzata, fondata sull'analisi genetica del singolo individuo; dall'altro, l'impiego dell'intelligenza artificiale in ambito medico, capace di elaborare vasti insiemi di dati per individuare soluzioni terapeutiche innovative.

Entrambi gli approcci puntano a rendere le terapie sempre più mirate ma sollevano importanti questioni bioetiche e giuridiche, in particolare riguardo all'equità nell'accesso, alla tutela dei dati sensibili e alla definizione delle responsabilità mediche. Si sottolinea la necessità di un intervento del biodiritto che sappia guidare e orientare il progresso tecnologico, salvaguardando la centralità della persona umana.

Negli ultimi anni, la medicina ha intrapreso due strade apparentemente distinte, sebbene accomunate da un obiettivo ambizioso: curare al meglio ogni singolo paziente (che, in fin dei conti, è il desideratum di ogni operatore sanitario).

La prima delle due strade prende il nome di “medicina personalizzata”. Questa medicina è fondata sullo studio approfondito del patrimonio genetico del singolo paziente. La seconda strada, invece, prevede l’impiego dell’intelligenza artificiale, utilizzata per analizzare i dati clinici su vasta scala e proporre soluzioni terapeutiche efficaci per il singolo paziente. Questi due approcci, pur partendo da presupposti nettamente diversi, tendono ad intersecarsi. Infatti, entrambi non possono prescindere dal ricorso a tecnologie avanzate ed entrambi si pongono l’obiettivo di rendere le cure sempre più precise.

La creazione (più o meno volontaria) di una “nuova medicina” presenta una serie di implicazioni sia sotto il profilo tecnico sia sotto quello biogiuridico.

Partendo dall’analizzare le implicazioni tecniche, si rende necessario evidenziare che la medicina personalizzata si basa su un assunto biologico (tanto scontato quanto dirompente): ogni persona è unica (anche) dal punto di vista genetico. Di conseguenza, a partire dallo studio del genoma, dei biomarcatori e delle risposte individuali ai farmaci si rende possibile l’elaborazione di terapie su misura. Si tratta di una medicina “di profondità” che cerca nella “biologia del paziente” le chiavi per comprenderne la malattia. Questa, per la medicina, è una rivoluzione copernicana, in quanto rappresenta il superamento dei protocolli di cura che, ad oggi, rappresentano un quid di “sacro” per gli operatori sanitari. 

Presenta implicazioni tecniche differenti (ma altrettanto dirompenti) il ricorso all’intelligenza artificiale in medicina, come narrato di recente in un articolo del Corriere della Sera1, che racconta la vicenda di Joseph Coates, affetto da una malattia rara considerata incurabile. Coates è stato salvato da un’IA (che ha saputo essere più efficace di un laboratorio genetico). Infatti, l’intelligenza artificiale, elaborando milioni di dati clinici e farmacologici, ha individuato una combinazione di farmaci già esistenti ma approvati per altri usi che, almeno potenzialmente, potevano essere efficaci anche nel caso di Coates. Ed è stato così. In questo caso, non si è partiti dalla “biologia individuale”, bensì dai dati. Ci si è basati su una sorta di “memoria collettiva della medicina”, mettendola al servizio di un singolo paziente.

Pur aprendo a scenari terapeutici innovativi, la medicina personalizzata e il ricorso all’intelligenza artificiale sollevano rilevanti questioni biogiuridiche. Anzitutto, per quanto riguarda l’equità nell’accesso: la personalizzazione delle cure resta onerosa e non universalmente disponibile, mentre l’IA dipende dall’esistenza di infrastrutture adeguate e dalla qualità dei dataset (non sempre disponibili). Resta centrale anche la questione della protezione dei dati sensibili (genetici e clinici) che impone sia una maggiore trasparenza sia una revisione delle modalità di acquisizione del consenso informato. Infine, si pone il tema della responsabilità: se un algoritmo fallisce, a chi si può attribuire la colpa? Al clinico, al programmatore o alla struttura sanitaria?

Il biodiritto è chiamato, senza indugi, a fornire una risposta valida ai suddetti quesiti. Anche perché, in futuro, è possibile (e, forse, auspicabile) che le due strade alle quali si è accennato (medicina personalizzata e impiego dell’intelligenza artificiale) tenderanno a convergere. Infatti, l’intelligenza artificiale potrà integrare l’analisi genetica nei propri modelli e, al contempo, la medicina personalizzata potrà fornire all’IA nuovi dati e nuove prospettive. Questi due saperi, messi a sistema, sapranno unire il profilo biologico della persona con la cosiddetta “intelligenza collettiva” dei dati. In questo nuovo orizzonte, bioetica e diritto non possono limitarsi a rincorrere l’innovazione: devono accompagnarla e orientarla, ricordando che l’essere umano dev’essere sempre fine e mai mezzo.

Note
  1. Si veda in tal senso: Roberto Cosentino, «La tua malattia è incurabile»: l’intelligenza artificiale crea un mix di farmaci che gli salva la vita, in Corriere della Sera, 22.03.2025, <https://www.corriere.it/tecnologia/25_marzo_22/la-tua-malattia-e-incurabile-l-intelligenza-artificiale-crea-un-mix-di-farmaci-che-gli-salva-la-vita-a8639a81-c67f-4b24-a1c4-b3ab6e92dxlk.shtml> (ultima visita: 20.04.2025)

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