Si è sicuramente trattato di un convegno medico atipico per il riconoscimento trasversale, in ogni relazione, della “persona” che alberga in ogni paziente.
Le relazioni sono state la testimonianza implicita che il paziente non è la sua malattia e quanto sia un bene prendersi cura della persona nella sua complessità per rendere meglio sopportabile anche la sofferenza.
Si sa quanto sia difficile dare un senso alla malattia, trovare una giustificazione per doverne fare una compagna di vita e quanto anche scienza e conoscenza non possiedano risposte e soluzioni ed è sovente in questo silenzio che si alimentano le fragilità di chi è in cerca di aiuto.
Un supporto fondamentale alla base concettuale del Convegno è stato fornito dall’ampia panoramica sull’etica del nascere e del fine vita che Padre Arice ha trattato nella sua relazione; in essa emerge forte il dovere di salvaguardare la dignità dell’Uomo, in ogni momento della vita, dal concepimento alla morte.
A immediato sostegno di quanto appena introdotto è stato il panorama proposto intorno alle scelte mediche ed etiche a fronte della nascita di bambini fortemente prematuri. Difficili le soluzioni che si prospettano: portare a nascita con grave prematurità a rischio di condizioni di vita altamente debilitanti, oppure tentare di prolungare l’epoca di gravidanza aumentando le possibilità di vita autonoma fetale accogliendo il rischio di morte endouterina?
In ogni caso la decisione è in funzione del rispetto e del riguardo verso la nuova vita nascente.
Di eguale peso è la considerazione e la cura rivolta alle persone con identità ed orientamenti sessuali difformi dalle apparenze e dalle consuetudini sociali; si tratta di situazioni che si vanno delineando già prima della nascita e si concretizzano nel corso della crescita individuale. L’intervento proposto ben sottolinea l’irrinunciabile necessità di curare sia l’aspetto fisico che quello psicologico e, ancora, di operare per la salvaguardia delle sensibilità individuali, spesso già provate da incomprensioni e pregiudizi.
Le relazioni conclusive della mattinata vertevano intorno all’assistenza sanitaria individualizzata e all’apporto umano nella gestione delle fragilità cognitive e motorie in anziani e in persone affette da malattie incurabili e debilitanti. Ne è emerso un quadro d’intervento in cui tali procedure rappresentano per il malato una sostanziale risorsa di vita, tanto da scoprire energie inaspettate e raggiungere una maggiore serenità.
In conclusione si può pensare che se di norma, a fronte di un importante problema di salute, la soluzione proposta è quella drastica di eliminarne la causa alla radice, i contributi offerti nel Convegno, propongono ai sanitari, una seria riflessione alternativa: la malattia, nella sua più generale accezione, può essere meglio gestita se si riconosce il malato, l’uomo, come l’entità principale da aiutare e curare.
© Bioetica News Torino, Marzo 2020 - Riproduzione Vietata