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108 Dicembre 2024
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Maternità surrogata: non sussiste il “diritto al figlio”

In breve

Con l'approvazione in via definitiva del Disegno di Legge, la gestazione per altri è divenuta un reato universale.

La scienza e la tecnica rivoluzionano la nostra storia. Le grandi scoperte hanno proiettato l’umanità in una nuova dimensione, aprendo scenari inaspettati e ricchi di speranze, ma al contempo sollevando problematiche di non univoca interpretazione. Dal lontano 25 luglio 1978, ovvero dalla nascita di Louise Joy Brown, prima persona al mondo nata attraverso il metodo della fertilizzazione in vitro, le polemiche non si sono mai placate. Alcuni gridano al miracolo, ad un atto di grande libertà, altri invece ne evidenziano i rischi sia per la salute psico-fisica che per le dinamiche relazionali-affettive. Alla complessità oggettiva della cosa si aggiunge la deformazione ideologica a politica con cui si tratta la maternità surrogata, per tacere degli importanti risvolti economici connessi. Giuseppe Zeppegno, bioeticista, argomenta su queste tematiche in modo competente, fornendo un contributo autorevole per la riflessione e la ricerca delle verità oggettive, nella prospettiva di creare conoscenza e consapevolezza, in altre parole, creare una “testa ben fatta”, come sosteneva il filosofo francese Edgar Morin.

Enrico Larghero

Il 16 ottobre scorso il Senato ha approvato in via definitiva, con 84 voti favorevoli e 58 contrari, il disegno di legge proposto da Carolina Varchi, capogruppo di Fratelli d’Italia in Commissione Giustizia della Camera. Pertanto, la “gestazione per altri” (Gpa) è divenuta “reato universale”. Ne deriva che i cittadini italiani che si recano all’estero per ottenere un figlio impegnando una donna a portare avanti una gestazione per conto loro, compiono un reato. Si aggiunge così un nuovo tassello al comma 6 dell’art. 12 della legge 40/2004 che punisce con la reclusione da 3 mesi a 2 anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro «chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza […] la surrogazione di maternità». 

La scelta parlamentare si inserisce in un contesto internazionale molto diversificato. Il Regno Unito, ad esempio, la permette solo su base altruistica, concedendo alla madre surrogata unicamente il rimborso delle spese sostenute. In Ucraina invece è ritenuta una legale attività commerciale e la gestante ottiene un compenso che si aggira mediamente sui 22.000 euro. Secondo alcune statistiche non ufficiali, in questo paese, prima dell’invasione russa, nascevano ogni anno attraverso queste “prestazioni” dai 3.000 ai 4.000 bambini. Il 90% di essi erano “ordinati” da genitori provenienti da altre nazioni. Al contrario, in altri paesi la Gpa non è ammessa per gli stranieri. È il caso dell’India dove dal 2016 è consentita solo per le coppie indiane a condizione che non sia fonte di guadagno. Ben diversa è la situazione francese dove è vietata perché ritenuta un indegno sfruttamento del corpo delle donne, sia quando si offrono gratuitamente sia quando sono costrette da un’insostenibile indigenza. Questa scelta ricalca il pensiero di una parte considerevole delle femministe francesi. Sylviane Agacinski, esponente di spicco del movimento, già nel 2016 aveva promosso un convegno per caldeggiarne l’abolizione universale e nel suo libro-denuncia Corps en miettes, pubblicato nel 2013, aveva espressamente invitato a ribellarsi contro questa pratica. 

Il femminismo italiano si è dimostrato diviso sull’argomento. Lo confermano due opposti pronunciamenti. Un centinaio di donne, collocate politicamente a sinistra, hanno inviato una lettera a Elly Schlein manifestando la loro opposizione all’utero in affitto. In contrapposizione, un numero ancor più considerevole di aderenti alla Casa internazionale delle donne in una lettera aperta hanno sostenuto che il reato universale è una “aberrazione giuridica”. Altre ancora hanno giustificato la Gpa richiamando le vicende bibliche di Sara e Rachele che, non riuscendo ad avere figli, chiesero ai rispettivi mariti di unirsi alle loro schiave. Questi due esempi però sono decisamente fuori luogo perché la gravidanza in questi casi è stata frutto di un normale rapporto sessuale in un contesto in cui la poligamia e il concubinato erano socialmente accettati e le madri biologiche non si sono separate totalmente dai figli.

È stato notevole anche il disaccordo della classe politica. I partiti di opposizione si sono dichiarati contrari al decreto con sostanziali distinguo. Alcuni hanno asserito che la legge non poteva essere votata perché incostituzionale, altri, pur contrari alla Gpa, non hanno accettato di definirla “reato universale”. Al di là della bagarre mediatica che i diversi schieramenti femministi e politici hanno alimentato, è risuonata decisa ed esplicita la posizione della Chiesa. Papa Francesco l’8 gennaio 2024, nel discorso tenuto ai Membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, ha espressamente affermato che ritiene «deprecabile la pratica della cosiddetta maternità surrogata, che lede gravemente la dignità della donna e del figlio. Essa è fondata sullo sfruttamento di una situazione di necessità materiale della madre. Un bambino è sempre un dono e mai l’oggetto di un contratto. Auspico, pertanto, un impegno della Comunità internazionale per proibire a livello universale tale pratica». Il suo pensiero è stato ripreso e argomentato dalla Dichiarazione Dignitas infinita del Dicastero per la Dottrina della Fede, firmata dal Card. Víctor M. Fernández il 2 aprile scorso. Il documento ha rilevato che la Gpa, frammentando l’unità genitoriale biologica/gestazionale/sociale, viola sia la dignità del bambino, sia la dignità della donna che porta a termine la gravidanza per altri. Al primo, infatti, spetta il diritto di avere «un’origine pienamente umana e non artificialmente indotta». La seconda non può essere ridotta al rango di un «semplice mezzo asservito al desiderio arbitrario di altri». Dignitas infinita ha altresì osservato che non sussiste il “diritto al figlio”. È, infatti, del tutto fuorviante assecondare la patologia del desiderio di chi decide di “commissionarlo” alla stregua di un “prodotto” prét-à-porter, mentre è assai meritorioadottare un bimbo che non ha più famiglia. Quest’ultima sarebbe la più opportuna soluzione da percorrere per chi ha problemi di sterilità di coppia. 

Giuseppe Zeppegno

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