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84 Gennaio 2022
Dossier Salute Inchiesta: la sanità del futuro

Quali cambiamenti ha portato la pandemia nelle farmacie? Come potrebbe essere il futuro ruolo del farmacista?


Il nostro viaggio nel futuro della Sanità, iniziato dall’Università e proseguito nelle molteplici realtà del nostro SSN approda ad una tra le più significative realtà territoriali.  Le farmacie svolgono da sempre un ruolo fondamentale nei confronti dei cittadini. Sono un avamposto sanitario con cui un cittadino entra in contatto quando ha un problema di salute.

Una tosse, un raffreddore, un mal di schiena sono gestiti in prima istanza dal farmacista, il primo professionista laureato con cui ci si confronta. E solo in una seconda battuta arriva il medico.

Ne parliamo Paola Aliperta, membro dell’Unione Farmacisti Cattolici.

Prof.ssa Paola ALIPERTA _CONVEGNO Aborto e Legge 194_F G. BOERO
Intervistata Paola Aliperta

Membro dell’Unione cattolica Farmacisti Italiani (Ucfi)

Intervista

D. Dottoressa, sono gratificati i farmacisti nello svolgere questo lavoro di primo soccorso?

R. Il farmacista da molto tempo, probabilmente da sempre, accoglie per primo le richieste dei cittadini con patologie, in particolare quelli meno gravi, o i malati cronici. Complice di questa situazione l’orario esteso in cui è aperta la farmacia, oltre alla disponibilità costante e quasi immediata, non filtrata da appuntamenti o lunghe attese.

Talvolta (il farmacista) è una figura di riferimento anche dopo il medico, quando alla consegna del medicinale semplifica le indicazioni del “dottore” e le accompagna con qualche consiglio pratico sulla somministrazione. Fa parte della deontologia e dell’etica della professione dispensare consigli prima e dopo la vendita del farmaco. Questo aspetto del farmacista si è amplificato durante la pandemia, rendendolo baluardo insostituibile in difesa del cittadino; bisogna riconoscere infatti che molti Italiani sono riusciti ad avere dai farmacisti i primi consigli per affrontare la malattia, vera o presunta, anche quando alcuni medici di base erano difficilmente reperibili e la paura di un ricovero in solitudine era incombente.  Nella situazione attuale poi, il farmacista, grazie ai test rapidi e ai vaccini, dispone degli strumenti per assistere meglio i clienti in un’ipotesi di diagnosi e nella prevenzione del morbo.

Sicuramente il farmacista è gratificato da questo ruolo e svolge questo compito con passione, con molto più entusiasmo rispetto a quello che infonde nell’espletare pratiche burocratiche.

Permangono tuttavia alcune criticità legate a questo compito, che comporta una grande responsabilità e che spesso non è remunerato. Non sono infatti ben definiti i confini tra le diverse professioni sanitarie e ci si muove in un campo minato, rischiando il reato di esercizio abusivo della professione medica. La dottoressa Longo sottolinea che spesso i clienti/pazienti insistono con il farmacista nella speranza di risolvere il problema senza il consulto del medico, e non immaginano che è sufficiente la consegna di un farmaco in assenza di ricetta medica per compiere un atto illecito (se non si riesce a dimostrare l’urgenza o la ripetitività della dispensazione).

Sarebbe utile un chiarimento legislativo per regolare la situazione, magari sulla scia di ciò che succede nel Regno Unito, in Francia, o in Canada, dove esistono i “farmacisti prescrittori” che, opportunamente formati e retribuiti, possono prescrivere farmaci per patologie lievi o croniche.

D. Cosa ha significato vedere la pandemia “dietro il bancone”? È cambiata la vostra funzione di fronte ad un impatto così grande?

R. La pandemia ha comportato un lavoro enorme, inizialmente in una situazione di grande incertezza e forte rischio. Penso ai primi momenti in cui mancavano i dispositivi di protezione e venivano richiesti con insistenza prodotti che erano spariti del mercato. 

Bisogna ammettere che in questo periodo alcune associazioni professionali, e alcuni ordini hanno cercato di supportare gli iscritti con circolari molto utili; protocolli per rendere più sicuri i locali, formulazioni di farmaci galenici, indicazioni per la ricerca delle materie prime difficili da reperire e informazioni relative alle possibilità concesse dalla legge solo in caso di emergenza. Molti farmacisti si sono ritrovati a fare un tuffo nel passato, tornando a confezionare nei loro laboratori gli igienizzanti come preparazioni galeniche, con le ricette delle farmacopee di altre nazioni e dopo aver ricercato le materie prime su tutti i canali possibili. Utilizzando materiale reperito in tutta fretta, i farmacisti hanno improvvisato le prime barriere anti-droplet, per non interrompere mai il servizio al pubblico.

Molto utile è stato anche il lavoro della Federazione Nazionale degli Ordini dei Farmacisti (FOFI), che ha lottato a livello legislativo per far riconoscere al farmacista un ruolo importante nella lotta alla pandemia. Da alcuni anni infatti la legge consentiva solo l’esecuzione delle cosiddette autoanalisi in farmacia; con l’avvento dei tamponi rapidi ha anche permesso al farmacista non soltanto di “ospitare” autoanalisi, ma anche la possibilità, che si è presto tramutata in un obbligo, di prelevare il campione biologico, per poi portare a termine l’analisi.

Un discorso analogo vale per i vaccini. L’esecuzione delle iniezioni è sempre stata vietata in farmacia, persino al farmacista con più abilitazioni. Negli ultimi mesi, ai professionisti della farmacia che hanno seguito un apposito corso, è stata consentita la somministrazione dei vaccini mediante iniezione intramuscolare.

Il sistema farmaceutico si è inoltre avvicinato ai cittadini potenziando i sistemi di consegna a domicilio, indispensabili per esempio quando quarantene ed isolamenti hanno impedito la libera circolazione.

D. Quale è stato il vostro ruolo all’interno del Sistema Sanitario in alcuni momenti al collasso?

R. È stato un ruolo di supporto alle ASL e nello stesso tempo di avvicinamento ai cittadini. Chi è titolare di farmacia ci ricorda che le farmacie non hanno mai chiuso, né ridotto l’orario, né limitato il numero di clienti. Grazie alla capillare distribuzione della rete farmaceutica sul territorio, e spesso alla velocità con cui vengono forniti i servizi (con tempi di prenotazione spesso inferiori a quelli delle ASL o degli Hub vaccinali), il sistema farmaceutico ha aiutato i cittadini ad affrontare con maggiore tempestività e minore disagio le criticità legate ai contagi del Covid-19. 

Oltre ai già menzionati test diagnostici e vaccini è stata infatti possibile la dispensazione di farmaci ospedalieri e il potenziamento dei servizi di prenotazione per conto delle ASL, in un tempo in cui raggiungere l’ospedale sarebbe stato difficile e pericoloso per molti, e le ASL non erano sempre disponibili nei confronti del pubblico.

Un collega titolare cita, tra i servizi più apprezzati e sfruttati, la stampa dei Greenpass, e fa notare che, nel complesso, il sistema si è dimostrato molto veloce e disponibile nell’adeguarsi ai cambiamenti.

D. In farmacia, ad un lungo elenco di servizi erogati (esami ematochimici, controllo pressorio, etc.) si sono affiancati i tamponi ed i vaccini. Tale ulteriore incombenza come è stata vissuta? Come un servizio, oppure un onere eccessivo?

R. Per alcuni sono stati fonte di grande gratificazione; molti hanno visto nelle nuove incombenze un riconoscimento della professionalità dei farmacisti (che negli ultimi anni erano talvolta etichettati come meri dispensatori di scatolette preconfezionate), un valore aggiunto che poteva essere offerto in un momento di grande necessità; questi soggetti hanno anche intravvisto uno spiraglio per sviluppi futuri della professione.

Non è stato così per tutti, infatti alcuni hanno preferito non svolgere questo servizio per il quale si sentivano inadeguati, anche per l’impossibilità di avere un medico presente in caso di necessità, come avviene negli hub vaccinali (per questo motivo le farmacie non sono state obbligate ad offrire questi servizi).  Un discorso a parte meritano i farmacisti collaboratori, per i quali inizialmente ha rappresentato un carico di lavoro aggiuntivo talvolta non retribuito, che incomincia a venir riconosciuto per contratto solo nelle ultime settimane.

D. Si può pensare ad un nuovo ruolo all’interno della Sanità in un’ottica di potenziamento della figura del farmacista sul territorio?

R. Non è facile prevedere il futuro, sapere oggi se la farmacia potrà continuare a fornire ai cittadini servizi come quelli forniti in tempo di pandemia, potenziando la propria attività ed “inventando” nuovi servizi, o si tratta di una parentesi che presto verrà chiusa. Personalmente sono molto ottimista sulla possibilità che il settore si espanda sulla strada del potenziamento della cosiddetta “farmacia dei servizi”, ma soltanto se riuscirà a continuare a dialogare con gli altri soggetti del mondo sanitario (istituzionali e non), a riorganizzarsi al suo interno e nella speranza di una semplificazione della burocrazia.

Da parte delle istituzioni ci si aspetta una sempre maggiore collaborazione, nella speranza che non venga attribuita ad altri soggetti la distribuzione dei farmaci (v. Case della salute). È questo infatti il punto di vista del farmacista titolare, attento alla possibilità che la farmacia, come impresa economica, possa continuare a sopravvivere. Esiste infatti una sottile dialettica che lega la possibilità di erogare i servizi a prezzo nullo o contenuto, alla possibilità di continuare ad essere remunerati con la vendita dei farmaci. Logicamente poter ottenere una remunerazione dei servizi permette di estenderli senza portare il settore al collasso. 

Dal dialogo e dal confronto con le altre professioni sanitarie e con i farmacisti di altri paesi europei emerge l’atipicità dell’organizzazione della farmacia italiana. Diversamente dagli altri professionisti, sanitari e non, il farmacista italiano non può esercitare liberamente la propria professione. Le sedi farmaceutiche sono limitate per legge, e nella maggior parte dei casi non si ottengono per merito, ma ereditate o acquistate a prezzi inaccessibili per un dipendente. I farmacisti non titolari di farmacia non possono esercitare in proprio, ma solo come collaboratori, con retribuzioni contrattualmente più basse di quelle dei laureati degli altri settori. Questo provoca una insoddisfazione diffusa e una pesante limitazione nella capillarità del servizio: se tutti i farmacisti, come per esempio i medici, gli infermieri o gli psicologi, potessero aprire una farmacia o uno studio professionale, sarebbe possibile raggiungere anche i clienti più lontani, nei paesi più piccoli. Per migliorare il servizio sarebbe inoltre utile abolire alcuni vincoli all’orario di apertura: penso alle sedi farmaceutiche di montagna, dove sono disponibili sedi acquisibili per concorso, ma che in genere non vengono accettate perché soggette all’obbligo di apertura per l’intero corso della giornata (la qual cosa non consente un guadagno sufficiente, nonostante i sussidi). Se fosse possibile, come per uno studio medico, aprire una farmacia solo alcune ore al giorno, fornendo il servizio da parte dello stesso professionista in diversi comuni, si raggiungerebbero molte piccole comunità disagiate.

I nuovi servizi che si potrebbero offrire nelle farmacie sono comunque molteplici, generalmente nell’ottica di un potenziamento di ciò che già viene fatto: ampliare il numero di analisi, rendere stabile la somministrazione dei vaccini (non solo contro il Covid), estendere a nuovi settori le campagne di educazione alla salute. La collega Longo teme invece che l’eccessivo ampliamento dei servizi offerti direttamente dal farmacista non sia facilmente sostenibile dal sistema, ma suggerisce di potenziare la collaborazione con gli altri ordini professionali (che in questi anni ha dato i suoi frutti portando per esempio lo psicologo o il nutrizionista in farmacia).

In ogni caso, avvicinare la sanità al cittadino tramite la farmacia sarebbe vantaggioso soprattutto per i più deboli: gli anziani, i soggetti diversamente abili, le famiglie con bambini.

Note

Si ringrazia il direttore Alberto Riccadonna de «La Voce e il Tempo» per concederci la pubblicazione dell’intervista di E. Larghero alla dr.ssa Aliperta, in Quale futuro post pandemia per il mondo farmaceutico?, 14 novembre 2021, pp. 27

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