La bioetica è nata come strumento di umanizzazione del dialogo tra scienza tecnica ed etica, dialogo delicato perché si tratta di leggere una realtà che segue le regole del mondo chimico-fisico utilizzando come strumento il linguaggio dell’etica, a sua volta estraneo a scienza e tecnica. La possibilità di intervenire sulla formazione sullo sviluppo dell’essere umano mostra con evidenza la delicatezza di questa relazione come l’importanza della bioetica.
Il Ministero della Salute con la circolare 12 agosto 2020 modifica la procedura di aborto farmacologico abolendo il vincolo di regime ospedaliero, fino ad allora in vigore, e ampliando il tempo di accesso da 7 a 9 settimane. La cosa stupisce perché la circolare è supportata da un parere del Consiglio Superiore di Sanità (4 agosto 2020) che smentisce i suoi precedenti pareri (18 marzo 2004, 20 dicembre 2005, 18 marzo 2010) nonché la delibera dell’Agenzia del Farmaco 30 luglio 2009, senza poggiare su alcuna nuova evidenza scientifica. Non solo, ma denuncia un «sensibile incremento del tasso di complicazioni in relazione alla durata della gestazione», che peraltro allunga. Come spiegare questa contraddizione?
Altro dato curioso è che, pur affermandone minore invasività e maggiore sicurezza, per le minorenni restano valide le procedure in regime di ricovero. Incongruenza casuale o necessaria prudenza clinica? Il parere dice: «vanno attentamente valutate per un’esclusione: pazienti molto ansiose, con bassa soglia di tolleranza del dolore, con condizioni socio-abitative troppo precarie, con impossibilità di raggiungere il pronto soccorso ostetrico-ginecologico entro un’ora». Precauzioni che mostrano come la procedura non sia semplice e banale, mentre ne conferma la vasta portata emotiva.
È raccomandato «il monitoraggio continuo ed approfondito … avendo riguardo, in particolare, agli effetti collaterali conseguenti all’estensione del periodo in cui è consentito trattamenti in questione». Se tale estensione può creare problemi, perché prospettarla?
Il parere contrasta con la legge 194/1978 che prevede l’aborto in regime ospedaliero e andrebbe quindi necessariamente rivista dal parlamento. Il CSS avvalora il suo parere ricordando che in Francia è possibile il «ricorso al metodo farmacologico l’interruzione della gravidanza in regime di day-hospital e ambulatoriale», ma dimentica di dire che la Francia, per consentire l’aborto a casa, ha modificato la legge esistente.
© Bioetica News Torino, Settembre 2020 - Riproduzione Vietata