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74 Dicembre 2020
Speciale Infosfera in sanità Comunicazione, etica e privacy

“Sollievo nella sofferenza” di Miccinesi G.

Quando si dice che stare accanto agli ammalati è un’esperienza che fa crescere si dice il vero. Peccato che siano in pochi ad avere il
coraggio di infilarsi in una corsia per conoscere, da dentro, cosa si prova davvero.
Questo libro raccoglie le esperienze di
chi ha voluto cimentarsi in una corsia tra
le più difficili, quella dei malati terminali, là
dove non c’è molto da illudersi sulla salvezza
del corpo, ma non anche della vita.


Il nuovo libro di Guido Miccinesi Sollievo nella sofferenza. Esperienze accanto ai malati terminali è interdisciplinare, unisce medicina, teologia e psicologia con straordinario equilibrio e leggerezza, nonostante la gravosità della tematica. Mostra la fragilità dell’essere umano, il quale «teme di confrontarsi con realtà inquietanti, rappresentate, più che dall’obbrobrio della morte, dalle mode intellettuali e dal modo postmoderno di confrontarsi con essa».

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Sollievo nella sofferenza di Guido Miccinesi (Messaggero Padova 2020, pp. 106, euro 8,50)

Riflette sull’accompagnamento spirituale della persona nell’ultimo passo verso la morte, inteso come intima condivisione tra il malato e chi lo accompagna: «Mi è venuto da pensare che il vero problema, più che la morte, sia la solitudine di chi se la trova davanti, il sentirsi non capiti, perché “tu non puoi capire come mi sento dentro”».

Anche nel buio più completo si può intravedere la speranza. Il capitolo iniziale si concentra sulla «morte naturale» e sulla «benedizione» possibile nella mortalità umana e prosegue con un altro dedicato all’«accompagnamento spirituale del morente». In questo capitolo traspare l’esperienza dell’Autore come diacono e medico. La parte centrale è dedicata al racconto di alcuni episodi vissuti da lui in prima persona e attraverso i quali egli comunica gli elementi fondamentali alla base della cura dei morenti, in hospice come al loro domicilio. Le esperienze umane narrate in questa parte sono ricche di significato.

Nel capitolo finale il lettore riflette sul modo di morire di Gesù, la guida di ogni essere umano: «con lui scopriamo come sia possibile salvarsi non tanto dalla morte, quanto nella morte stessa».

Miccinesi precisa infine la differenza tra i termini “eutanasia” e “accanimento terapeutico”, quest’ultimo inteso come una serie di «interventi medici non più adeguati alla reale situazione del malato, perché ormai sproporzionati ai risultati che si potrebbero sperare o anche perché troppo gravosi per lui e per la sua famiglia». In queste situazioni in cui la morte si preannuncia inevitabile si può in coscienza «rinunciare a trattamenti che procurerebbero soltanto un prolungamento precario e penoso della vita, senza tuttavia interrompere le cure normali dovute all’ammalato in simili casi».

Come si può consolare una persona che ha davanti a sé la propria morte, si chiede infine Miccinesi. «Non c’è una risposta per tutti: ogni volta avvengono cose diverse e, se il cuore è spalancato e l’attenzione tesa ad ascoltare «il sussurro» dello Spirito, si scopre di essere in realtà consolati entrambi da qualcun altro mentre si cerca di consolare qualcuno». 

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