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71 Settembre 2020
Speciale RU486 Nuove Linee di indirizzo e criticità bioetiche

Aborto farmacologico in day hospital: si accende il dibattito

In breve

L'emendamento proposto dal ministro della Salute Roberto Speranza è stato oggetto di aspre critiche, soprattutto da parte delle associazioni Pro Life. In pericolo la legge 194?

Il ministro della Salute Roberto Speranza ha aggiornato le linee guida sull’aborto consentendo l’uso della pillola abortiva RU486 in day hospital fino alla nona settimana di gestazione, in piena opposizione a quanto deliberato in giugno dalla governatrice leghista dell’Umbria Donatella Tesei, la quale aveva imposto – tra rabbiose proteste – il ricovero di tre giorni per l’aborto farmacologico, revocando una delibera regionale del 2019, adeguandosi successivamente alla decisione ministeriale.
Tali nuove linee guida accolgono il parere del Consiglio Superiore di Sanità e sottolineano l’importanza «di effettuare il monitoraggio continuo ed approfondito delle procedure di interruzione volontaria di gravidanza con l’utilizzo di farmaci, avendo riguardo, in particolare, agli effetti collaterali conseguenti all’estensione del periodo in cui è consentito il trattamento in questione» (da Il Fatto Quotidiano, Aborto farmacologico, il ministero della Salute ha pubblicato le nuove linee guida: cosa cambia, 13 agosto).


Considerato da Speranza un passo avanti importante nel pieno rispetto della legge 194, l’emendamento è stato prevedibilmente accolto da forti polemiche da parte del mondo ‘pro life’, nonostante tale legge sia ormai prassi in molti Paesi. Come scrive il ministero:

«Tenuto conto della raccomandazione formulata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) in ordine alla somministrazione di mifepristone e misoprostolo per la donna fino alla 9° settimana di gestazione, delle più aggiornate evidenze scientifiche sull’uso di tali farmaci, nonché del ricorso nella gran parte degli altri Paesi Europei al metodo farmacologico di interruzione della gravidanza in regime di day hospital e ambulatoriale, la scrivente Direzione generale ha predisposto le Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine».


«Un attentato alla vita e alla salute della donna», attacca Massimo Gandolfini, leader del Family Day, che in questa legge non vede niente di civile. «Assumere la RU486 senza ricovero è una soluzione che banalizza l’aborto e che lascia la donna sempre più sola in una decisione drammatica. Facilitare e promuovere l’aborto fai da te significa infatti allontanare le ragazze che stanno vivendo una gravidanza difficile dai consultori e dai centri di aiuto alla vita, dove possono ricevere sicuramente un sostegno concreto per poter scegliere per la vita e non per la morte» (Gandolfini M., La Repubblica, Pillola abortiva: il Pd torna all’attacco della presidente dell’Umbria. Family day: “Promosso l’aborto fai da te”, 8 agosto).
Per l’associazione di bioetica Scienza&Vita la nuova legge intende argutamente aggirare la 194. Come afferma Alberto Gambino, presidente di Scienza & Vita e Prorettore vicario dell’Università Europea di Roma, «Si aggira il fatto che l’interruzione della gravidanza vada eseguita in condizioni di sicurezza per la donna, prevedendo, la legge 194, il ricovero fino all’interruzione della gravidanza che nell’aborto chirurgico coincide con l’asportazione del feto. Consentire che la pillola RU486 sia somministrata in ospedale e poi la donna possa uscirne ed espellere l’embrione-feto in privato e in totale solitudine, con rischi di gravi e fatali emorragie, è un modo per ridurre la portata della norma di garanzia per la donna». (Gambino come riportato da Avvenire, 19 agosto)

Altrettanto dura la reazione del quotidiano cattolico Avvenire, secondo cui le nuove linee guida privano il maschio dalle sue responsabilità: «Sconcertante come tante reazioni esultanti parlino di un passo verso una maggiore libertà delle donne. Libertà di essere sole, di certo. Libertà di fare tutto di nascosto, deresponsabilizzando in tanti casi i compagni».
La leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, non tarda a rendere pubblica la sua indignazione: «Non calcolare il rischio potenziale che questa scelta [l’aborto] comporta è da irresponsabili: si fa furore ideologico sul corpo delle donne, calpestando il principio della tutela della salute e contravvenendo anche a quanto contenuto nella legge 194/78, sulle condizioni di sicurezza richieste per l’interruzione volontaria della gravidanza» (Meloni G., Il Tempo, Pillola abortiva senza ricovero: rivolta di Meloni e Pro Vita, 8 agosto).

«La maternità non è una malattia da curare con una pasticca», asseriscono Mara Ciarpi e Cristina Rampiconi, rispettivamente responsabili del dipartimento provinciale e comunale per la tutela della famiglia di Grosseto, «l’intero processo di interruzione di gravidanza dura circa 15 giorni e non è una cosa da prendere alla leggera. Facilitare un aborto farmacologico con il fine di ridurre la burocrazia, mette in grave pericolo la salute della donna che, seppur volontariamente, deve sapere bene che ci sono possibili conseguenze e complicazioni, con un tasso di mortalità 10 volte superiore all’aborto chirurgico». (Ciarpi M., Rampiconi C., Il Giunco, 10 agosto).


Aspra la critica dell’Osservatore Romano: «Ovunque l’aborto continua a mietere vittime innocenti e a devastare la vita di tante donne: per questo la decisione di estenderne la pratica non può che risultare sconcertante, incrementando le possibilità di sopprimere bambini, che con il loro esserci, chiedono solo di venire al mondo. E in un’epoca di emergenza covid-19, in cui non facciamo che celebrare l’eroicità di medici e operatori che danno la loro vita per salvare altre vite umane, ciò appare quasi paradossale» (HuffingtonPost, Osservatore Romano contro il Governo: Sconcerta scelta su pillola abortiva, 19 agosto).

Sul quotidiano della Santa Fede, il professor Giuseppe Noia, docente di Medicina prenatale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, afferma che «l’aborto farmacologico cerca di silenziare la verità scientifica di quella relazione biologica, immunologica, ormonale e psicodinamica che sin dal primo istante del concepimento si crea tra l’embrione, ossia il figlio, e sua madre» (Noia come riportato da Osservatore Romano, 20 agosto).
Secondo le associazioni Pro-Vita il nuovo emendamento, lungi dal rappresentare un segno di progresso e civiltà, fomenterebbe piuttosto il ritorno a un aborto di tipo ’clandestino’, a lungo combattuto dalle femministe di tutto il mondo.

Maurizio Marrone, assessore regionale del Piemonte, ha apertamente sfidato il Governo proponendo l’interruzione della somministrazione della Ru486 nei consultori e lo stop alla distribuzione in Day Hospital alla fine dell’emergenza Covid. La proposta è stata accolta con titubanza dal governatore Alberto Cirio – «Si tratta di una proposta personale che va discussa in maggioranza, al momento non esiste alcuna delibera» – ed è stata bocciata dalla Lega: «Impediremo qualunque colpo di mano» ha affermato il capogruppo del Carroccio Alberto Preioni. (Lo Spiffero, RU486: La Lega stoppa Marrone, 17 settembre).


Occorre puntualizzare, però, che l’Italia è molto indietro su tale questione rispetto gli altri Paesi europei. Nel continente, il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza con Ru486 avviene nel 90% dei casi. Gli aborti chirurgici stanno scomparendo a causa dei costi elevati e della pericolosità dell’operazione; nondimeno, le conseguenze fisiche e psicologiche per la donna che subisce tale operazione sarebbero devastanti. Sorprende constatare che in Italia, invece, solo il 20% dei casi di IVG viene trattato con il farmaco.
Nonostante questi dati, il numero di medici e anestesisti obiettori rimane molto alto e si aggira intorno al 70% su tutto il territorio nazionale.
«Si contrabbanda la Ru come una grande conquista per le donne, la nuova frontiera di una vecchia battaglia femminista», scrive Eugenia Roccella per Il Foglio, «la balla della conquista femminista, quella ancor più grande della maggior tutela per la salute della donna. Le nuove linee guida sull’aborto chimico dimostrano che la politica italiana ha ancora paura di affrontare i temi di bioetica» (Roccella E., Il Foglio, Le verità scientifiche che il Parlamento non vuol sentire sulla RU486, 8 agosto).

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